Reportage dalla Siria .4 – Nella Damasco degli attentati
29 aprile 2012
NELLA DAMASCO DEGLI ATTENTATI
Marinella Correggia
Mentre la Reuters continua a inserire ovunque – per universale circolazione- la frase magica “L’Onu dice che Assad ha ucciso novemila persone” (l’Onu in realtà – pur attingendo solo a fonti dell’opposizione – parla di “novemila vittime nelle violenze e negli scontri”), gli abitanti di Damasco cercano di non pensare troppo al pericolo di altre attentati suicidi come quello che ha fatto una strage nel quartiere di Maidan, il 27 aprile. Così, sembra una città normale mentre si passeggia di sera al “mercato dei poltroni” (così chiamato perché i banchi vendono anche ortaggi già tagliati e pronti all’uso, una specie di quarta gamma sfusa e a buon prezzo).
Mina, egiziano
Nella “chiesa più antica del mondo”, quella di Anania (ridiede la vista e battezzò Saulo di Tarso) il custode egiziano copto spiega che le circa cento famiglie di suoi connazionali sono tutte tornate in patria: soprattutto perché i ristoranti dove erano impiegati lavorano molto meno. “Dal Cairo mia sorella mi telefona inquieta” spiega il signor Mina, “il dominio dei Fratelli musulmani si sente, altro che rivoluzione”. Ma hanno votato, gli egiziani…”Mi dirai che sono stati comprati. Sono corsi fiumi di soldi – esteri – per indirizzare questo voto, hanno sfruttato la debolezza, la povertà delle persone”. Nella Chiesa ogni sera il sacerdote Idlib (che ha vissuto a Roma e parla italiano) guida un gruppo di meditazione per la pace in Siria: “Ieri abbiamo detto rosari per tre ore. Siamo confidenti…”. Anche lui ce l’ha con le bugie e la propaganda internazionali e con “questi mafiosi” (i gruppi armati e islamisti) che “obbligano le persone a scappare dalle loro case, terrorizzano, uccidono”. Nella tranquillità di questa chiesa, Mina ascolta quel che le tivù del paese dicono.
Gaith, di Homs
Un racconto più diretto, su Homs, viene da Gaith (“Pioggia”), studente alla facoltà di odontoiatria che va a Homs tutti i mesi a trovare la famiglia abitante nel quartiere Al Zahra. Ecco la sua verità. “I terroristi si erano insediati nei quartieri di Baba Amr e Khalidya (che è vicino ad Al Zahra) e volevano fare di quelle aree un’altra Bengasi, anzi forse un altro Afghanistan islamico. Volevano occupare tutta Homs forse. Intanto il mio quartiere era quasi accerchiato, era pericoloso uscire per andare a lavorare altrove; si rischiavano rapimenti, uccisioni di alaouiti, cristiani, e sunniti che non stavano con i terroristi. Da Khalidya e Bara Amr arrivavano a Zahra e Akrama attacchi come quello che ha ucciso il giornalista francese (Gilles Jacquier, ad Akrama, ndr). No, non so dire da dove vengono i terroristi; mi dicono che ci sono prove di tante presenze di stranieri”. Come mai in febbraio è arrivato l’esercito ad accerchiare Baba Amr? Prima di febbraio l’esercito non c’era a Homs, c’era solo la polizia. Il governo aveva mandato in quei quartieri dei religiosi per negoziare ma non hanno voluto. Allora per proteggere i civili è arrivato l’esercito, a febbraio. Da Baba Amr se ne sono andati quasi tutti i civili che non fanno la guerra. Questi ultimi hanno distrutto o saccheggiato tante case”. I media dicono che l’esercito ha ucciso tanti civili a Homs…”Forse dei civili sono morti fra i due fuochi. Ma tanti uccisi non erano civili, erano ben armati”.
E la strage di Karm Zeitoun, tutti quei morti che abbiamo visto negli orribili video diffusi in marzo? “Sono stati i terroristi. L’hanno detto anche i parenti sopravvissuti”.
Ma all’inizio della crisi le manifestazioni erano pacifiche e sono state represse? “Io in marzo 2011 ho visto ala tivù Addounya una manifestazione a Nazihine, vicino a Karm Zeitoun, ho riconosciuto la zona. Ebbene c’erano persone armate. All’inizio sparavano in aria. E ad aprile a Idlib hanno iniziato a uccidere la polizia. Certi video mostravano anche cecchini dall’alto delle case”.
Com’è la situazione a Homs? “Adesso rimangono gruppi armati a Baba Amr e Khalidya”. Cosa pensi della Free Syrian Army? “Che non è vero che sono soprattutto disertori dell’esercito e civili. Sono islamisti, non rivoluzionari. Questa è la rivoluzione? Uccidere? Sono Fratelli musulmani come quelli che hanno vinto in Egitto. E sono ben armati dall’esterno, dai cosiddetti amici della Siria”. All’università hai compagni che sono con l’opposizione? “Sì, ad esempio alcuni di Idlib ma loro non vogliono discutere, e dicono che uccidere i soldati è giusto. E’ meglio l’opposizione non armata, che vuole una Siria unita e in pace”. Appello: “Chiediamo al governo italiano di non stare con chi protegge i terroristi. Ma solo Cina e Russia vogliono il dialogo e non la guerra in Siria”.
Sguardi latinoamericani
Non solo Russia e Cina, per la verità. Le posizioni dei paesi dell’America Latina tanto amati dalla “sinistra” occidentale non sono da questa prese in alcuna considerazione quando si ha a che fare con la Libia e la Siria. Cuba ha di nuovo chiesto all’Onu una commissione di inchiesta sui bombardamenti Nato in Libia e ha denunciato la guerra mediatica contro la Siria. Una narrazione alla quale Martin Hatchoun, inviato cubano di Prensa Latina, in Siria da sei mesi, non crede.
Martin racconta alcuni episodi che danno l’idea della grande confusione. Anche terminologica: “Gli oppositori sono sempre chiamati attivisti per i diritti; e anche se sono armatissimi sono sempre messi nella categoria dei civili”.
Le bugie sono di tutti i tipi e contano sul fatto che una volta dette, rimangono depositate e vai a smentirle. “Nel quartiere Mezzeh nel quale abitavo, un’operazione molto precisa delle forze di polizia contro un appartamento che ospitava cellule armate e che è stato l’unico danneggiato dalle sparatorie, è diventata sui media internazionali – primo lancio la Reuters – una manifestazione repressa nel sangue. Massacri come quello di Karm Zeitoun a Homs per i quali si è incolpato l’esercito, quando questo si è rivelato falso, la notizia non è però circolata”. Oppure “Al Jazeera intervista un “osservatore dell’Onu” il quale spiega della grande crudeltà del regime; poi la stessa Lega Araba smentisce il ruolo dell’uomo, ma chi se ne accorge?”.
Un caso che ha colpito molto i media è stata la piccola Afef, pochi mesi: secondo l’opposizione e molti media era morta in carcere per le torture. “Solo che la madre, di Homs, ha spiegato pubblicamente che la bambina era in ospedale ed è morta di malattia e ha mostrato il certificato medico”. Un altro è stato Suri, otto anni: piccola vittima dei miliziani di Assad con scandalo internazionale? Così pareva, “e invece la madre nel video urlava disperata che se lì ci fosse stato l’esercito il bambino sarebbe ancora vivo”.
E le foto dell’Afghanistan spacciate per siriane. E il video dei maltrattamenti di presunti prigionieri, che in realtà si riferiva al Libano del 2008. E il giorno del referendum, “che io ho visto tranquillo ma la Bbc per il mondo latino parlava- come se fosse stata qui – di bombardamenti dell’esercito con morti”.
Cinecittà mediorientale: “Un siriano all’inizio della crisi sta con l’opposizione e scappa in Turchia dove però vede approntata una specie di fabbrica del falso nel Centro per i media; tornato in Siria ha raccontato tutto”.
Martin conclude dicendo che, “se senti la gente nelle strade, al contrario di quel che si dice nel mondo dei media, tutti vogliono che l’esercito agisca con più decisione, la faccia finita con i gruppi armati”.
Che ci sia dietro una “conspiracion” è evidente ai latinoamericani che hanno partecipato alla delegazione in Siria del World Peace Council (Wpc) e della World Federation of Democratic Youth (Wfdy), su invito dell’Unione nazionale degli studenti (Nuss) con 29 delegati da 24 paesi (Cuba, Venezuela, Sudafrica, India, Nepal, Russia, Belgio, Italia, ecc.). Socorro Gomes, presidente brasiliana del Wpc, riassume in “Nato, basi militari americane nel mondo, ingerenza destabilizzante“ gli strumenti militar-umanitari da combattere. Per il deputato comunista venezuelano Jul Jabrul, la missione in Siria era di solidarietà più che di accertamento dei fatti perché “non abbiamo bisogno di riprove per capire che è in atto una cospirazione armata, e una guerra mediatica”. Insomma non solo non credono ai media ma ritengono che il “fronte siriano” sia cruciale nella lotta antimperialista. (Come ha riassunto un delegato portoghese: “Non è necessario chela Siria sia un paradiso, per ritenerla cruciale nella lotta antiimperialista. Ulteriore riassunto: “Deve essere il popolo del paese a decidere, non le potenze internazionali e i loro alleati petromonarchici”.
Marinella Correggia
lunedì 30 aprile 2012
M.Correggia-Fra sanzioni, autossufficienza e critiche alle politiche di mercato- Reportage dalla Siria n.5
30 aprile 2012
Reportage dalla Siria .5 – Fra sanzioni, autosufficienza e critiche alle politiche di mercato
di Marinella Correggia
Era l’una di notte fra domenica e lunedì quando chi ancora camminava nel fresco delle vie centrali di Damasco (qui chiamata Cham) ha sentito prima un colpo sordo come di granata, poi diverse raffiche. Anche a poche strade di distanza nessuno si è scomposto. C’è stato anche un attacco cn Rpg alla polizia vicino all’opedale ibn al Nafis. Ieri mattina un funzionario della tivù Addounia è stato testimone dell’attacco mortale a un’auto delle forze dell’ordine sulla strada dell’aeroporto.
Per il resto, tutto pare normale in città. I mercati e i chioschi sono pieni di legumi, ortaggi, frutta e menù che fanno della città una pacchia per i vegetariani. Damasco non mostra segni di penuria, mentre nelle province colpite dalla crisi e dal fenomeno degli sfollati,la Mezzaluna Rossaela Crocerossa internazionale hanno dovuto portare aiuti.
I pulman e pulmini sono molto economici – anche rispetto ai salari siriani – e quelli notturni continuano a viaggiare, con l’eccezione di zone periferiche più problematiche. Ma padrone della strada sono le automobili, molte delle quali importate di recente, grazie a (o meglio a causa della) liberalizzazione dell’import; però il gasolio, il carburante più economico , sovvenzionato, è di cattiva qualità e così l’aria è molto inquinata, spiega Qasem, esperto di “protezione dei consumatori” e giornalista del quotidiano Al Thawra (“rivoluzione”, statale).
Il signor Ezzeh Mohamed è l’unico, fra i candidati “indipendenti” dai partiti, a saggiamente elencare sul suo manifesto elettorale un piccolo programma in sei semplici punti. Fra i quali la sempreverde “lotta alla corruzione” ma anche “rilanciare l’economia nazionale”. Che la grave crisi politica e umana del paese non aiuta di certo. Anche se, dice sempre Qasem, “alle sanzioni internazionali o statunitensi siamo abituati da sempre e possiamo resistere; godiamo di autosufficienza alimentare- con riserve di grano - e abbiamo diverse industrie”. L’università continua a costare pochi dollari all’anno.
Certo il settore turistico è in forte crisi. “Non arriva più nessuno” si lamenta il venditore di ceramiche e argenti vicino a una delle porte della città, a Bab Tuma. Stava imparando l’italiano al Centro culturale “ma l’hanno chiuso. L’insegnante voleva restare. Ma il mondo tratta tutti i siriani come appestati”. Cento famiglie egiziane sono tornate a casa per la crisi dei ristoranti nei quali lavoravano. L’unico rimasto è forse Mina, custode copto della chiesa di Anania, la più antica del mondo. “Dal Cairo mia sorella mi telefona inquieta” spiega Mina, “il dominio dei Fratelli musulmani si sente, altro che rivoluzione”. Ma hanno votato, gli egiziani…”Fiumi di soldi – esteri – sono corsi per indirizzare questo voto, sfruttando la povertà e la religione”. In tanti tengono a precisare chela Siriaè rimasta ormai l’unico stato laico del Mondo arabo.
Critici verso le politiche di apertura al mercato i due partiti comunisti presenti in parlamento. “Gli ultimi sei anni hanno resola Siriapiù debole; le politiche neoliberiste, definite ‘economia sociale di mercato’ hanno creato il terreno per questa che io chiamo controrivoluzione; abbiamo cercato di contrastarle ma siamo pochi in Parlamento” ha detto giorni fa Ammar Baghdash, storico segretario del Partito comunista siriano; “essenziale in questo il ruolo dei reazionari del Golfo. Noi chiediamo che si torni al ruolo dello stato nell’economia, anche per contrastare i monopoli mondiali. Quando le richieste dei lavoratori sono state soddisfatte,la Siriaè diventata più forte”. Ossama Al Maghout della Unione giovanile comunista dice che i militanti hanno cercato di avere un ruolo di mediazione rispetto a chi si è unito alla protesta per ragioni economiche, in certe province. Sostiene che molti – per esempio fra gli agricoltori, che hanno subito anni di siccità e la riduzione dei sussidi – hanno cambiato di fronte alle violenze dell’opposizione armata. Quanto al partito, “siamo all’opposizione nella politica interna economica della Siria, mentre la politica estera la condividiamo completamente”.
