giovedì 26 gennaio 2012

Embargo UE all'Iran,L'Unione Petrolifera prevede gravi conseguenze nel settore

L'embargo Ue all'Iran fa paura al "Giornale" ed ai petrolieri italiani
[ 25 gennaio 2012 ]

Con l'embargo europeo sul greggio iraniano, l'Ue sta facendo tremare l'industria petrolifera italiana, che con il regime islamico di Teheran faceva affari molto redditizi e molto amichevoli, infatti tutti temono le conseguenze negative sulle già alte quotazioni del greggio e sull'industria della raffinazione del petrolio.

Pietro De Simone, direttore dell'Unione petrolifera italiana, è molto preoccupato per l'embargo decretato dall'Ue sul petrolio iraniano: «Ci sono impianti di raffinazione in Italia capaci di processare quasi solo il tipo di greggio proveniente dall'Iran. L'impatto ci sarà, sui prezzi del greggio, su quelli dei prodotti raffinati e sulle raffinerie già in difficoltà».

Secondo Dario Scaffardi, direttore generale della compagnia di raffinazione Saras, problemi ci sono anche per la diversificazione delle forniture: «Non è un'operazione che si fa su due piedi e soprattutto potrebbe causare un aumento consistente dei costi».

I Paesi europei più dipendenti dalle importazioni di greggio iraniano sono proprio quelli più in crisi: Italia, Spagna e Grecia, che da soli rappresentano quasi l'80% delle importazioni di petrolio dall'Iran: più o meno 450.000 barili al giorno, il 20% dell'export della Repubblica islamica.

Secondo i dati dell''Unione petrolifera italiana, da gennaio a novembre 2011 l'Italia ha acquistato dall'Iran (nostro quarto fornitore) il 13,2% del greggio importato, acquisti ridotti recentemente dopo le pressioni statunitensi e di altri Paesi Ue, ma non certo volentieri e rapidamente.

il Presidente della FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, dopo una riunione con alcune aziende del settore ha detto che «L'embargo iraniano rappresenterà un grande problema per la situazione petrolifera italiana, l'Iae (International enegy agency) ha prospettato una situazione che non condividiamo, FederPetroli Italia aveva già esternato lo scorso anno, in sedi istituzionali, l'apprensione a quello che si sta verificando oggi con l'Iran. L'Iran come già da tempo detto, oltre ad essere un importante fornitore non solo per il nostro paese, è un produttore di greggio di elevata qualità per la produzione di prodotti derivanti dalla raffinazione, usati in grandi quantità da alcune raffinerie italiane. Siamo preoccupati per la corsa alla diversificazione degli approvvigionamenti che ci sarà, non siamo il solo paese che acquista greggio iraniano e, in questo momento, potrebbero essere privilegiati paesi con rapporti di cooperazione con la Repubblica Iraniana non a favore dell'embargo, mi riferisco ai paesi asiatici, già importatori da qualche tempo, in larga misura del greggio iraniano. Saranno favoriti per forza di cose i mercati spot di prodotto, questo comporterà il calo dei margini su tutta l'industria del settore petrolifero. L'adeguamento degli impianti per altri tipi di greggi similari, la scelta di nu! ovi fornitori e le variabili temporali, comporteranno dei problemi non da poco. Se la situazione resterà stabile è inevitabile l'aumento del greggio sui mercati nei prossimi mesi. Per adesso attendiamo maggiori notizie sulla situazione dello Stretto di Hormuz per poter definire e interagire su operazioni decisive di politiche di approvvigionamento».

Tra i preoccupati si iscrive anche "Il Giornale" che solo fino a pochi giorni fa invocava sanzioni draconiane contro l'Iran ed appoggiava le minacce di Silvio Berlusconi a Teheran fatte durante la sua visita in Israele, ma si sa: allora il padrone del quotidiano era al governo... Ora per "Il Giornale" sono Gran Bretagna e Francia a decidere e gli altri Paesi europei, Italia compresa, devono pagare il conto: «È successo con la Libia, succede di nuovo con l'Iran. Il via libera alle nuove sanzioni europee contro la Repubblica islamica, deciso lunedì a Bruxelles dai ministri degli Esteri dei 27 è una vera e propria mazzata per l'Italia che rischia di veder schizzare alle stelle il costo dell'energia e fare i conti con una benzina da due euro al litro», si legge nell'articolo ripreso non a caso con grande rilievo dall'agenzia iraniana Irna.

