24/03/2012 - LA DECISIONE DEI MINISTRI DEGLI ESTERI
Licenza di sparare sui pirati a terra
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lotta ai predoni dei mari
MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Per terra, oltre che per mare. Le navi europee impegnate nell’operazione Atalanta contro la pirateria davanti al Corno d’Africa potranno sconfinare dalle acque internazionali e colpire coi loro missili anche sul litorale. I corsari del Mar Rosso - ha spiegato il capo operativo della Missione, Contrammiraglio Duncan Potts - «hanno causato danni ingenti a chi transita in quella zona ed è giusto che il nostro impegno continui». I ministri degli esteri Ue hanno pertanto deciso di estendere la missione sino al dicembre 2014. Con un mandato rafforzato: se necessario, si potrà tirare su baracche, depositi, mezzi e altri equipaggiamenti identificati sulla costa. Da bordo o anche dagli elicotteri.
L’attività di Atalanta ferve dal 2008, anno in cui l’Unione europea ha deciso di inviare le sue navi da guerra, in un numero variabile compreso fra cinque e dieci, per scortare i convogli umanitari e tenere alla larga i pirati che rendono la vita difficile a chi naviga dall’Oceano indiano verso Suez e il Mediterraneo. Ora si prova a fare di più, è una stretta consigliata dalle condizioni che peggiorano, per la quale arrivano dal bilancio Ue altri 14,9 milioni. E’ la naturale conseguenza delle indicazioni scaturite dalla conferenza sulla Somalia svoltasi in febbraio a Londra. Anche se, dicono gli osservatori, potrebbe dare luogo ad una pericolosa escalation destinata a rendere più violenti gli attacchi.
Non sarà neanche facile da attuare. Bombardare un deposito di benzina nascosto su una spiaggia richiede un’intelligence precisa. La dichiarazione diffusa dai ministri degli Esteri rivela che l’Ue intende lavorare in stretta cooperazione con il governo federale transitorio della Somalia, e con altre organizzazioni locali, per sostenere l’azione contro la pirateria. Secondo le fonti, i somali hanno fatto sapere all’Onu che accettano la nuova offerta di collaborazione. Fonti diplomatiche sottolineano comunque che non è previsto in alcun caso l’utilizzo di truppe di terra e che «i missili verranno lanciato dal mare». Lo spagnolo Jose Manuel Garcia-Margallo, che sino all’ultimo ha mantenuto una riserva sulla decisione, ha assicurato che sarà presa «ogni precauzione» per evitare di colpire i civili. Scettici pure i tedeschi.
Secondo le fonti ufficiali, Atalanta ha sinora bloccato 117 navi sospette di pirateria e consegnato gli equipaggi alla magistratura: oltre mille presunti corsari sono in attesa di giudizio. Il che ci riporta al caso dei due marò italiani, detenuti in India, dopo che una missione antipirateria in cui hanno perso la vita due pescatori. Il ministro degli esteri Giulio Terzi ne ha parlato ieri a margine del Consiglio di Bruxelles, affermando che si tratta di una questione «da risolvere molto rapidamente», e sottolineando come «la nostra valutazione è che ci sia un interesse oggettivo indiano» a chiudere la vicenda «secondo il principio fondamentale della sicurezza degli ostaggi».
L’alto rappresentante europeo per la politica estera, Catherine Ashton, ha rassicurato l’esponente del governo a proposito dell’azione diplomatica pilotata da Bruxelles. Terzi ha ammesso di «non poter parlare di aperture» indiane, per il momento: «Siamo concentrati sul percorso giudiziario che si sta svolgendo e che si sta rivelando una complessità procedurale molto rilevante, soprattutto per la giurisdizione e le prove balistiche». Roma chiede massima attenzione e cerca di coinvolgere l’Onu. I tempi sembrano però ancora destinati ad essere lunghi e la strada tutta in salita: ieri, durante l’audizione sulla richiesta di rilascio della petroliera «Lexie» il giudice CS Gopinath dell’Alta corte del Kerala ha definito «un atto terroristico» l’uccisione dei due pescatori. La Corte si è aggiornata al 27 marzo.
L’attività di Atalanta ferve dal 2008, anno in cui l’Unione europea ha deciso di inviare le sue navi da guerra, in un numero variabile compreso fra cinque e dieci, per scortare i convogli umanitari e tenere alla larga i pirati che rendono la vita difficile a chi naviga dall’Oceano indiano verso Suez e il Mediterraneo. Ora si prova a fare di più, è una stretta consigliata dalle condizioni che peggiorano, per la quale arrivano dal bilancio Ue altri 14,9 milioni. E’ la naturale conseguenza delle indicazioni scaturite dalla conferenza sulla Somalia svoltasi in febbraio a Londra. Anche se, dicono gli osservatori, potrebbe dare luogo ad una pericolosa escalation destinata a rendere più violenti gli attacchi.
Non sarà neanche facile da attuare. Bombardare un deposito di benzina nascosto su una spiaggia richiede un’intelligence precisa. La dichiarazione diffusa dai ministri degli Esteri rivela che l’Ue intende lavorare in stretta cooperazione con il governo federale transitorio della Somalia, e con altre organizzazioni locali, per sostenere l’azione contro la pirateria. Secondo le fonti, i somali hanno fatto sapere all’Onu che accettano la nuova offerta di collaborazione. Fonti diplomatiche sottolineano comunque che non è previsto in alcun caso l’utilizzo di truppe di terra e che «i missili verranno lanciato dal mare». Lo spagnolo Jose Manuel Garcia-Margallo, che sino all’ultimo ha mantenuto una riserva sulla decisione, ha assicurato che sarà presa «ogni precauzione» per evitare di colpire i civili. Scettici pure i tedeschi.
Secondo le fonti ufficiali, Atalanta ha sinora bloccato 117 navi sospette di pirateria e consegnato gli equipaggi alla magistratura: oltre mille presunti corsari sono in attesa di giudizio. Il che ci riporta al caso dei due marò italiani, detenuti in India, dopo che una missione antipirateria in cui hanno perso la vita due pescatori. Il ministro degli esteri Giulio Terzi ne ha parlato ieri a margine del Consiglio di Bruxelles, affermando che si tratta di una questione «da risolvere molto rapidamente», e sottolineando come «la nostra valutazione è che ci sia un interesse oggettivo indiano» a chiudere la vicenda «secondo il principio fondamentale della sicurezza degli ostaggi».
L’alto rappresentante europeo per la politica estera, Catherine Ashton, ha rassicurato l’esponente del governo a proposito dell’azione diplomatica pilotata da Bruxelles. Terzi ha ammesso di «non poter parlare di aperture» indiane, per il momento: «Siamo concentrati sul percorso giudiziario che si sta svolgendo e che si sta rivelando una complessità procedurale molto rilevante, soprattutto per la giurisdizione e le prove balistiche». Roma chiede massima attenzione e cerca di coinvolgere l’Onu. I tempi sembrano però ancora destinati ad essere lunghi e la strada tutta in salita: ieri, durante l’audizione sulla richiesta di rilascio della petroliera «Lexie» il giudice CS Gopinath dell’Alta corte del Kerala ha definito «un atto terroristico» l’uccisione dei due pescatori. La Corte si è aggiornata al 27 marzo.
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