Analoga diagnosi da parte del Partito comunista siriano- Unificato, per il quale non è in atto una rivoluzione ma un attacco violento sostenuto da potenze straniere ben poco progressiste, dal Qatar agli Usa, che sfruttano gli errori commessi dal governo.
Ma è vero che tanti poveri sono con l’opposizione? I contadini ad esempio? Nell’ambito del partito comunista unificato, il giovane Salam, di madre russa (“in russo pace e mondi si dicono allo stesso modo: mir”; utile informazione!), tira in ballo il fattore religioso: “Quando siamo andati a raccogliere le olive per finanziare il partito, anche noi atei pregavamo per ché la pioggia non ci impedisse di lavorare. I contadini sono più dipendenti dal cielo, dall’alto. La religione ha forse più presa su di loro”.
Marinella Correggia
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=282
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Reportage dalla Siria .5 – Fra sanzioni, autosufficienza e critiche alle politiche di mercato
di Marinella Correggia
Era l’una di notte fra domenica e lunedì quando chi ancora camminava nel fresco delle vie centrali di Damasco (qui chiamata Cham) ha sentito prima un colpo sordo come di granata, poi diverse raffiche. Anche a poche strade di distanza nessuno si è scomposto. C’è stato anche un attacco cn Rpg alla polizia vicino all’opedale ibn al Nafis. Ieri mattina un funzionario della tivù Addounia è stato testimone dell’attacco mortale a un’auto delle forze dell’ordine sulla strada dell’aeroporto.
Per il resto, tutto pare normale in città. I mercati e i chioschi sono pieni di legumi, ortaggi, frutta e menù che fanno della città una pacchia per i vegetariani. Damasco non mostra segni di penuria, mentre nelle province colpite dalla crisi e dal fenomeno degli sfollati,la Mezzaluna Rossaela Crocerossa internazionale hanno dovuto portare aiuti.
I pulman e pulmini sono molto economici – anche rispetto ai salari siriani – e quelli notturni continuano a viaggiare, con l’eccezione di zone periferiche più problematiche. Ma padrone della strada sono le automobili, molte delle quali importate di recente, grazie a (o meglio a causa della) liberalizzazione dell’import; però il gasolio, il carburante più economico , sovvenzionato, è di cattiva qualità e così l’aria è molto inquinata, spiega Qasem, esperto di “protezione dei consumatori” e giornalista del quotidiano Al Thawra (“rivoluzione”, statale).
Il signor Ezzeh Mohamed è l’unico, fra i candidati “indipendenti” dai partiti, a saggiamente elencare sul suo manifesto elettorale un piccolo programma in sei semplici punti. Fra i quali la sempreverde “lotta alla corruzione” ma anche “rilanciare l’economia nazionale”. Che la grave crisi politica e umana del paese non aiuta di certo. Anche se, dice sempre Qasem, “alle sanzioni internazionali o statunitensi siamo abituati da sempre e possiamo resistere; godiamo di autosufficienza alimentare- con riserve di grano - e abbiamo diverse industrie”. L’università continua a costare pochi dollari all’anno.
Certo il settore turistico è in forte crisi. “Non arriva più nessuno” si lamenta il venditore di ceramiche e argenti vicino a una delle porte della città, a Bab Tuma. Stava imparando l’italiano al Centro culturale “ma l’hanno chiuso. L’insegnante voleva restare. Ma il mondo tratta tutti i siriani come appestati”. Cento famiglie egiziane sono tornate a casa per la crisi dei ristoranti nei quali lavoravano. L’unico rimasto è forse Mina, custode copto della chiesa di Anania, la più antica del mondo. “Dal Cairo mia sorella mi telefona inquieta” spiega Mina, “il dominio dei Fratelli musulmani si sente, altro che rivoluzione”. Ma hanno votato, gli egiziani…”Fiumi di soldi – esteri – sono corsi per indirizzare questo voto, sfruttando la povertà e la religione”. In tanti tengono a precisare chela Siriaè rimasta ormai l’unico stato laico del Mondo arabo.
Critici verso le politiche di apertura al mercato i due partiti comunisti presenti in parlamento. “Gli ultimi sei anni hanno resola Siriapiù debole; le politiche neoliberiste, definite ‘economia sociale di mercato’ hanno creato il terreno per questa che io chiamo controrivoluzione; abbiamo cercato di contrastarle ma siamo pochi in Parlamento” ha detto giorni fa Ammar Baghdash, storico segretario del Partito comunista siriano; “essenziale in questo il ruolo dei reazionari del Golfo. Noi chiediamo che si torni al ruolo dello stato nell’economia, anche per contrastare i monopoli mondiali. Quando le richieste dei lavoratori sono state soddisfatte,la Siriaè diventata più forte”. Ossama Al Maghout della Unione giovanile comunista dice che i militanti hanno cercato di avere un ruolo di mediazione rispetto a chi si è unito alla protesta per ragioni economiche, in certe province. Sostiene che molti – per esempio fra gli agricoltori, che hanno subito anni di siccità e la riduzione dei sussidi – hanno cambiato di fronte alle violenze dell’opposizione armata. Quanto al partito, “siamo all’opposizione nella politica interna economica della Siria, mentre la politica estera la condividiamo completamente”.
Analoga diagnosi da parte del Partito comunista siriano- Unificato, per il quale non è in atto una rivoluzione ma un attacco violento sostenuto da potenze straniere ben poco progressiste, dal Qatar agli Usa, che sfruttano gli errori commessi dal governo.
Ma è vero che tanti poveri sono con l’opposizione? I contadini ad esempio? Nell’ambito del partito comunista unificato, il giovane Salam, di madre russa (“in russo pace e mondi si dicono allo stesso modo: mir”; utile informazione!), tira in ballo il fattore religioso: “Quando siamo andati a raccogliere le olive per finanziare il partito, anche noi atei pregavamo per ché la pioggia non ci impedisse di lavorare. I contadini sono più dipendenti dal cielo, dall’alto. La religione ha forse più presa su di loro”.
Marinella Correggia
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sabato 28 aprile 2012
Roma, arriva Rasmussen,impossibili due cartelli contro la guerra
Dove centinaia di tassisti hanno assediato Palazzo Chigi, impossibili 2 cartelli contro la guerra.
Arriva Rasmussen segretario della Nato e non e' stato possibile esporre un cartello contro la guerra, neanche facendo un salto alla vicina Questura di Roma e facendo una regolare richiesta.
Vicino a Palazzo Chigi due persone non possono esporre cartelli in questa occasione.
Non e' mai possibile dicono i funzionari della Questura.
Nello stesso punto centinaia di tassisti hanno manifesto per ore contro la liberalizzazione delle loro licenze, ma due cartelli contro la guerra no.
Cosi' va il mondo. Ma va nella direzione giusta?
Rete No War
http://www.contropiano.org/it/archivio-news/archivio-news/in-breve/italia/item/8448-roma-arriva-rasmussen-vietato-manifestare
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M.Correggia-Giornata a Lattakia-Reportage dalla Siria n.2
25 aprile 2012
Reportage dalla Siria .2 – Giornata a Lattakia
di Marinella Correggia
Così è la guerra. Il giorno in cui a Damasco scoppiava una bomba vicino all’ambasciata iraniana, in cui Kofi Annan lamentava la ripresa delle violenze, in cui Obama dichiarava nuove sanzioni controla Siria, l’Iran e “chi li sostiene nell’uso delle tecnologie per colpire i civili”, e in cui l’opposizione al governo denunciava attacchi dell’esercito a Homs e Hama, la delegazione internazionale (“per la pace e l’accertamento dei fatti”) del World Peace Council e della Federazione mondiale della gioventù democratica, con persone da 24 paesi (da Cuba al Sudafrica, da Russia a Mozambico, da Venezuela a Italia ecc) si trovava nella tranquilla città marina di Lattakia, dove solo l’assenza di turisti faceva pensare a qualcosa di strano. Costa mediterranea, verde, con oliveti, agrumeti. Città con palazzi chiari, mai molto alti.
All’università i docenti si dilungano sulla gratuità degli studi universitari, che costano circa 12 euro l’anno, più le cure mediche gratuite. (e a proposito di stranezze: abbiamo sentito bene ieri?La Sirianon ha debito estero?)
Nel pomeriggio non ci sono tanti studenti all’università. Ma parliamo con alcuni. Cosa succede qui, i media dicono che i giovani siriani protestano e il governo li uccide…Risponde Ali che studia architettura: “Sì…i media – lo sappiamo – dicono che a Lattakia ci sono i carri armati. Dove sono? Avete attraversato la città, no? E dove sono i morti?”. Basma (l’unica ragazza velata che vediamo) conferma. La stessa domanda rivolta al professore Mohammad Moulla della facoltà di Agricoltura ottiene questa risposta: “Ci sono disoccupati che vengono pagati per protestare. Poi certo ci sono difficoltà economiche e con la crisi c’è chi è insoddisfatto, come ovunque credo”.
Passeggiata nel centro della bianca città costiera. Curiosamente solo donne ci fermano. Una tedesca che da 40 anni in Siria gestisce una caffetteria. Suggerisce di andare “al mercato del pesce, non rimanete solo qua in queste strade più benestanti”. Poi dice che agricoltori di sua conoscenza non hanno più il coraggio di andare in campagna per paura di essere rapiti, dopo diversi casi del genere.
Diversi striscioni con le faccione di aspiranti politici; il 7 maggio si vota, con nuovi partiti. Ma gli striscioni non portano i nomi dei partiti, solo quelli dei candidati e magari la loro area. Un esponente del partito comunista ci spiegherà poi che loro sono gli unici a mettere anche il nome e simbolo del partito e il programma, gli altri puntano alla rete di conoscenze territoriali e familiari. Non è chiaro lo stesso.
Vediamo alcune mendicanti, ma non più di una via italiana. Venditori di lotteria, ma non più che in Italia. Poco più in là la signora Nadia ci ferma per dire alla delegata russa “grazie Russia” (per il veto) e agli altri “basta creare problemi e morti in Siria”. Mostra anche un apparecchio che porta sulla pancia, dice che costa tanto eppure l’ha ottenuto gratis. Cento metri più avanti due altre donne incuriosite. Una parla inglese, l’0altra francese. L’anglofona è Jola (“il nome dell’imperatrice Giulia”), dunque cristiana, economista casalinga. Dice che “il punto non sono le elezioni, non adesso almeno. Del resto voi in Italia come state dopo Berlusconi? Il punto è che se finiscono le interferenze esterne di tutti questi paesi, finisce subito tutto e si potrà negoziare. Ma non vedete che a causa della distrazione di noi mediterranei, stanno rovinando tutti questi nostri paesi? Quelli della sponda nord con la finanza e la crisi, quelli della sponda sud con le guerre, come in Libia. Questi gruppi armati, alcuni fra loro sono come la vostra mafia, rapiscono, ammazzano…Poi si parla sempre di Homs ma su Homs ci marciano tutti, sauditi e salafiti e tanti altri”. E ancora: “la situazione economica è pessima”.
Qui e là gli interlocutori dicono che i disoccupati sono pagati per entrare nell’opposizione.
Jola conclude: “Ripeto, se smettono le interferenze si risolve tutto”.
Ricordo quando in Libia dicevano “sela Natosmette di bombardare ci si potrà mettere d’accordo fra noi libici”. Mala Natoha smesso quando è stato il momento.
A proposito: la sera di ritorno a Damasco incontriamo Ahmed Shakter, libico che vive in Siria da 13 anni. E’ in contatto con il milione (dice lui) di libici scappati in Egitto (più gli altri in Algeria e Tunisia). Non sono rifugiati né vogliono esserlo, sono accampati al Cairo e ad Alessandria in attesa di tornare in Libia, ma adesso non possono per via della persecuzione in atto, dice.
A proposito di vittime dei conflitti; sono oltre 400mila gli sfollati interni in Siria a causa degli scontri.
Marinella Correggia
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=266
M.Correggia-Voci da Damasco"Beh,diventeremo partigiani"-Reportage dalla Siria n.3
27 aprile 2012
VOCI DA DAMASCO “BEH, DIVENTEREMO PARTIGIANI”
di Marinella Correggia
Damasco sulla via di Baghdad? Due altre esplosioni ieri mattina (venerdì), una nel quartiere periferico Maidan, forse con nove morti e molti feriti (vicino a posto di polizia), e l’altra ad Adaoui (due morti), dopo l’esplosione di giorni fa a Merjeh con tre feriti. C’è preoccupazione, ma sorrisi e ringraziamenti per i membri russi, venezuelani, indiani e sudafricani della “delegazione internazionale di solidarietà antimperialista” organizzata dal Consiglio mondiale della Pace e dalla Federazione mondiale della gioventù democratica (Wfdy) , con 29 partecipanti da 24 paesi. Quanto agli altri delegati (turchi, belgi, inglesi, italiani) “sappiamo che una cosa sono i vostri governi, l’altra i popoli, intossicati dalla strategia delle menzogne” (già sentito in Iraq, Libia, Jugoslavia; non sanno che i popoli occidentali votano i loro governi…?). Damasco è piena di striscioni e manifesti elettorali con le facce di candidati e candidate in posa; insieme ai candidati “indipendenti”, altri appartengono a nuovi partiti fra i quali alcuni di opposizione “dialogante” come il Fronte popolare per il cambiamento; altri ancora sono del Fronte nazionale progressista, coalizione di partiti già in parlamento (anche i due comunisti) che finora veniva eletta con lista unica.
