martedì 13 marzo 2012

13 febbraio,la mozione dell' IDV su F-35


RIDUZIONE E RAZIONALIZZAZIONE DELLE SPESE MILITARI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL BLOCCO DEL PROGRAMMA PER LA PRODUZIONE E L'ACQUISTO DEI CACCIABOMBARDIERI JOINT STRIKE FIGHTER (JSF) F-35


 La Camera,
premesso che:
il problema della spesa militare italiana diventa ancor più di primaria importanza se inserito nello scenario della crisi finanziaria internazionale che ha rimesso in discussione il ruolo della spesa pubblica nei Paesi dell'Unione europea e dell'area euro. In questo contesto anche Governi di centrodestra non hanno esitato ad intervenire sulla riduzione delle spese militari;

    tutto questo si verifica mentre in Italia le proposte del Governo, mirate a ridurre la spesa pubblica, contemplano tagli al sociale, alla scuola, alle imprese, alla ricerca, alla giustizia e a ogni cosa di cui un Paese dovrebbe avere cura, senza preoccuparsi minimamente dei tagli alle spese militari;

    le manovre del Governo non hanno mai messo in discussione la struttura del sistema difesa e sicurezza, che riesce a superare la scure dei tagli con meno danni di altri;

    con i soli due decreti-legge emessi tra luglio e settembre 2011 (decreto-legge del 2011, n. 98, convertito dalla legge n. 111 del 2011 e decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge n. 148 del 2011) la manovra complessiva ha raggiunto quasi i 60 miliardi di euro di correzione del saldo a regime nel 2014;

    il Parlamento è in procinto di vagliare la nuova manovra anti crisi del Governo, nella quale non si prevede alcun provvedimento che vada in tal senso;

    i settori maggiormente penalizzati sono sempre le politiche sociali, la sanità e le politiche industriali a sostegno delle piccole e medie imprese;

    è stato presentato recentemente uno studio del Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l'università di Milano, dal quale emerge come siano notevolmente peggiorate soprattutto le condizioni di vita dei bambini e dei minori che pagano il prezzo più alto della crisi. Sono 10 milioni e 229 mila i minori in Italia, il 16,9 del totale della popolazione: uno su cinque (24,4 per cento) è a rischio di povertà, il 18,3 per cento vive in povertà (1.876.000 minori, in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media), il 18,3 è per cento in condizione di deprivazione materiale e il 6,5 per cento (653.000 ragazzi) è in condizione di povertà assoluta, privo dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile;

    anche Save the children nel secondo «Atlante dell'infanzia a rischio» dichiara che, dal 2008 ad oggi, sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con un minore è aumentata dell'1,8 per cento e tre volte tanto (5,7 per cento) quella di chi ha due o più figli;

    con la crisi economica, che ha toccato tutti i settori e ha ridotto in maniera drastica la qualità della vita di tutti i cittadini, le famiglie, ed in particolare i minori, hanno subito maggiormente le conseguenze con maggiori e gravi difficoltà ad andare avanti;

    ad oggi, l'Italia investe in maniera residuale e poco incisiva sulle politiche sociali ed in particolare sulle famiglie, aspetto che, invece, dovrebbe essere al primo posto nell'agenda di ogni Governo che punti ad un reale rilancio dell'economia e del Paese. Il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli record e le piccole e medie imprese sono al collasso;

    in tale contesto, l'Italia è l'ottavo Paese al mondo per spese militari, con 20.556,9 milioni di euro per il 2010, con un incremento per il 2011, a causa dei fondi destinati agli acquisti per i nuovi armamenti, dell'8,4 per cento pari a quasi 3 miliardi e mezzo di euro, ovvero 266 milioni di euro in più rispetto al 2010. Le spese per l'esercizio, invece, hanno visto una riduzione del 18 per cento rispetto al precedente esercizio finanziario e sono destinate alla formazione e all'addestramento, alla manutenzione e all'efficienza di armi, ai mezzi e alle infrastrutture, al mantenimento delle scorte e, in generale, alla capacità e alla prontezza operativa dello strumento militare;

    vanno poi aggiunti i circa 3 miliardi di euro provenienti dai bilanci di altri Ministeri che prevedono aperte finalità militari. Il Ministero dell'economia e delle finanze stanzia 754,3 milioni di euro per il fondo di riserva per le spese derivanti dalla proroga delle missioni internazionali di pace, il Ministero dello sviluppo economico stanzia 1.483 milioni di euro destinati ad interventi agevolativi per il settore aeronautico, 510 milioni di euro destinati ad interventi per lo sviluppo e l'acquisizione delle unità navali della classe Fremm (fregata europea multimissione) e una percentuale ormai altissima del budget del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca viene destinata a progetti in ambito spaziale e satellitare delle Forze armate;