E se il ministro Giulio Terzi dice che l'embargo petrolifero all'Iran non avrà «Un impatto importante sull'economia globale e sulle forniture», dalle colonne del Giornale risponde De Simone a nome dei petrolieri: «Le 10mila tonnellate di petrolio iraniano che arrivano ogni anno in Italia rappresentano il 13% delle nostre importazioni», una cifra che non permetterebbe all'industria italiana di uscire indenne dall'embargo, considerando anche il fatto che «Quello iraniano è un greggio pesante adatto alla produzione di bitumi, la Ies di Mantova, l'Api, la Erg e la Saras e gli altri nostri maggiori importatori faranno molta difficoltà ad acquistarlo altrove».

Il Giornale ce l'ha probabilmente anche con l'esclusione dall'embargo concessa alla multinazionale britannica Bp. Che potrà continuare a sviluppare con gli iraniani il progetto da 20 miliardi di dollari del Naftiran Intertrade, per lo sfruttamento del gas del Caspio. Un'esenzione accettata anche dagli Usa in chiave anti-russa, cioè per evitare che Mosca metta le mani sull'affare.

Invece chi rischia parecchio è l'Eni che potrebbe perdere i 2 miliardi di dollari che avanza dall'Iran per lo sviluppo nel 2001 e nel 2002 dei giacimenti di South Pars e Darquain, fino ad ora pagati nel 2010 con greggio iraniano per 500 milioni di dollari.

Intanto, mentre c'è chi dice che un attacco americano-israelianio coin sostegno o coinvolgimento Nato, potrebbe essere sferrato contro gli impianti nucleari iraniani addirittura già entro febbraio, ieri nel suo discorso sullo stato dell'Unione il presidente Usa Barack Obama non ha certo contribuito a far calare la tensione, mantenendo la minaccia di un attacco militare contro Teheran e la decisione di mantenere la pressione contro il programma nucleare.

«L'America è determinata ad evitare che l'Iran ottenga una bomba nucleare, ed io non escluderò nessuna opzione dal tavolo per raggiungere questo obbiettivo», ha detto Obama che però ha anche parlato della possibilità di una soluzione diplomatica: «Una soluzione pacifica di questo problema è ancora possibile, ed è certamente migliore, e se l'Iran cambia comportamento e rispetta i suoi obblighi, può riunirsi alla comunità delle nazioni».

Gli Usa e la Nato se attaccheranno l'Iran non riceveranno aiuto da un Paese Nato: la Turchia, che ha annunciato che non metterà il suo territorio al servizio dell'Alleanza atlantica in caso di un blitz.

Lo ha annunciato oggi a Mosca il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu dopo un incontro con il suo collega russo Sergei Lavrov: «"La Turchia non ha mai autorizzato ad utilizzare il suo territorio né ha mai lavorato con coloro che vogliono portare attacchi ai Paesi vicini » ha detto Davutoglu con una buona dose di ipocrisia e revisionismo storico, visto che in Turchia c'erano basi Usa con missili puntati contro l'Urss, che dalla Turchia sono partiti attacchi segreti e palesi verso il Medio Oriente e che la stessa Turchia non disdegna di invadere e bombardare un Paese vicino, l'Iraq per disfarsi della fastidiosa guerriglia del Pkk Kurdo.

Come ciliegina sulla torta oggi il regime siriano ha accusato Ankara e il Libano di fornire armi e retrovie alla ribellione contro la dittatura nazional-socialista degli Assad, che però i russi continuano ad appoggiare insieme agli iraniani. Le strade della geopolitica e del petrolio sono davvero complicate...


Fonte www.greenreport.it

Il mio commento a questo articolo di Greenreport

Dopo qualche giorno dall' annuncio dell' embargo, il prezzo del Brent e' salito da 110,13 $/b a 110.89$/b mentre il WTI ha avuto un rialzo piu' sensibile ed e' passato da 98,35 $/b a 100,10$/b.

Su queste sanzioni non si sono sentite reazioni da parte di forze politiche e sociali. E' invece un atto organico a tutta la politica della Nato verso il Medio Oriente, tesa al controllo militare dell' area, all' alleanza con i regimi dell' Arabia Saudita, Qatar e Bahrein, alla subalternita' alla aggresivita' di Israele.

Questa politica in queste settimane la vedo in difficolta' con il piano in Siria che non sta dando i frutti sperati e la Libia che e' lontana dall' essere sotto controllo.

Ma soprattutto pesa come un macigno sulla crisi economica dell' Europea e soprattutto dei paesi come Spagna, Grecia e Italia che sono i maggiori importatori dall' Iran.

Come vedete Greenreport, che e' vicino a Legambiente, sembra essere favorevole alle sanzioni e fare ironia su chi e' preoccupato.

E' l' ennesima dimostrazione che anche la sinistra del centro-sinistra appoggia,per con con qualche reticenza, il governo Monti.

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