Dopo l’ultimo attentato giorni fa nel quartiere di Merjeh con tre feriti, a Damasco c’è preoccupazione, visti anche i toni bellicosi di Juppé e Obama. Ma su chi ricade la colpa degli scontri in violazione della tregua Onu? Brahim, autista originario di Hama, accredita la versione governativa: l’esercito reagisce ai gruppi armati, non spara su manifestanti disarmati, e “quanto ai morti dei giorni scorsi nella mia città, non è stata l’artiglieria ma un errore dei terroristi: è esplosa una specie di fabbrica clandestina di bombe”. Del resto perfino l’Osservatorio siriano dei diritti umani (a Londra), fonte pressoché unica dei media internazionali, ammette che la responsabilità non è chiara e chiede agli osservatori Onu di indagare.
Chiede una inchiesta imparziale su tutte le vittime di questi lunghi mesi di violenze al canto suo la madre superiora palestinese del monastero Deir Mar Yacoub di Qara, Agnès-Mariam de la Croix, motto attiva nella ricerca della verità sulla questione di base: chi uccide chi e perché. “Al monastero abbiano dieci nazionalità diverse; non facciamo politica: i siriani e solo loro devono decidere da chi essere governati”. E prosegue: “Da tanti mesi denunciamo le mistificazioni dei cosiddetti attivisti dell’opposizione che spessissimo forniscono notizie false favorendo la guerra civile e l’ingerenza. Abbiamo girato quasi ovunque e abbiamo molte prove, nomi, fatti, liste di morti. Il mondo, l’Onu ci ascoltino”.
Il governo siriano il 30 marzo in una lettera all’Onu ha fatto la lista di 6.143 morti in dodici mesi “a causa dei gruppi armati”: 2.500 soldati e poliziotti, il resto civili, presi in mezzo o uccisi direttamente, secondo il governo, dai terroristi. L’unione dei sindacati (pro governo) ha mandato ai partner internazionali una sua lista di “110 lavoratori martiri, uccisi da bande armate”.
“Ci sono 5.000 armati a Dayr az Zor”, spiega Salam, giovane del Partito comunista unificato; “Si cerca di provocare l’esercito per ottenere l’intervento armato internazionale; ma se questo succede faremo come i partigiani”, afferma, pur criticando episodi di violenza da parte del governo “che però non sono rivolte contro manifestanti pacifici come si dice sempre” (piuttosto, le vittime civili disarmate sarebbero prese fra i due fuochi). Nel ristorante al-Dar (“la casa”) al centro di Damasco che nei tempi pre-crisi era pieno di turisti e siriani e ora è privo degli uni e degli altri, Salam ci spiega che la Siria e i suoi lavoratori danneggiati dalle sanzioni (“perfino compagnie russe non osano commerciare con noi temendo ritorsioni”) dovrebbero mirare all’autonomia, al far da sé, seguendo l’esempio dei da lui molto ammirati Venezuela e Cuba. Sorridendo dice che fra i candidati ci sono molti “Berlusconi” e attribuisce il malcontento diffuso in Siria alle politiche neoliberiste governative degli ultimi anni; ma sostiene che l’opposizione (anche quella interna e non armata) non ha certo programmi antiliberisti anzi, il contrario e “non vuole il dialogo”, e fa il gioco delle potenze straniere, “non condannando l’uso delle armi e della violenza contro civili e militari”.
La turca Gocke Piskin, sezione giovanile del Partito repubblicano del popolo (all’opposizione) ha incontrato Mehmet Hua insegnante di lingua turca a Damasco, che protesta “contro la pesantissima ingerenza del governo di Erdogan, persecutore di seimila prigionieri politici fra i quali i curdi, e molti giornalisti”. A Istanbul partiti dell’opposizione e studenti organizzano il 19 maggio una manifestazione nazionale.
Su molti cestini per l’immondizia in giro per la città, frasi con vernice bianca definiscono prostituta l’emittente qatariota al Jazeera.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=271
giovedì 26 aprile 2012
27 aprile, Monti incontra Rassmussen (Nato) a Roma
Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, incontra, venerdì 27 aprile alle ore 15,30 a Palazzo Chigi, il Segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen.
Altre notizie:
Napolitano ha firmato il Disegno di legge delega sulla riforma militare, alcune commissioni del Ministero hanno iniziato a lavorare ai decreti attuativi.
Il disegno di legge delega andra' ora al Senato.
Camera e Senato voteranno alcuni criteri a cui il governo dovra' attenersi nel varare la legge, che comunque NON PASSERA' PIU' DAL PARLAMENTO. Quindi e' una vera e propria delega al Governo.
Il testo sui criteri e vincoli da rispettare che sara' votato nelle aule,
fissa un tetto minimo per gli stanziamenti al Ministero della Difesa fino al 2024, ma non un tetto massimo.
E' proprio cosi' !!! Almeno nel testo che ho letto io, non ancora ufficiale !!!
Inoltre prima del Consiglio dei ministri di venerdi' 27 aprile, i ministri interessati (Interni,Difesa e probabilmente Finanze) discuteranno dell' eta' pensionabile per i militari che dovrebbe aumentare di almeno un paio di anni
mercoledì 25 aprile 2012
Camera Deputati: 2 interrogazioni al Ministero della Difesa:su ristrutturazione strumento militare e missione in Afghanistan
Domani alla Camera dei Deputati sono in programma interrogazioni a risposta immediata, propongo di seguito il testo delle ultime due: la prima di due deputati del PdL sulla ristrutturazione dello strumento militare; la seconda dei deputati della lega Nord sulla missione in Afghanistan.
CICU e BALDELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
è in corso un ampio dibattito sulle prospettive di riforma nel settore della difesa;
su questi aspetti nel mese di febbraio 2012 il Ministro interrogato ha illustrato le linee di indirizzo di una profonda revisione dello strumento militare prima in Consiglio supremo di difesa, poi in Consiglio dei ministri e, quindi, ne ha dato comunicazione alle commissioni parlamentari;
nella giornata del 31 marzo 2012 anche il Sottosegretario per la difesa, Gianluigi Magri, ha dichiarato alla stampa che il suo ministero sta approntando uno studio per la ristrutturazione dello strumento militare e che nelle prossime settimane è prevista la presentazione di un disegno di legge di delega che definisca obiettivi e modalità della suddetta ristrutturazione;
in base alle dichiarazioni rese dal Ministro interrogato, il progetto di riforma sarà particolarmente articolato e dovrebbe condurre ad assicurare al settore nel tempo un livello stabile di risorse ed a ridurre l'organico di circa 33.000 militari e 10.000 civili, anche mediante procedure di mobilità e di collocamento in aspettativa –:
se il Ministro interrogato ritenga di fornire informazioni sull’iter endogovernativo del disegno di legge, chiarendo, in particolare, se sia stato già raggiunto l'accordo, per quanto detto in premessa, con i Ministeri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, e se si intenda coinvolgere le rappresentanze militari prima dell'adozione del suddetto disegno di legge in Consiglio dei ministri. (3-02229)
(Presentata il 24 aprile 2012)
DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la cosiddetta transition strategy adottata dalla Nato a Lisbona sta producendo apprezzabili risultati, come prova la prestazione resa dalle forze di sicurezza afgane in occasione degli assalti a Kabul del 15 aprile 2012;
ciò nonostante, è evidente una tendenza degli Stati partecipanti alla missione Isaf ad assumere decisioni sul futuro del proprio impegno al di fuori di qualsiasi concertazione. Il Premier australiano, ad esempio, ha annunciato la scorsa settimana l'intenzione del proprio Governo di ritirare in anticipo le truppe, salvo poi correggersi in un successivo momento, mentre la Norvegia si accingerebbe a chiudere il proprio gruppo di ricostruzione provinciale (prt) nella regione settentrionale;
tali argomenti – futuro della missione Isaf e transition strategy – sono stati oggetto di un recente vertice ministeriale Nato –:
se stiano maturando i presupposti di una consistente riduzione del nostro contingente dispiegato in Afghanistan.
(3-02230)
(Presentata il 24 aprile 2012)
I difficili tagli alle spese del ministero della Difesa per aumentare gli importi per l' acquisto di nuovi armamenti.
La manovra per la ristrutturazione dello strumento militare e' di grandi dimensioni, difficile e sbagliata, essendo finalizzata ad aumentare, a nostre spese, gli strumenti di morte e distruzione delle nostre Forze Armate. Il proposito e' diminuire i dipendenti del Ministero in 10 anni da 190 mila a 150 mila e aumentare le spese per addestramento, gestione e nuove armi del 66%.
Qui qualche periodo per descrivere che
a)
I militari sono gia' ora dei privilegiati per l' eta' pensionabile
b)
I tagli al Ministero della Difesa coinvolgono anche le associazioni dei militari in congedo, che sono chiamati a non protestare e a difendere l' istituzione delle Forze Armate anche in questa occasione.
c)
Il proposito del ministro Giarda di tagliare alcune spese dei ministeri ostacola i disegni del Ministero della Difesa che sta lavorando alacremente per aumentare le spese per gli armamenti del 66% nei prossimi dieci anni.
a)
I privilegiati delle pensioni? Poliziotti e militari
di Redazione Contropiano
I lavoratori dei corpi di polizia che sono andati in pensione nei primi tre mesi del 2012 hanno lasciato la divisa con 55,3 anni di età di media. È quanto si legge nei dati dell'Inps ex Inpdap che l'ANSA ha avuto modo di consultare. I lavoratori delle forze armate si sono pensionati in media nello stesso periodo con 57,4 anni di età (61,4 anni l'età di pensionamento media nell'insieme del lavoro pubblico).
Fonte www.contropiano.org
b)
INTERVENTO DEL MINISTRO DELLA DIFESA GIAMPAOLO DI PAOLA
IN OCCASIONE DELL’INCONTRO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CON GLI ESPONENTI DELLE ASSOCIAZIONI COMBATTENTISTICHE, D'ARMA E DI CATEGORIA E CONSEGNA DELLE MEDAGLIE D’ORO AL MERITO CIVILE ALLA MEMORIA
(Roma, 24 aprile 2012)
Signor Presidente,
a nome del Governo e mio personale desidero esprimerLe i sentimenti di gratitudine e di riconoscenza per la Sua vicinanza alle Forze Armate nel loro quotidiano operare in favore della sicurezza e della pace e per la Sua attenzione costante, testimoniata anche da questa cerimonia, nei riguardi di quanti hanno servito la Patria, in pace ed in guerra.
Al Senatore Agostini e al Generale Buscemi, Presidenti delle più alte espressioni dell’associazionismo combattentistico e d'Arma, ed ai Presidenti di tutte le Associazioni qui presenti, rivolgo il mio saluto più affettuoso per l'impegno che profondono nel custodire e diffondere il patrimonio di valori delle nostre Forze Armate.
Ma oggi siamo qui per ricordare si, ma non per celebrare labari e medaglie, siamo qui per rinnovare un patto morale che lega tutti gli appartenenti al mondo delle Forze Armate e della Difesa, in servizio ed in congedo.
Noi abbiamo ancora bisogno di voi, del vostro impegno, del vostro entusiasmo. Voi avete un ruolo attivo nella società; siete i nostri primi ambasciatori verso il mondo esterno. Nessuno più di voi, per autorevolezza ed esperienza, può far conoscere le nostre Forze Armate presso gli italiani, presso la società civile.
Questo è l’impegno, che noi e le Forze Armate in servizio si aspettano da voi: l’impegno di diffondere i valori del mondo militare ma anche spiegare come tali valori richiedano oggi uno strumento militare operativamente efficace, al passo con i tempi, al passo con la realtà dell’oggi e di domani; da qui, come ha anche ricordato il Gen. Buscemi, l’esigenza ineludibile della revisione dello strumento militare.
L’oggi e anche il domani non ci concede alternative. E’ quindi inderogabile procedere - come stiamo facendo - ad una revisione in profondità dell’intero Strumento Militare, perché esso continui ad essere operativamente efficace, ciò che chiedono gli italiani, ciò che serve all’Italia ma anche finanziariamente sostenibile.
Mutuando il motto dei Bersaglieri “militari a vent’anni, militari tutta la vita”, mi piace dire: vi richiamiamo in servizio, anche se so che non è necessario, perché voi col cuore almeno, e con lo spirito e con l’animo, il servizio non lo avete mai lasciato. Un servizio che voi portate avanti con entusiasmo, con dedizione, con impegno, un impegno che, senza attardarsi nella nostalgia del passato, sappia abbracciare la visione del futuro. Perché se i valori non cambiano, e certamente i valori non cambiano, sono le forme e i modi verso cui questi valori si esprimono che debbono sapersi adattare al mutamento della realtà. In voi confido per rinnovare ed innovare modi e forme dell’associazionismo, contando sempre più sul volontarismo e sull’autonomia.