    la nota aggiuntiva di previsione per la difesa per l'anno 2012 stanzia 21.342 milioni di euro;

    dal punto di vista dell'attività produttiva in Italia, il settore è in piena espansione con un fatturato record da 3,7 miliardi di euro alla fine del 2008; come si è appreso nel 2010, l'Italia ha superato la Russia, divenendo il secondo esportatore mondiale di armamenti, dopo gli Stati Uniti. E proprio l’export militare italiano è divenuto un settore estremamente complesso e delicato con forti interessi da parte di banche e industrie belliche e armiere, inversamente proporzionali ai controlli e alla trasparenza che vengono sempre meno e che, invece, necessitano di un maggiore rafforzamento;

    la recente legge di stabilità ha confermato, inoltre, la cosiddetta mini naja con uno stanziamento di 7,5 milioni di euro per il 2012 e di un milione di euro per il 2013. Il corso di formazione ha il compito di trasmettere e rafforzare nei giovani i valori presenti all'interno delle Forze armate. Un progetto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, inutile che, in questo momento storico, non ha alcun motivo di essere finanziato;

    sul bilancio dello Stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026;

    da un lato, c’è un comparto già fortemente penalizzato dal punto di vista dei tagli alle risorse, degli stipendi del personale, della formazione, dell'addestramento, dell'esercizio, dall'altro, non c’è il minimo intento di diminuire le ingenti spese militari, bensì, persiste ancora l'inutile e costosissimo programma per l'acquisto di 131 cacciabombardieri F-35-JSF;

    il tema in questione è fortemente sentito dall'opinione pubblica che vede nell'aumento dell'investimento in armi uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico e sociale del Paese, al punto che, il 19 maggio 2009, inizia la campagna «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F35»; il 24 novembre 2010, durante il convegno «Volano gli aerei o i costi?», per la prima volta il Ministero della difesa ammette ufficialmente che sono sorti dei dubbi sull'acquisto di tutti i caccia previsti; il 12 aprile 2011 i promotori della campagna scrivono ai presidenti di gruppo della Camera dei deputati chiedendo una discussione in merito al progetto F-35 e il 21 settembre 2011 parte la seconda fase della campagna, denominata ora «Taglia le ali alle armi!». Nella prima fase sono state raccolte 19.900 adesioni on line, 16.000 firme cartacee e 388 adesioni di organizzazioni. Molti Paesi hanno rinunciato a tale programma e gli stessi Usa hanno tagliato drasticamente le spese militari;

    il 13 novembre 2011 le tre organizzazioni Rete disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della pace hanno rinnovato l'invito al Governo affinché accolga e porti avanti concretamente le richieste della società civile in tema di difesa e di scelte militari;

    ai conti attuali, l'acquisto dei 131 aerei F35-JSF comporterebbe per l'Italia una spesa di oltre 18 miliardi di euro, a cui bisognerebbe aggiungere i costi dei propulsori;

    occorre, altresì, cambiare il rapporto tra difesa e industria per evitare che gli interessi personali ed economici si sovrappongano in maniera deleteria ai reali interessi del comparto e del Paese;

    è evidente e sempre più urgente l'esigenza di una nuova revisione dell'amministrazione della difesa e dello stesso «modello di difesa», che dovrebbe concentrarsi essenzialmente sull'acquisto di tecnologie e mezzi atti più a garantire la sicurezza dei soldati italiani nelle missioni all'estero che l'acquisizione di armamenti atti all'offesa. Un modello di difesa incentrato sulla formazione e sull'addestramento dei nostri soldati;

    le gravi carenze di bilancio e l'assenza di un chiaro dibattito pubblico sulle opzioni realmente aperte in questa direzione rendono il tutto decisamente più complesso;

    mancano, tra l'altro, in Italia la volontà o la capacità di affrontare congiuntamente, almeno sul piano dell'analisi, i complessi problemi, tra loro correlati, del settore della sicurezza e di quello della difesa, e la nuova, essenziale dimensione delle operazioni miste civili-militari, che invece stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore a livello comune europeo ed atlantico;

    il rischio è, quindi, di disporre di armi nuove e sofisticate, ma di non avere le risorse per gestirle; mancano, ad esempio, i fondi per riparare i mezzi, danneggiati in Afghanistan, e il carburante per i jet e le navi, inclusa la nuova portaerei Cavour;