Sarà difficile, lo so, ma è nei momenti difficili che si esaltano i veri valori
dell’associazionismo e del volontarismo, valori in cui confido per un passaggio di testimone morale, senza soluzione di continuità, con le nuove generazioni di militari.
Fonte www.difesa.it
c)
Intanto il Ministro Giarda sta studiando tagli alle spese dei ministeri e sembra che i dicasteri piu' critici verso questo proposito siano il Ministero degli Esteri, il Ministero dell' Interno e il Ministero della Difesa.
Ma mentre il Ministero degli Interni e il Ministero degli Esteri hanno commentato queste voci su dissensi con il ministro Giarda il Ministero della Difesa e' stato molto abbottonato, perche' la ristrutturazione dello strumento militare e il taglio dei dipendenti del ministero sono una manovra di grande impatto e va fatta tenendo un profilo non troppo alto.
E proprio perche' questa della Difesa e' una manovra enorme e difficile, Napolitano, il difensore delle cause ingiuste, l' ha citata, unica, come necessaria nel corso del suo incontro di martedi' 24 sulla festa della Liberazione.
marco
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martedì 24 aprile 2012
Autorita' per l' energia indaga sul picco serale del prezzo dell' energia elettrica
Picco prezzo kWh 'anti-rinnovabili', l'Autorità indaga
Su queste pagine per primi avevamo denunciato la strana dinamica che si sta verificando sul mercato elettrico italiano: un anomalo aumento del prezzo dell'elettricità nel picco serale, che compensa la riduzione nelle fasce diurne prodotta dal fotovoltaico. Ora finalmente l'Autorità per l'energia annuncia un'indagine.
Giulio Meneghello
24 aprile 2012
Su queste pagine, primi tra la stampa, avevamo denunciato la strana dinamica che si sta verificando nel mercato elettrico italiano. Ora finalmente la troviamo riconosciuta e ben descritta anche in un documento ufficiale dell'Autorità per l'energia, che annuncia che indagherà su quel che sta accadendo. Stiamo parlando dell'anomalo aumento del prezzo dell'energia nelle fasce serali che si sta verificando alla Borsa elettrica sul mercato del giorno prima negli ultimi 6 mesi. Un fenomeno che si spiega con l'autodifesa dei produttori da fonti convenzionali dalla concorrenza delle rinnovabili e soprattutto del fotovoltaico.
Riassumendo, per chi si fosse perso le puntate precedenti (Quelenergia.it, Un cartello delle fossili per difendersi dal fotovoltaico e Fossili contro rinnovabili e la bioraria conviene meno): prima dell'esplosione del fotovoltaico dell'ultimo anno alla Borsa elettrica c'erano due picchi di prezzo, uno di giorno, verso le 11 di mattina, e uno di sera, verso le 18-20. Ora il picco delle 11 di mattina è praticamente scomparso, ma in compenso il picco di prezzo serale è schizzato alle stelle.
Quel che succede è che il fotovoltaico, assieme alle altre rinnovabili, producendo a costi marginali nulli (non serve più combustibile per dare un kWh in più), di giorno fa concorrenza alle centrali tradizionali e riesce a contenere il prezzo dell'energia (l'effetto peak shaving che nel 2011 ha fatto risparmiare 400 milioni di euro). A rimetterci sono i produttori da fonti tradizionali, specie chi ha investito in nuovi impianti a ciclo combinato, che durante il giorno deve spesso tenere ferme le centrali, con evidente danno economico. L'ipotesi di Qualenergia.it è che dietro l'impennata del prezzo nel picco serale ci possa essere un tentativo di questi operatori di rifarsi dei guadagni erosi nella fascia diurna, cosa che sicuramente rende inefficiente il sistema elettrico e che potrebbe anche nascondere pratiche di cartello.
Un'ipotesi che la settimana scorsa ha confermato lo stesso presidente dell'Aeeg, Guido Bortoni, in un'audizione (vedi documento in pdf) alla 10a Commissione industria del Senato, annunciando indagini. Un intervento molto interessante in cui si affrontano a tutto tondo le varie problematiche legate al peso sempre più importante delle rinnovabili nel sistema elettrico italiano, tra cui appunto quella dell'anomala impennata del picco serale del prezzo, che si sta manifestando con proporzioni impressionanti più o meno da ottobre 2011.
“Il confronto tra gli andamenti dei prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso nel corso del I° trimestre del 2012, rispetto all’analogo periodo del 2011 (vedi grafico), evidenzia una 'compressione relativa' dei prezzi dell’energia elettrica nelle ore di maggior produzione fotovoltaica, produzione che si caratterizza per assenza di costi variabili e specifici programmi di offerta. Ne consegue una significativa riduzione del numero delle ore in cui gli impianti termoelettrici hanno l’opportunità di coprire, prima ancora della quota parte dei costi fissi, anche le eventuali perdite sui costi variabili registrate nelle ore della giornata in cui sono costretti a rimanere in servizio a causa dei loro vincoli tecnici di funzionamento. Da ciò deriva un’esigenza di copertura dei costi variabili di produzione in un numero più concentrato di ore, il che, a sua volta, concorre a spiegare l’aumento relativo registrato nei livelli dei prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso nelle prime ore serali”, spiega l'Autorità.
Se questo basti a giustificare l'entità dell'aumento del prezzo in quella facia oraria o se invece ci sia dietro dell'altro, si ammette tra le righe, andrà indagato: “Al fine di meglio comprendere gli effetti di questo fenomeno, l’Autorità sta sviluppando analisi finalizzate a valutare l’evoluzione dei costi degli impianti con riferimento ai loro possibili profili di utilizzo e la relazione di aderenza degli stessi ai prezzi che si formano sul mercato. Ciò al fine di completare la base conoscitiva in vista di eventuali provvedimenti. Le risultanze forniranno anche un contributo oggettivo e neutrale rispetto a un dibattito che si è spesso sviluppato sulla base di analisi parziali e variamente orientate.”
Non sarebbe la prima volta, aggiungiamo noi, che in questo settore si applicano pratiche scorrette per tenere alto il prezzo dell'elettricità nelle ore di picco. È ciò che sono state scoperte a fare nel 2010, ci spiegano dall'Antitrust, sia Enel ed Enel Produzione (EP) che Edipower e le sue società ‘toller’ sul mercato zonale siciliano.
A ogni modo, che il picco sia giustificato dai costi fissi e di produzione o che i produttori “ci mettano del loro”, resta il fatto che questo fenomeno rivela come sia necessario intervenire sul nostro mercato elettrico per renderlo capace di accogliere il contributo crescente dell'energia pulita in maniera più efficiente. “In prospettiva, l’integrazione su vasta scala nel sistema elettrico delle fonti rinnovabili non programmabili e della generazione distribuita richiederà, a livello europeo, di rivedere l’attuale disegno di mercato, originariamente pensato per un parco elettrico di tipo più tradizionale”, conclude l'Autorità.
Giulio Meneghello
24 aprile 2012
Fonte http://www.qualenergia.it/
M.Correggia-Reportage dalla Siria.1 Una delegazione internazionale contro l' ingerenza e per la pace
Reportage dalla Siria. 1 – Una delegazione internazionale contro l’ingerenza e per la pace
24 aprile 2012
Cuba, Venezuela, India, Mozambico, Sudafrica, Turchia e altri: una delegazione internazionale in Siria contro l’ingerenza e per la pace
di Marinella Correggia
Sono convinti che in Siria ci sia una cospirazione internazionale e non credono ai media, ai governi di mezzo mondo e all’opposizione siriana cHe parlano di oltre diecimila persone uccise dall’esercito e da milizie filogovernative. Sono 29 organizzazioni, provenienti da 24 paesi soprattutto non occidentali (fra cui Turchia, Venezuela, Cuba, Mozambico, Sud Africa, India, Nepal, Giordania, Libano, Brasile, Russia, e anche alcuni paesi europei) e aderenti alle due organizzazioni internazionali World Peace Council (Wpc) e World Federation of Democratic Youth (Wfdy) che si trovano attualmente in delegazione in Siria (che il 7 maggio va a votare per il nuovo Parlamento). Una “missione di solidarietà e accertamento dei fatti”:
I delegati
La dichiarazione preparatoria della delegazione spiegava: “Salutiamo i milioni di amanti della pace e giovani in Siria ed esprimiamo la nostra sincera solidarietà alle proteste pacifiche, sociali e genuine e alle giuste richieste di cambiamenti economici, sociali e politici nel paese affinché il popolo sia padrone del proprio futuro. Non accettiamo nessuna delle interferenze politiche o militari in Siria, da parte di Usa, Israele, Nato, accompagnati da Turchia e paesi del Golfo, per la presunta protezione della popolazione civile e dei diritti umani. Chiediamo che non si ripeta il modello libico. Solo il popolo siriano ha il diritto sovrano di decidere sul futuro della Siria”.
Ho chiesto e ottenuto di far parte della delegazione su questa condivisibile base e considerando la presenza di attivisti e giovani da mezzo mondo, che in sé potrebbero veicolare nei rispettivi paesi elementi più precisi circa la propaganda mediatica che ostacola fortemente la ricerca della pace e della riconciliazione in Siria e “giustifica” l’interferenza estera.
E’ parso subito evidente che nella volontà dei partecipanti (in seguito alcune interviste agli stessi) la solidarietà antimperialista è preponderante rispetto all’accertamento dei fatti. Gli incontri, organizzati dalla sezione locale della Wfdy (la Nuss, Unione studentesca siriana), si stendono su soli quattro giorni, si soffermano maggiormente su considerazioni geopolitiche, sono con attori qualificati e riguardano pochi luoghi: Damasco e Lattakia.
Ma quando il bus dei “delegati” si ferma da qualche parte, si avvicinano persone (come all’università di Damasco e a quella di Lattakia) per dire “vi chiediamo di dire la verità nei vostri paesi, basta menzogne”.
A Damasco, primo giorno
Verità è una parola grossa e impegnativa. Più facile cercare di smantellare certe menzogne e notizie fabbricate e distorte. Il primo giorno a Damasco, di mattina, di pomeriggio e di sera abbiamo visto una città normale, tranquilla (secondo chi c’era già stato c’è meno traffico del solito) e senza presenza militare. Eppure Diago, giovane delegato portoghese, chiamando a casa viene avvertito che l’esercito sta “bombardando Damasco”, perché così riferisce la tivù portoghese. Anche in Italia pare circoli la stessa notizia, relativa ai sobborghi di Damasco. Interrogati, gli accompagnatori locali dicono che probabilmente si tratta dei soliti scontri con “gruppi di terroristi”.
Un ragazzo della Nuss che fa da traduttore (si chiama Petros, più o meno, è di famiglia cristiana) ci fa notare che nei quartieri dove siamo passati, il suq, la medina, prima della crisi c’erano più turisti che locali. Adesso nemmeno uno.
I siriani incontrati tengono tutti a condannare la “strumentalizzazione politica della religione” che accompagna la cospirazione internazionale contro la Siria. Ecco brevi resoconti.
Il Gran muftì della Siria, Ahmad Bdrddin Hassoun, nel marmoso e dorato salone della moschea parla di “ingerenze estere che fabbricano la guerra invece di favorire la riconciliazione fra tutte le parti. C’è gente che uccide per denaro, denaro che viene da fuori. Ditelo. Sono armati e ricevono molti soldi. Ma un regime va cambiato in modo pacifico, non con l’uccisione di tante persone in cambio di denaro”. Gli chiedo: “Ma diversi gruppi armati in Siria – e altrove – hanno sempre il nome di Allah sulla bocca”. Risposta: “E’ un uso politico della religione che non si giustifica in alcun modo. La vediamo in Arabia Saudita, in Afghanistan, in tanti posti”. Aggiunge: “E poi come si può uccidere così in nome di Allah?”. Suo figlio è stato ucciso a Lattakia, fuori dall’università, mentre era in macchina.
Il Presidente della Nuss Ammar Saadé ricorda anche che la Siria ha accolto oltre un milione di rifugiati iracheni, per non dire dei palestinesi e libanesi.
Fuori dall’università, tre ragazze con il velo (sono pochissime a Damasco, soprattutto fra le giovani) ci fermano: sono furenti con Al Jazeera e Al Arabyia, dicono che “anche molti siriani si fanno influenzare da questi bugiardi invece di guardarsi intorno”:
In una confusissima riunione dalla pessima acustica peggiorata dal fatto che molti i delegati stavano mangiando (purtroppo in queste delegazioni si dà sempre troppa attenzione al cibo, salvo sprecarne tanto), l un esponente del Partito Comunista (unificato) ha detto fra l’altro che si mira a creare in Siria delle zone tipo Kosovo o Bengasi, dalle quali gruppi armati possano portare attacchi.
L’incontro con il patriarca Hazieem della chiesta mariana avviene in una sala disadorna tipo oratorio, che mi rinfranca per la sua modestia (ma la chiesa che vedremo dopo è invece rilucente ed enorme). Il patriarca ricorda la storia di Paolo sulla via di Damasco e il fatto che qui si radicarono la religione islamica e quella cristiana e che tutte le religioni nelle loro varie suddivisioni qui hanno convissuto per secoli e secoli, e “a Pasqua i musulmani sono venuti a pregare da noi, lo fanno sempre ma quest’anno di più, in segno di solidarietà e pace. Venendo al dunque, parla anche lui di cospirazione, si dice certo che la Siria unita vincerà. “Anche perché abbiamo l’appoggio di paesi amici, i Brics (ndr: tutti qui sembrano contare molto su Brasile Russia Cina India Sudafrica…chissà se hanno ragione), e l’Iran, che non occupano né fanno la guerra a nessun altro paese come invece hanno fatto le potenze occidentali”. Sottolinea che lui le bugie dei media, soprattutto di Al Jazeera e Al Arabiya e dei loro paesi del Golfo “dove non c’è democrazia e pretendono di insegnarla agli altri”. Aggiunge che “la visita del patriarca russo in novembre ci ha molto incoraggiati”. Un delegato chiede “qual è il segreto di questa pacifica convivenza fra religioni in Siria mentre in Libano si sono scannati?”. “In Libano e Giordania la società è, come da noi, multireligiosa, ma alle varie religioni non sono riconosciuti gli stessi diritti”:
Che messaggio vuole dare al vaticano (al quale ha scritto l’altro patriarca, della Chiesa Zaitoun)? Ovviamente non si sbilancia: “Il Baba –papa – si è pronunciato a pasqua per la pace in Siria. Speriamo che la sua voce sia sempre più decisa contro la cospirazione occidentale. La Siria è la nostra madrepatria, senza la Siria noi cristiani perderemmo tutto”.
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lunedì 23 aprile 2012
Gaza, spari su contadini che raccolgono il grano
E' tempo di raccogliere il grano, i contadini di Gaza si riversano a lavorare nei campi. I soldati israeliani hanno già iniziato a sparare nelle terre lungo il confine della Striscia di Gaza. Due feriti nei solo primi due giorni.
Ogni mattina stiamo accompagnado i contadini in Khuza'a, a sud della Striscia di Gaza. I soldati israeliani hanno sparato contro i contadini nonostante la nostra presenza sia tre giorni fa sia stamattina.
Questo è il video che ho girato tre giorni fa:
http://www.youtube.com/watch?v=O99X-mQekj8
Questo è il video che ho girato questa mattina:
http://www.youtube.com/watch?v=UTgBrSB0BNQ
Guardateli questi video, diffondeteli, fate arrivare il suono degli spari ovunque.
I soldati sparano per impedire ai contadini di raccogliere il grano.
L'unica loro fonte di guadagno.
I contadini aspettano il periodo del raccolto per poter guadagnare.
I soldati sparano nascondendosi dietro una collina o dalle torrette lungo il confine. Ci sono anche gli hummer che passano a grande velocità ma per fortuna non ci hanno ancora sparato.
Questo è un report che ho scritto sul mio blog circa gli attacchi ai contadini e ai due feriti:
http://ilblogdioliva.blogspot.com/2012/04/e-di-mietitura-i-contadini-di-gaza-si.html
a presto
Rosa, Gaza
Siria-Esercitazione Nato e petromonarchie in Giordania mentre la missione Onu inizia bene,e per questo,Qatar,Nato e "ribelli" vogliono stroncarla subito
Le forze Nato nel mese di maggio, per almeno due settimane, faranno esercitazioni in Giordania insieme alle forze armate Saudite e del Qatar.
Esercitazioni al confine siriano sono una minaccia esplicita per il paese di Damasco, mentre
-La presenza della missione ONU con osservatori internazionali, anche se per ora sono pochissimi, favorisce, come al solito, una diminuzione dell' intensita' degli scontri armati.
-L' Italia, obbedendo a Nato e Petromonarchie afferma che puo' mandare solo un numero limitato di osservatori.
-L' Esercito "Libero" Siriano, finanziato da Qatar e Arabia Saudita chiede un intervento militare straniero.
Insomma sintetizzando, i "ribelli" e i loro alleati vogliono il fallimento della missione dell' ONU e cercano di boicottarla,mentre la missione, anche se per ora limitatissima come numero di osservatori, come al solito funziona e diminuisce la violenza.
Chi la boicotta e lavora al suo fallimento accusa nello stesso tempo il governo siriano di non rispettarla.
A questo link l' articolo che scrive delle esercitazioni Nato-Petromonarchie in Giordania
http://www.contropiano.org/it/esteri/item/8339-medio-oriente-manovre-militari-tra-nato-e-petromonarchie-in-giordania
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sabato 21 aprile 2012
Rodota'- La corruzione e' causata dal fallimento del bipolarismo
Caro direttore, con l’abituale sua nettezza, di cui sempre dobbiamo essergli grati, Alfredo Reichlin solleva la questione dell’attacco ai partiti e, in sostanza, della stessa sopravvivenza della democrazia in Italia (e non solo, visto che giustamente volge lo sguardo ad una crisi assai più generale).
E scrive che «non si può sfuggire alla necessità di tornare a dare alla sinistra quella ragione storica che è la sua e che non può che consistere in una critica di fondo degli assetti attuali del mondo». Proprio da qui bisogna partire, e proprio qui è la difficoltà, perché questo indispensabile rinnovamento culturale e politico deve avvenire in un tempo che pone scadenze così pressanti da schiacciare tutti sul brevissimo periodo.
Vivo con la sua stessa angoscia lo stillicidio quotidiano delle notizie sui fatti di corruzione, un terribile bollettino di una guerra che rischia d’essere perduta non da corrotti e corruttori, ma proprio da chi è rimasto estraneo a queste pratiche. Questo è l’esito d’una saldatura tra decomposizione morale e destrutturazione del sistema politico. Era già avvenuto. Mani pulite venne dopo una stagione all’insegna dell’«arricchitevi» e della «Milano da bere», scambiati per tratti liberatori d’una nuova modernità che tutto consentiva e che, quindi, aveva bisogno di sottrarsi al vincolo della legalità, come puntualmente avveniva nelle aule parlamentari con il rifiuto delle autorizzazioni a procedere contro quelli che le vicende successive avrebbero rivelato responsabili della corruzione.
Dobbiamo chiederci perché, con il passare degli anni, quel fenomeno, lungi dallo scomparire e dall’essere ridimensionato, si sia poi ingigantito. La ragione è tutta politico-istituzionale...
L' articolo integrale e' pubblicato su L' Unita' edizione cartacea
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venerdì 20 aprile 2012
Qatar-Dissociazione da Napolitano e Monti in ginocchio dall' Emiro
DISSOCIAZIONE DA MONTI E NAPOLITANO IN GINOCCHIO DALL’EMIRO QATARIOTA
di Marinella Correggia
Per dignità, per principio e per politica dovrebbero dissociarsi dalle genuflessioni delle massime istituzioni italiane nei confronti dell’emiro del Qatar tutti i movimenti e cittadini italiani che lavorano contro le guerre e contro gli altri e collegati orrori della geopolitica attuale: ingiustizia climatica, disuguaglianze sociali fra gruppi e fra paesi, modello produttivo che nega i beni comuni e nobilita l’oscenità della ricchezza.
Si potrebbe indirizzare ai due (lasciamo perdere Alemanno) una lettera aperta di questo tenore.
“Presidenti Monti e Napolitano, come italiani impegnati contro le guerre, la distruzione del clima e le ingiustizie ci dissociamo dal atto di vassallaggio che avete compiuto ai piedi dell’emiro del Qatar il 16 aprile 2012. La nostra (o meglio: vostra) Italia che da sempre obbedisce ai voleri economico-militari del colosso Usa, è adesso entrata anche nell’harem di al-Thani. Il quale può certo ben pagare i suoi protetti (e non solo le sue tre mogli ufficiali): malgrado le ingenti spese per i lussi e le guerre ha un saldo attivo equivalente a 60 miliardi di dollari di origine fossile. Anche di fronte al “profumo dei petrodollari” (secondo la definizione di un amico arabo) la dignità non ha prezzo e fareste meglio a cercare vie d’uscita dalla bancarotta meno umilianti del prostrarvi fronte a terra. Invece, pur di perpetuare un modello capitalista e speculativo che ha portato l’Italia in questa situazione, si è disposti a omaggiare quanto c’è di più lontano dall’idea di sobrietà, giustizia, etica, ecologia: il padrone di un petroemirato.
Dal punto di vista della forma, l’Italia ha fatto davanti al mondo la solita figura della pezzente con il braccino teso davanti a un ricchissimo emiro ereditario (nonché golpista); una figura da barzelletta.
Dal punto di vista della sostanza, ecco alcune gesta dell’emiro ormai grosso protagonista sulla scena geopolitica. Anche se temiamo che voi siate d’accordo. Le petromonarchie sono da sempre uno dei cancri del mondo arabo. Adesso ancor più. Presentandosi, lui monarca assoluto, come paladino della democrazia in medio Oriente e Nordafrica con al-Jazeera a fare da megafono, al-Thani insieme ai Saud offre la necessaria copertura “arabomusulmana” a operazioni militari e di destabilizzazione come la devastante guerra in Libia (i cui effetti sono visibili a tutti). In Siria i petromonarchi lavorano a sabotare ogni piano di pace e sostengono l’opposizione islamista. Per non dire del Bahrein.
Ecco poi un eco-paradosso: al-Thani si è aggiudicato la diciottesima Conferenza dell'Onu sul clima (autunno 2012), dopo il fallimento della sessione di Durban in Sudafrica nel dicembre 2011. Eppure il Qatar sta alla protezione del clima come Dracula sta alla banca del sangue. Ha le emissioni pro capite di gas di serra più elevate al mondo: incredibili 53,4 tonnellate annue, secondo le statistiche ufficiali dell'Onu; il 435% in più dal 1990. L'incongruo ospite del vertice sul clima 2012 insieme alle altre petrogasmonarchie è stato in prima linea in tutti i passaggi cruciali per rendere inefficace il pur limitatissimo Protocollo di Kyoto ed evitare qualunque allontanamento dall'economia degli idrocarburi”.
Per firmare: mari.liberazioni(at)yahoo.it
Il debito di guerra di Di Paola. Dalla rivista Guerre&Pace
ll debito Di Paola
Il Consiglio dei ministri ha approvato le linee generali della riforma della Difesa: meno uomini e più armi perché "Kabul e Beirut sono più vicini di Capo Nord o del Lussemburgo"
di Alberto Stefanelli e Piero Maestri (Guerre&Pace)
Lo scorso 6 aprile il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega per la “revisione dell’assetto strutturale e organizzativo della difesa” presentato dall’ammiraglio Di Paola, “tecnico” della guerra prestato al governo del paese. Obiettivo del provvedimento è quello di garantire nei prossimi anni alle Forze Armate risorse costanti – con la possibilità qualche maggiorazione, soprattutto per le missioni di guerra – per portare a termine i programmi di “rinnovamento tecnologico” e di armamenti.
Due le novità più rilevanti.
In primo luogo, vista la “necessità di contenere i costi, a causa dell’attuale congiuntura economica e finanziaria”,
la programmazione di una percentuale “stabile” della spesa per la “funzione difesa” dello 0,84 per cento del PIL, spostando progressivamente tali risorse (oggi secondo il ministero al 70% necessarie per il personale) verso l’operatività dello strumento militare e l’ammodernamento (leggi, riarmo) - con l’obiettivo di riequilibrare la spesa della Difesa, portando al 50 per cento quella per il personale ed al 25 per cento sia le spese per l’addestramento sia quelle per gli investimenti. In ogni caso l’articolo 4 del Ddl prevede che “al Ministero della Difesa” è “assicurato” per il riordino “e comunque fino al 2024 un flusso finanziario costante minimo annuo non inferiore a quanto previsto per il 2014” dall’ultima legge di bilancio (guarda caso nel 2014 sono previsti spese maggiori che nel 2012 e nel 2013... e stiamo parlando di 21 miliardi di euro, ben sapendo che lo stesso Sipri fornisce cifre superiori- 26 miliardi di Euro - per il meccanismo di “occultamento” di spese militari anche in altri capitoli di bilancio). E “le risorse recuperate” dalla riforma “sono destinate al riequilibrio dei principali settori di spesa della difesa.
Per garantire questo obiettivo e garantire crescenti risorse per il capitolo delle spese per gli armamenti, comunque presenti in altri capitoli del bilancio dello stato (come quello dello “sviluppo industriale) e quindi non calcolati in questi ingannevoli giochi delle tre carte dei “tecnici” (perché, come dichiara l’ammiraglio, questi armamenti sono “resi indispensabili dal rischio di terrorismo internazionale, la minaccia di proliferazione delle armi di distruzione di massa e l’instabilità di alcune aree del Mediterraneo e del Medio Oriente)
- viene programmata una riduzione dei militari dagli attuali 180.000 a 150.000 entro il 2024. Un risultato da raggiungere anche con la riduzione di generali ed ammiragli “non inferiori al 30 per cento “ e a colonnelli e tenenti colonnelli “al 20 per cento”.
Per non turbare i sonni di questi signori, il disegno di legge si sofferma su tutti i meccanismi per garantire loro un futuro tranquillo (mica vorremo “esodarli” come semplici operai....): incremento del contingente annuo da collocare in ausiliaria; estensione a tutti dell’istituto dell’aspettativa per riduzione quadri, con il 95% di stipendio percepito a casa; estensione a tutti della riserva di posti per le assunzioni in altre amministrazioni pubbliche (prevedendone l’applicazione anche “per le assunzioni nelle aziende speciali e nelle istituzioni”, sic!), agevolazioni per il reinserimento nel lavoro dei volontari congedati (“senza demerito”, bontà loro...); concorsi straordinari per l’accesso a inquadramenti superiori; ripristino dell’esonero; collocazione nei ruoli civili della difesa (che dovrebbero allo stesso tempo diminuire del 33 per cento, dagli attuali 30.00 a 20.000, e sono quelli che più pagherebbero la “riforma”); “transito” verso posti delle altre amministrazioni pubbliche (“previo assenso dell’interessato, con l’obbligo per le citate amministrazioni di procedere, prima dell’attivazione delle procedure di mobilità previste... all’inquadramento del personale nelle aree funzionali... e con attribuzione, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con successivi miglioramenti economici, della differenza tra il trattamento economico percepito nell’amministrazione di provenienza e quello corrisposto dall’amministrazione di destinazione, da corrispondere con oneri a carico del Ministero della difesa”).
Ammettiamo che sentire un ministro di questo governo sostenere che “mi rendo conto di come il personale sia una risorsa primaria per ogni istituzione...pertanto, pur nell'ineludibilità e progressività temporale del provvedimento, ogni attenzione andrà riservata al personale per mitigarne per quanto possibile gli effetti”, suscita un misto di ilarità e di sonora incazzatura..
Insomma in tempi di precarietà e di piagnoni anelanti al posto fisso, ai poveri soldati si garantirebbero i posti più appetibili, un’integrazione economica nel caso il loro stipendio da militare sia superiore a quello del potenziale dipendente pubblico a cui sottrarranno il posto, aspettative ben pagate. Naturalmente tutto questo non rientrerà nelle previsioni di riforma del “mercato del lavoro” e degli ammortizzatori sociali. Una buona idea per le/i giovani disoccupate/i: arruolatevi, girerete il mondo, imparerete a uccidere, e comunque avrete il posto garantito...
Al Ministero della Difesa viene assegnato anche un ruolo di consulenza e sostegno all’acquisizione di “materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale” da parte di altri stati con i quali intercorrono accordi di cooperazione: un’attività “di supporto tecnico–amministrativo ovvero contrattuale...”; per gli stessi accordi “può essere prevista la cessione di sistemi d’arma, di mezzi e di equipaggiamenti in uso alle Forze armate, obsoleti ovvero eccendenti...”. Quello che più importa, però, è che “i proventi derivanti [da tali] attività..... sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente rassegnati” al ministero della Difesa. Che in questo modo si garantisce altri fondi “fuori sacco”.
Nell’articolo su “Debito e spese militari” avevamo già anticipato come un’eventuale riduzione di alcuni progetti di riarmo non avrebbe cambiato la sostanza della questione e il quadro complessivo di una riorganizzazione della difesa in senso ancor più aggressivo e interventista. Il ministro Di Paola lo dichiara senza mezzi termini e con una dose di arrogante onestà: “la riorganizzazione di cui ho parlato è finalizzata all'ottenimento di uno strumento militare di dimensioni più contenute ma più sinergico ed efficiente nell'operatività e pienamente integrato e integrabile nel contesto dell'Unione europea e della Nato”.
In questa direzione si colloca la questione degli F35/JSF. Il ministro ha annunciato un ridimensionamento del programma, che verrà quindi riconfermato perché “il JSF è il miglior velivolo aerotattico in via di sviluppo e produzione...” e, si sa, “la componente aerotattica è un elemento indispensabile e irrinunciabile di ogni strumento militare degno di questo nome... (ricordo il Kosovo, l'Afghanistan, la Libia e l'Iraq)”, appunto, ricordiamocelo – e ricordiamo i morti causati da quella “componente aerotattica”, o “difesa avanzata” come la chiamava D’Alema....
D’altronde, come ha dichiarato Di Paola in commissione parlamentare, “Beirut è più vicina a noi di quanto non lo sia il Lussemburgo e Kabul è più vicina a noi di quanto non lo sia Capo Nord”, il che spiega perché i soldi delle speculazioni finiscano in Lussemburgo, mentre le frontiere sono chiuse alle/ai cittadine/i di Kabul o Beirut... Aggiunge ancora il ministro che “l'esame fatto a livello tecnico e operativo... porta a ritenere come perseguibile, da un punto di vista operativo e di sostenibilità, un obiettivo programmatico dell'ordine di 90 velivoli... (sui 131 previsti, NdR), una riduzione importante che, tuttavia, salvaguarda anche la realtà industriale...”.
Il messaggio è chiaro, e piacerà sicuramente anche all’on. Pinotti del Pd (dopo lo scorno delle primarie genovesi...) e al suo partito: le Forze Armate sono uno strumento fondamentale nelle attuali politiche del nostro paese e dei suoli alleati della Nato; la spesa per armamenti è un elemento indispensabile di questo strumento, delle sue “nuove” funzioni e del sostegno alle industrie belliche “nazionali”.
Per questo non si può continuare a illuderci di “riduzioni” o altre politiche di questo tenore: se vogliamo davvero risparmiare sulle spese militari e non pagare il debito che queste ci lasciano (finanziario ma anche umano e morale), dobbiamo impegnarci per una trasformazione dello strumento militare in direzione del disarmo e della progressiva smilitarizzazione del nostro paese e delle sue politiche.
http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it/news/il-debito-di-paola
Sullo stesso tema a questo link potrete trovare il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri dopo l' approvazione del provvedimento
http://perunconflittononviolento.blogspot.it/2012/04/conferenza-stampa-ministro-di-paola-su.html
a questo invece potete leggere un articolo del sole24ore,il giorno prima del CdM, che presenta le caratteristiche e i problemi di questo disegno di legge delega
http://perunconflittononviolento.blogspot.it/2012/04/ristrutturazione-forze-armate-disegno.html
giovedì 19 aprile 2012
Ancora proteste in Bahrain in occasione del Gran Premio di Formula uno
Protesta in Bahrain in occasione del Gran Premio di Formula uno, lo scorso anno la protesta degli Sciti contro il regime della minoranza Sunnita fu repressa grazie all' aiuto dell' esercito della vicina Arabia Saudita. Il Gran Premio fu annullato. Periodicamente ci sono manifestazioni di piazza e da un anno la situazione rimane tesa.
A questo link un video di Repubblica.
http://video.repubblica.it/dossier/f1-2012/bahrain-protesta-contro-la-formula-uno/92861/91255
La Primavera Araba non e' finita nonostante la guerra libica, la crisi siriana e la forza organizzata degli islamisti che per il momento hanno raccolto i frutti delle rivolte.
In quella parte del mondo e' successo qualcosa di irreversibile a livello culturale, sociale.
I giovani non accetteranno piu' passivamente comportamenti troppo arretrati rispetto a quelli che molti migranti trovano nei paesi che li ospitano, piu' o meno voltentieri.
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Antipirateria:primo raid aereo U.E. su villaggio somalo ?
Antipirateria: primo raid aereo U.E. su villaggio somalo ?
Su Avvenire del 18 aprile 2012 si legge che la gurdia costiera somala ha raccolto testimonianze di anziani abitanti del villaggio di Gumah secondo le quali due aerei sconosciuti, venuti dal mare aperto, hanno bombardato con numerosi missili area-terra il loro villaggio, ferendo almeno due civili.
Il villaggio di Gumah si trova sul mare a 250 km da Bosaso, capitale e principale porto della autoproclamata repubblica di Puntland, ed e’ considerato un “covo” dei pirati che operano nell’ oceano Indiano. Nelle scorse settimane l’ Unione Europea aveva annunciato che sarebbero stati possibili interventi sulla terra ferma somala in funzione antipirateria nell’ ambito dell’ operazione Atalanta. Con un eufemismo era stato detto che ci sarebbero state azioni piu’ energiche sulla terraferma, ma come si legge su questo articolo de La Stampa http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=46288 , era stato dato il via libera a veri e propri bombardamenti. In quella parte della Somalia si stanno affrontando in questo momento guerrieri di Al-Shabab,legati ad Al Qaeda, e militari somali e etiopici.
Insomma il nostro paese e’ impegnato su un altro fronte di guerra e forse in incognito ha bombardato un villaggio somalo ferendo dei civili, se poi due militari italiani sono arrestati in India per avere ucciso due persone in circostanze da chiarire, denunciamo l’ arretratezza di altri paesi e nessuno si chiede chi abbia scritto e votato la legge che ha prodotto, piu’ che un incidente, un pasticcio diplomatico oltre che la morte di due persone.
mercoledì 18 aprile 2012
3 o 5 mogli ? L'emiro del Qatar perde causa con Repubblica
Emiro del Qatar perde causa sul numero di mogli
Lo sceicco reve restituire piu' di 100 mila euro a 'Repubblica'
23 marzo 2012
ROMA - L'Emiro del Qatar - Hamad Ben Khalifa Al Thani (65 anni), uno degli uomini piu' ricchi del pianeta e piu' influenti nel mondo arabo - ha perso, in Cassazione, la causa per diffamazione contro il quotidiano 'La Repubblica' che, in un articolo sul lussuoso soggiorno romano trascorso nel luglio 2001 dal principe e dalla sua 'ampia' famiglia, gli aveva erroneamente attribuito cinque mogli mentre lo sceicco ne ha solo tre ufficiali e il Corano ne consente, al massimo, quattro.
Ad avviso della Suprema Corte si e' trattato solo di uno sbaglio non animato da intenti ''offensivi'' verso lo sceicco. Inoltre non c'era prova che ''l'attribuzione di cinque mogli anziche' delle quattro consentite dalla legge coranica'' abbia ''danneggiato l'Emiro'' che, semmai, avrebbe dovuto dimostrare il ''pregiudizio'' patito per la ''superficiale semplificazione'' con la quale l'articolo accomunava ''le mogli regolari a quelle divorziate o ad eventuali concubine''.
Alla stessa conclusione era arrivata la Corte di Appello di Roma che, nel 2009, aveva annullato il risarcimento di centomila euro liquidato per danni morali al principe Al Thani, in primo grado, dal Tribunale capitolino. Ma lo sceicco non si e' arreso e ha fatto ricorso alla Suprema Corte sostenendo che sul numero delle consorti non si puo' scherzare in quanto quella inesattezza diminuiva la sua reputazione tenuto conto che lui, nel suo Paese, e' anche una autorita' religiosa islamica. In proposito, i supremi giudici non si sono dimostrati insensibili e, senza dar adito al diritto al risarcimento, hanno pero' cancellato la parte nella quale la Corte di Appello aveva affermato che il risarcimento non era dovuto anche perche' nel 2001 ''la religione islamica sarebbe stata scarsamente diffusa e poco conosciuta'' in Italia.
Senza successo, infine, l'Emiro ha fatto presente di avere uno stile di vita ''sobrio e avulso da concezioni consumistiche'' che mal si conciliava con la descrizione dello shopping e del soggiorno di lusso che veniva attribuito a lui e ai suoi familiari. Anche qui i supremi giudici hanno respinto l'obiezione replicando ad Al Thani che l'articolo si era solo limitato a ''riprodurre i consueti 'cliche'' sugli sceicchi arabi, privi di contenuti realmente offensivi''. Accolta, invece, la richiesta di 'Repubblica' di ottenere dall'Emiro la restituzione dei 104 mila euro versati a seguito del verdetto di condanna di primo grado. Ora la Corte d'Appello dovra' rifare i calcoli per gli eventuali interessi che devono essere liquidati dall'Emiro.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/03/23/visualizza_new.html_155891028.html
Perche' dovremmo boicottare il Qatar - di M.Correggia
Perché dovremmo boicottare il Qatar
Marinella Correggia
Con l’accoglienza genuflessa dell’emiro qatariota da parte di Monti e Napolitano a Roma, il 16 aprile 2012, l’Italia è entrata ufficialmente fra i paesi membri dell’harem di al-Thani. Egli può ben pagare i suoi protetti, avendo un saldo attivo di 60 miliardi di dollari derivanti dai petrodollari e dai gasdollari. In altri tempi a manifestare contro l’incontro ci sarebbero state molte persone e non 4 gatti peraltro bloccati gentilmente dalla polizia per aver esposto cartelli fuori dalla sontuosa villa dove si svolgeva il ricevimento. In altri paesi qualche giornalista indipendente avrebbe tirato una scarpa in conferenza stampa, all’emiro la cui tivù al-Jazeera fa da arma mediatica per le guerre della casa.
Il Qatar ha già comprato la Costa Smeraldadall’Aga Khan (e i grandi magazzini Arrod’s a Londra, e il 17% di Wolkswagen, il 10% della Porsche e il 2% di Louis Vuitton). Ed è in primo piano negli investimenti nella finanza globale. Dopo il crac Lehman, la Qatar InvestimentAutority, fatto impensabile fino a pochi anni fa, controlla oggi il 20 % della Borsa di Londra, il 6% del Crédit Suisse e un pezzo della Barclays. “Il nostro fondo sovrano sta cercando forme e modi per investire nel vostro paese” ha garantito dopo l’incontro con Mario Monti. Del resto l’emirato è fra i primi tre produttori mondiali di gas naturale e rifornisce l’Italia attraverso il rigassificatore di Rovigo. La quota in arrivo dal Golfo Persico è pari al 10% del fabbisogno italiano. In ballo, scrive Repubblica, “ci sarebbero anche alcune commesse militari per Finmeccanica, l’ ipotesi che gli Al Thani sostituiscano gli ondivaghi soci libici nell’ azionariato di Unicredit o di un ingresso in Telecom Italia media. Il boccone più grosso però sono i 70 miliardi di investimenti previsti per i mondiali di calcio Qatar 2022. Ci sono da costruire metropolitane, strade, porti e aeroporti e le aziende tricolori sperano in una piccola fetta di questa torta”.
L’emirato è ereditario. Comunque l’emiro attuale ha un po’ anticipato i tempi, realizzando nel 1995 un colpo di Stato contro il suo vecchio padre mentre questi era in cura all’estero......
E' possibile leggere l' articolo integrale di Marinella Correggia su www.sibialiria.org a questo link
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=253
Probabilmente con oggi il Qatar uscira' dalle pagine dei giornali, mentre continuera' con i suoi potenti mezzi finanziari a muoversi insieme ai suoi alleati della Nato anche con guerre e manovre varie. Perche' la Nato non e' una alleanza militare difensiva ma e' una alleanza tra i piu' ricchi paesi Occidentali con alcuni loro satelliti minori per difendere ed incrementare i propri privilegi con ogni mezzo.
Ne riparleremo.
martedì 17 aprile 2012
Piove eppure non esiste tristezza....Una poesia di Alessandra Palombo
Piove eppure non esiste tristezza
in questo giorno d’aprile
sulle nostre labbra
un tempo in cerca di goloserie
solo un tenero sorriso
per chi siede con noi
a gustare una semplice zuppa
e le ore di un futuro che s’affretta.
14.04.2012
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lunedì 16 aprile 2012
Lo shopping dell' emiro del Qatar e Monti. Pecunia non olet.
Lo shopping dell’ emiro del Qatar nel mirino Finmeccanica e Unicredit
Lo sceicco Al Thani a Monti: “Pronti a investire in Italia”
di Ettore Livini
Milano
Angela Merkel ha le sue gatte da pelare sul fronte domestico.Ue e Bce - causa i nein di Berlino e dei falchi della Buba – hanno i soldi contati. E cosi’ l’ Italia, in attesa di principi azzurri made in Europa”, guarda a Oriente e per dribblare la crisi dei debiti sovrani si aggrappa ai petrodollari degli emiri. A lanciare un salvagente a Roma e’ stato ieri Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, numero uno della famiglia regnante del Qatar, fresco dell’ acquisto per 650 milioni dall’ Aga Khan della Costa Smeralda:” Il nostro fondo sovrano sta cercando forme e modi per investire nel vostro paese”ha garantito dopo un incontro con Mario Monti. Ma una cosa e’ certa. I quattrini – merce rara in un mondo in crisi di liquidita’ – non sono un problema: il conto corrente del Qartar segna un saldo attivo di 60 miliardi di dollari. E in pochi anni – grazie al suo tesoretto fatto di gas e di greggio – questo paese grande come mezza Lombardia si e’ regalato un’ invidiabile collezione di partecipazioni azionarie nel Gotha della finanza globale. Ritagliandosi pure un ruolo di regista ( nemmeno troppo occulto ) nella grande stagione delle primavere arabe.
“Il mio obiettivo e’ consolidare il rapporto strategico tra i nostri due paesi “ ha garantito ieir Monti. C’ e’ da capirlo. Pecunia non olet. E di fronte alle ristrettezze del Vecchio continente, il decisionismo e la disponibilita’ degli emiri del Qatar sono un’ occasione unica. Negli ultimi due anni Al Thani si e’ comprato i grandi magazzini Arrod’s a Londra, gli studios Holliwoodiani della Miramax e si e’ regalato – tipica debolezza da nuovi ricchi – una squadra di calcio: quel Paris Saint Germain che Carlo Ancelotti sta provando a ridisegnare senza limiti di spesa.
Sfizi ? Forse ma non solo. La famiglia regnante del Golfo ha imparato a gestire le sue ricchezze con un occhio attento alla geopolitica. E’ proprietaria di Al Jazeerra, il network che ha fatto da megafono alle piazze della primavera araba. Candindosi cosi’ - e i primi risultati gia’ si intravedono in Libia – a recitare un ruolo di primo piano nel rilancio economico dell’ Africa del nord. Di piu’ dopo il crac Lehman, con i bei nomi della finanza occidentale a corto di ossigeno, ha messo sul piatto della bilancia il suo ricco portafoglio. Risultato: il Qatar Investiment Autority, fatto impensabile fino a pochi anni fa, controlla oggi il 20 % della Borsa di Londra, il 6% del Credit Suisse e un pezzo della Barclays. E nessuno, nemmeno in Germania e Francia, ha avuto niente da ridire quando ha rilevato il 17 % della Volkswagen, il 10% della Porsche, il 10% di Legardére e il 2% di Louis Vuitton.
Il mondo cambia ma le regole sono sempre le stesse: “Articolo quinto chi ha i soldi ha vinto” diceva Enrico Cuccia. E le munizioni del Qatar Investiment Authority, il braccio finanziario del paese del Golfo, non sono certo esaurite: il 2011 degli emiri e’ andato in archivio con un PIL in rialzo del 18,7%, con un reddito pro capite (beati loro) di 105mila dollari circa e il surplus commerciale tra luglio e settembre 2011 e’ stato di 11 miliardi di dollari.
Di carne al fuoco ce n’e’ molta anche sull’ asse tra Roma e la penisola del Golfo. La Costa Smeralda (“l’Italia e la Sardegna non si pentiranno del nostro investimento” ha garantito ieri l’ emiro) e’ solo un antipasto. In ballo ci sarebbero alcune commesse militari per Finmeccanica, l’ ipotesi che gli Al Thani sostituiscano gli ondivaghi soci libici nell’ azionariato di Unicrdit o di un ingresso in Telecom Italia media. Il boccone piu’ grosso pero’ sono i 70 miliardi di investimenti previsti per i mondiali di calcio Qatar 2022. Ci sono da costruire metropolitane, strade, porti e aeroporti e le aziende tricolori sperano in una piccola fetta di questa torta. La partita e’ aperta. E l’ Italia, come ha garantito l’ emiro Al Thani a Monti, e’ in campo.
Da Repubblica del 17 aprile 2012
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Foto-Monti, l' Emiro del Qatar e pacifisti a Villa Pamphili, incontro mancato...
La foto nei giardini di Villa Panphili, ottenuta con una...trattativa con la polizia.
http://www.facebook.com/#!/photo.php?fbid=270725749689092&set=a.270725479689119.63021.100002550068380&type=1&theater
Avranno parlato solo di affari i due governanti ? Noi avremmo voluto invitarli a smettere di finanziare una nuova guerra in Siria. Nel paese di Damasco ci sono due milioni di cristiani e la Nato e le PetroMonarchie,Qatar e Arabia Saudita, armano integralisti islamici. Secondo Madre Agnes de la Croix, del monastero siriano di San Giacomo, ad Homs il 90% dei cristiani (150.000) e' stato costretto dai "ribelli" a lasciare la citta'.
http://www.facebook.com/#!/photo.php?fbid=270725749689092&set=a.270725479689119.63021.100002550068380&type=1&theater
Avranno parlato solo di affari i due governanti ? Noi avremmo voluto invitarli a smettere di finanziare una nuova guerra in Siria. Nel paese di Damasco ci sono due milioni di cristiani e la Nato e le PetroMonarchie,Qatar e Arabia Saudita, armano integralisti islamici. Secondo Madre Agnes de la Croix, del monastero siriano di San Giacomo, ad Homs il 90% dei cristiani (150.000) e' stato costretto dai "ribelli" a lasciare la citta'.
Incontro Monti-Emiro Qatar - Identificati e allontanati pacifisti con cartelli contro la guerra in Libia e in Siria.
COMUNICATO STAMPA RETE NO WAR
ATTIVISTI NO WAR IDENTIFICATI E ALLONTANATI PER TENTATA MANIFESTAZIONE CONTRO IL QATAR E AL JAZEERA A VLLA PAMPHILI
Lunedì 16 aprile a Roma un gruppo di militanti della Rete NO WAR è stato identificato e allontanato dalla Polizia mentre protestava all'ingresso della palazzina di Villa Doria Pamphili a Roma, al cui interno il presidente del consiglio Mario Monti stava ricevendo con tutti gli onori l'emiro del Qatar, monarca di uno staterello petrolifero dove i diritti civili non sono garantiti.
L'emiro del Qatar, servendosi della rete televisiva Al Jazeera da lui controllata, ha contribuito in maniera decisiva alla campagna di disinformazione che è servita a giustificare l'attacco della NATO alla Libia, cui il Qatar ha direttamente partecipato con aerei, ed istruttori e finanziamenti ai ribelli.
Oggi il Qatar, insieme ad altre petromonarchie feudali e mediovali, com l'Arabia Saudita, sta svolgendo lo stesso copione in Siria, sia attraverso una nuova campagna di disinformazione, sia armando e sostenendo gruppi armati.
domenica 15 aprile 2012
Roma, 16 aprile,Monti incontra l' Emiro del Qatar/1
12 Aprile 2012
Il Presidente del Consiglio Sen. Prof. Mario Monti incontra, lunedì 16 aprile alle ore 12.30 a Villa Pamphilj, l’Emiro dello Stato del Qatar S.A. Sheikh Hamad Bin Khalifa Al Thani.
Fonte http://www.governo.it/
Per dare qualche indicazione sul ruolo del Qatar e della emittente Al Jazeera nella crisi siriana, riporto qualche stralcio di un articolo di Pepe Escobar da http://www.atimes.com/ , ripreso da Megachip, e l' inizio di un articolo,a firma m.m., sulle polemiche attorno ad Al Jazeera, ripreso da Nenanews:
...........Quanto era verde la mia valle del Jihad
Così, ora, Washington si sta solo imbarcando in un remix della Jihad afghana anni '80 - che, come sa qualunque granello di sabbia dal Kush induista fino alla Mesopotamia - ha portato a quella spettrale entità nota come al-Qaeda e alla conseguente e trasformista "guerra al Terrore".
La Casa di Saud e il Qatar hanno istituzionalizzato come impresa mercenaria quella scompagnata gang che risponde al nome di Libero Esercito Siriano. Adesso sono a loro libro paga, al tintinnare di 100 milioni di dollari (e altri che stanno ancora contando). Non è stupenda la democrazia - quando le monarchie del Golfo Persico alleate agli Usa possono comprare un esercito mercenario per delle noccioline? Non è grandioso essere un rivoluzionario con uno stipendio assicurato?
Senza perdere un colpo, anche Washington ha preparato i propri fondi, per l'assistenza "umanitaria" alla Siria e l'aiuto "non-letale" ai "ribelli". "Non-letale" come l'ultra equipaggiamento di comunicazioni satellitari pronto per le operazioni di battaglia, a cui si aggiungono gli occhiali a visione notturna. La suadente prospettiva della Clinton era che l'equipaggiamento avrebbe permesso ai "ribelli" di "evadere" gli attacchi del governo siriano. Nessuna menzione del fatto che ora i "ribelli" abbiano accesso all'intelligence Usa attraverso uno sciame di droni impiegati in tutta la Siria
Maliki è in grado di vedere le scritte sul muro (quello sunnita). La Casa di Saud ha invaso il Bahrain a maggioranza sciita per proteggere i loro “cugini” - l'estremamente impopolare dinastia sunnita al-Khalifa che è al potere. Maliki sa che una Siria post-Assad significherebbe una Fratellanza Musulmana sunnita al potere - con un contorno di Salifiti jihadisti. Nel suo incubo peggiore, Maliki vede il suo possibile futuro distopico come un remix di al-Qaeda in Iraq con gli steroidi......................
L' articolo integrale si puo' leggere al link:
http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/8051-vogliamo-la-guerra-e-la-vogliamo-ora.html
La traduzione e' stata a cura del sito http://www.comedonchisciotte.org/ con alcune correzioni successive della redazione di Megachip
SIRIA: IL MITO INFRANTO DI AL JAZEERA
L'emittente che aveva rivoluzionato l'informazione nel mondo arabo e sbaragliato i network occidentali, ora e' un megafono degli interessi regionali dell'emiro del Qatar
Roma, 17 marzo 2012, Nena News – La molto mitizzata al Jazeera perde pezzi. A causa della sua copertura faziosa della crisi in Siria e anche della crisi nel piccolo Bahrain, una primavera araba che non fa notizia.
Alcuni membri di primo piano dell’ufficio di Beirut della tv qatariota hanno annunciato le dimissioni o si sono già dimessi, secondo quanto riportato dal quotidiano libanese al-Akhbar. Il «managing director» dell’ufficio di corrispondenza di Beirut, Hassan Shaaban, una settimana fa ha anticipato che se ne andrà, dopo che il corrispondente di al Jazeera Ali Hashem e il producer Mousa Ahmad se n’erano andati. Tutti in segno di protesta per i servizi giornalistici (e le censure), sugli avvenimenti in corso «nella regione araba» e in particolare in Siria e Bahrain.
Secondo quanto riporta il giornale, Ali Hashem ha preso la decisione dopo che al Jazeera «ha rifiutato di mostrare foto che lui aveva scattato in Siria di fighters armati impegnati in scontri con l’esercito siriano a Wadi Khaled». L’emittente, al contrario, «lo ha ripreso come fosse uno shabeeh», ossia un membro delle temute milizie pro-Assad.
Sempre Ali Hashem si era infuriato per il rifiuto opposto da al Jazeera di coprire la repressione ordinata dal re del Bahrain contro i manifestanti che chiedono (pacificamente) quello stesse riforme democratiche pretese dall’opposizone siriana. Nel Bahrain, il giornale fa dire a Ali Hashem, «noi vediamo scene di gente massacrata dalla macchina repressiva del Golfo, ma per al Jazeera, l’unica parola possibile è il silenzio».........................
L' articolo integrale si puo' leggere al link:
http://nena-news.globalist.it/?p=17848
sabato 14 aprile 2012
Caso Maro'-India. I militari italiani preparano la protesta:"Mai piu' su quelle navi "
4 aprile 2012
I militari preparano la protesta «Mai più a bordo di quelle navi»
di Maristella Massari
TARANTO - Se Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non dovessero essere giudicati in Italia, i militari chiederanno attraverso il Cocer, il loro organismo di rappresentanza, una «riformulazione» delle regole d’ingaggio e della convezione stipulata con gli armatori, oltre al ritiro immediato del personale impegnato nei Nuclei militari di protezione a bordo dei mercantili e delle navi da crociera che battono le rotte infestate dai pirati.
I militari chiedono, insomma, di rivedere le regole della missione. Un gesto forte che rappresenta una rottura al principio dell’«obbedir tacendo». Dopo il caso Latorre e Girone, detenuti in India ormai da più di un mese e mezzo perché accusati di aver ucciso, mentre erano in servizio a bordo della petroliera «Enrica Lexie», due pescatori scambiati per pirati, i loro colleghi non ci stanno a lavorare in queste condizioni.
La volontà dei militari è stata manifestata palesemente attraverso un documento ufficiale prodotto ieri dal Consiglio centrale di rappresentanza interforze, al termine della riunione. Il Consiglio, nel corso di un incontro istituzionale con il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Biagio Abrate, in cui si discuteva di pensioni e di ristrutturazione dello strumento militare, ha voluto manifestare prima di tutto «il forte stato di preoccupazione per la spiacevole vicenda che stanno vivendo i colleghi prigionieri in India».
«Tale preoccupazione - si legge nel documento sottoscritto dai tre delegatiAntonio Rizzo, Antonello Ciavarelli e Pasquale Fico -, è rivolta anche ai quattro militari ancora imbarcati sulla “Enrica-Lexie” e a tutti coloro che svolgono la stessa attività anti-pirateria». Pur riconoscendo al Capo di Stato Maggiore e al Governo il lavoro che stanno svolgendo per riportare a casa i due fucilieri, il Cocer ha rappresentato al generale Abrate che «se i due militari non dovessero essere giudicati in Italia, e quindi se dovesse essere leso il diritto internazionale, il personale intendere chiedere attraverso le rappresentanze militari, una riformulazione delle regole d’ingaggio e della convezione stipulata con gli armatori, oltre al ritiro immediato dei militari da questo genere di attività». «Tutto ciò - continua il documento -, perché si ritiene necessaria una maggiore tutela dei militari, sia sotto l’aspetto fisico che giuridico. Dovrà essere chiaro che, qualora dovesse verificarsi una situazione analoga a quella verificatasi in India, il team di militari e l’equipaggio della nave mercantile dovrà essere agli ordini e dovrà rispondere all’autorità militare italiana, che sarà responsabile di valutare la rotta da seguire della nave al fine di tutelare giuridicamente il personale - concludono i militari del Cocer -, che rischia la vita per difendere gli interessi nazionali».
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDCategoria=2699&IDNotizia=507373
venerdì 13 aprile 2012
Il testo della legge di ristrutturazione della spesa militare. Per armi + 66%.
Sul sito www.ilnuovogiornaledeimilitari.it e' possibile accedere al testo del disegno di legge delega sulla ristrutturazione della spesa militare. Il testo non e' ancora pervenuto al Parlamento quindi potrebbe avere alcune modifiche nella versione definitiva.
La spesa per le armamenti e la loro gestione e' aumentata del 66%, alcuni miliardi di euro l' anno. Infatti si parla di spesa totale invariata e di percentuale sulla spesa totale di nuove armi e la loro gestione che passa dal 30% al 50%. La spesa totale si aggira sui 23 miliardi di euro anno.
In un momento in cui viene tagliata tutta la spesa sociale e' un aumento da rifiutare con fermezza.
www.ilnuovogiornaledeimilitari.it
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giovedì 12 aprile 2012
Art. 81,pareggio di bilancio in Costituzione. Una follia economica non ancora votata. Forse non tutto e' perduto.
Art.81. Forse non tutto è perduto
di Franco Ragusa
Sembrava ormai cosa fatta, ma il nuovo rinvio del voto alla prossima settimana sull'art.81 fa tirare un sospiro di sollievo ai partecipanti del sit-in che si è tenuto ieri pomeriggio davanti al Senato. Il pareggio di bilancio in Costituzione è una follia economica e una violazione democratica. Serve il referendum.
Un’altra settimana, e non è poco, per cercare di rompere il muro di silenzio che è stato innalzato per nascondere ai cittadini l’approvazione della modifica costituzionale per introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione.
Una mobilitazione per lo più spontanea, senza una vera organizzazione alle spalle, ma che vede aumentare, di giorno in giorno, gli appelli contro lo stravolgimento della Costituzione; o per chiedere, quanto meno, che il Parlamento del Porcellum abbia la decenza di non approvare la modifica con la maggioranza dei due terzi, e questo per consentire ai cittadini di poter raccogliere le firme per richiedere il referendum costituzionale confermativo ai sensi dell’art. 138 della Costituzione: “Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”
È difficile capire se il nuovo rinvio sia stato dovuto a qualche crepa che potrebbe essersi aperta nello schieramento compatto dei sì che ha contrassegnato le tre precedenti votazioni, due alla Camera ed una al Senato, ma dei segnali che lasciano ben sperare in effetti ci sono.
Nel breve dibattito che si è svolto nella mattinata, il Sen. Pardi dell’IDV è stato l’unico, peraltro in dissenso dalle scelte del proprio partito, a ribadire le critiche di merito al provvedimento e ad invitare i colleghi Senatori ad un gesto di democrazia per non impedire, appunto, la richiesta del referendum confermativo.
Ma vista quest’unica voce nel deserto, gli interventi dei Senatori Ceccanti e Morando, entrambi del PD e ferventi sostenitori dell’introduzione del vincolo economico, sono sembrati rivolti non tanto alle altre forze politiche, tutte già schierate per il voto favorevole, quanto al proprio interno, forse proprio con l’intento di frenare l’insorgere di qualche dubbio di troppo tra i colleghi di partito.
Il Sen. Ceccanti si è soffermato, in particolare, sull’art. 138 della Costituzione, per spiegare che il ricorso al referendum confermativo per le modifiche costituzionali è soltanto una possibilità estrema. L'opzione fisiologica e preferenziale prevista dai costituenti sarebbe, infatti, l’approvazione delle modifiche costituzionali con la maggioranza dei due terzi. Vista, quindi, l’autorevolezza di un Parlamento che per ben tre volte ha già votato la modifica della Costituzione a larga maggioranza, non vi sarebbero motivi validi per accogliere la richiesta di un voto tecnico per permettere lo svolgimento della consultazione popolare.
I pochi Senatori intervenuti successivamente al Prof. Ceccanti non hanno ripreso il tema, per cui, al momento, non è possibile sapere che cosa gli altri Senatori del PD avranno modo di replicare di fronte alla banale constatazione che l’attuale Parlamento dei nominati, per di più eletto con logica maggioritaria e soglie di sbarramento prima inesistenti, non è certo l’Organo effettivamente rappresentativo che i nostri costituenti ci avevano lasciato in eredità.
Nei prossimi giorni, pertanto, vedremo che tipo di risposta verrà data su questo punto lasciato in sospeso. Tutto dipenderà, ovviamente, da quanto il movimento di opinione, contro lo scippo di democrazia che il Parlamento del Porcellum si sta apprestando a compiere, riuscirà a crescere.
Fonte www.contropiano.org
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mercoledì 11 aprile 2012
Sprechi con le stellette/2 - Maserati, case d' oro, mini-naja
In un apparato che dà lavoro a 190mila persone, i graduati - ufficiali e sottufficiali - sono 98mila: le nostre forze armate sono composte più da comandanti che da comandati. Ma è nel giro degli ufficiali di alto rango che le spese si impennano, con alloggi fino a seicento metri quadri, servizi domestici all-inclusive, auto griffate.
Precari in marcia. In tempo di crisi sono in tanti a ragionare di tagli. Perché, a fronte di chi va a rischiare la vita su scenari di guerra delicati con un’indennità di rischio che nella migliore delle ipotesi può solo raddoppiare lo stipendio, c’è un contingente di retroguardia che è diventato una fabbrica di illusioni. Abolita la leva obbligatoria, nelle forze armate hanno fatto ingresso volontari che restano in servizio da uno a quattro anni, al termine dei quali dovrebbero rimanere nei ranghi o passare ad altri corpi con una corsia preferenziale. Nonostante i cospicui investimenti sulla loro formazione, il 75 per cento rimane fuori e lo Stato deve procedere a nuovi reclutamenti. Per fortuna, dicono gli esperti, non c’è una crisi di vocazione, soprattutto al Sud dove è forte la fame di lavoro. Al punto da determinare, ad esempio, una mutazione genetica del corpo degli alpini, che fino a qualche anno fa era composto quasi esclusivamente da “padani” e che oggi per il 70 per cento è costituito da meridionali. Curiosità che può far sorridere. Ma un fatto è certo: la vita da caserma tira ancora. Come dimostrano i dati del 2009: 16.300 posti a concorso per la ferma annuale, 70.444 domande. E per i 5.992 posti di ferma quadriennale, i concorrenti furono 24.339. Voci in netta controtendenza rispetto agli anni precedenti. Con questi numeri, si sentiva l’esigenza di una costosa campagna di avvicinamento all’esercito?
La mini naja. Eppure il governo, l’anno scorso, ha deciso di varare la mini-naja: inizialmente un progetto che prevedeva solo tre settimane di campus addestrativo riservato a 1.500 giovanissimi. Ma nel 2011 sono stati pubblicati già tre bandi da 2.500 posti. L’iniziativa ha avuto successo e andava incentivata, ha detto orgoglioso La Russa. Ma c’è chi sospetta che dietro l’operazione ci siano soprattutto motivi promozionali. È l’interrogativo sollevato dai Verdi ma anche dal sindacato autonomo di polizia Sap, che puntano l’indice su una spesa da 19,8 milioni di euro nel triennio 2010-2012. L’austerity avrebbe forse dovvuto consigliare una destinazione diversa dei fondi. Soprattutto in un paese che, specialmente ai vertici della sua struttura militare, continua ad avere un’organizzazione ponderosa, nonostante le recenti riforme. La fondazione Icsa, di cui è presidente Marco Minniti, nell’ultimo rapporto annuale firmato da Andrea Nativi si spinge oltre confini poco esplorati sinora. E attacca la proliferazione degli organismi di comando: oggi, scrive, "ci sono di fatto cinque stati maggiori, senza contare l’enorme staff del ministro la cui organizzazione è stata oggetto di una recente riforma che tutto ha fatto tranne ridurne la consistenza a livelli di sobrietà che sarebbero indispensabili. Occorre rivedere compiti, responsabilità e piani organici. Intervenire non con le forbici ma con la mannaia". Ma quali sono le sacche di privilegio che resistono nelle alte gerarchie militari?
Stellette d’oro. Fra gli ufficiali di rango elevato il turn-over è praticamente inesistente, con una progressione di carriera garantita dall’anzianità più che dal merito e con benefit inattaccabili: come gli alloggi riservati, fino a 600 metri quadrati di superficie, per 44 fra generali e ammiragli che possono beneficiare di servizio all-inclusive, comprensivo di battitura di tappeti e lucidatura dell’argenteria. Lo Stato, in pratica, paga pure la colf. Spesa: tre milioni e mezzo l’anno. Per sei di loro pure un’indennità speciale da 409mila euro dopo il pensionamento. Un beneficio, quest’ultimo, che spetta al capo di stato maggiore della difesa, ai tre capi di stato maggiore delle forze armate, al segretario generale della difesa e al comandante generale dell’arma dei carabinieri. Lo Stato si garantisce inoltre la possibilità di una chiamata in servizio di ufficiali e sottufficiali fino a cinque anni dopo il pensionamento. Un’opzione retribuita con regolare compenso, a prescindere dall’effettivo impiego dei beneficiari. E l’eventuale apporto ausiliario - evidentemente non tanto eventuale - costa 326 milioni di euro. Senza considerare che molti degli ufficiali di punta in congedo transitano poi negli enti statali che si occupano di armamenti: da Finmeccanica all’Augusta, dalla Selex all’Oto Melara. C’è un’oligarchia militare tuttora ossequiata e ben remunerata. Che viaggia anche comoda. Sfidando il periodo di ristrettezze, la Difesa si è recentemente dotata di 19 Maserati blindate da 100mila euro (l’una). Costose sì, ma secondo i vertici del ministero "sempre meno delle Audi 6 che erano prima in dotazione". E poi, ha sottolineato La Russa, "si tratta pur sempre di macchine italiane...".
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