    l'Italia deve prepararsi ad affrontare nuove sfide e nuovi costi. È un processo già iniziato senza essere accompagnato da un vero e ampio dibattito politico interno che coinvolga pienamente il Parlamento e consenta la fondazione di uno stabile consenso, premessa necessaria per una mobilitazione delle risorse necessarie;

    occorre un dibattito aperto a tutte le voci della società e non ad una campagna propagandistica e manipolatoria, un dibattito che restituisca al Parlamento la sua centralità costituzionale;

    bisogna condividere una visione realistica della politica e applicare, anche a questo settore della spesa pubblica, gli stessi criteri che si pretende di imporre a tutti gli altri ambiti essenziali dello Stato, come la salute e l'istruzione. Tutta la spesa pubblica è sotto esame ed è giusto che lo sia anche la spesa militare. Si discute di riforma delle pensioni, della scuola, della sanità e di mille altri settori strategici della vita del paese. È giusto (e indispensabile) che si discuta anche della riforma delle Forze armate come accade in tutti i Paesi democratici;

    l'opinione pubblica è attiva e coinvolta in maniera massiccia in campagne di informazione tutte finalizzate alla richiesta di riduzione delle ingenti risorse stanziate per gli armamenti. Tanti sono gli appelli e migliaia sono le firme dei cittadini e non è accettabile che il Governo non ne tenga conto;

    il 7 luglio 2010 si è conclusa la discussione congiunta di sei mozioni concernenti una migliore qualità e razionalizzazione della spesa militare. Nello specifico, la mozione n. 1-00403, ha impegnato il Governo a: dare la piena disponibilità per un approfondito confronto in sede parlamentare sul nuovo modello di difesa; a proseguire il lavoro per una migliore qualità e di una razionalizzazione della spesa militare, accentuando la dimensione interforze dello strumento militare a livello nazionale e realizzando le migliori sinergie nel settore industriale e negli asset operativi a livello europeo, soprattutto nell'ottica della nascente difesa europea; ad avviare una profonda revisione del sistema difesa, soprattutto attraverso una necessaria e urgente operazione di efficientamento e riorganizzazione di tutto l'apparato militare;

    l'auspicio di tutti i presentatori era di sensibilizzare il Governo e spostare l'attenzione nella direzione di avviare un cambiamento sostanziale nella gestione di tali risorse, ma gli impegni assunti sono tuttora disattesi;

    occorre dare risposte concrete e segnali forti ai cittadini e alle Forze armate, sempre più abbandonate a se stesse, senza risorse e senza formazione, e garantire che finalmente la difesa unitamente al welfare tornino ad essere al centro della vita democratica e siano gestite con consapevolezza da parte dello Stato;

    è necessario attivare un virtuoso investimento in termini di riqualificazione, addestramento e formazione del personale del comparto e avviare un percorso che punti a finanziamenti selettivi, attraverso i quali si definiscano le priorità e le reali necessità del comparto. È necessario investire minori risorse e meglio mirate al fine di portare l'Italia in linea con gli altri Paesi europei e non solo,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a bloccare, in via definitiva, il programma per la produzione e l'acquisto dei 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter e a valutare la reale possibilità di utilizzare tali risorse per il rilancio dell'economia e il sostegno all'occupazione giovanile;

   ad assumere iniziative volte a cancellare i finanziamenti previsti per il 2012 per la produzione dei 4 sommergibili Fremm, dei cacciabombardieri F-35, delle due fregate «Orizzonte» con un risparmio previsto intorno ai 783 milioni di euro;

   a rivalutare e a ridimensionare gli accordi tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero della difesa, al fine di reperire le necessarie risorse da destinare per la copertura delle borse di studio per tutti gli idonei durante l'anno accademico 2011-2012 e per gli anni accademici successivi;

   a bloccare, in via definitiva il progetto, della mini naja «Vivi le Forze armate» con un risparmio immediato da destinare alle politiche sociali, con particolare riferimento alle famiglie e ai minori che vivono in condizioni di povertà;

   ad assumere iniziative finalizzate a rivedere gli stanziamenti che interessano la difesa presenti nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, comparto strategico e fondamentale per il reale rilancio dell'economia e del Paese, valutando la possibilità dell'impiego di tali risorse in ambiti di maggiore urgenza e necessità;

   a rivedere il quadro complessivo delle spese militari prevedendo una razionalizzazione delle risorse e destinando parte di esse, stanziate per armamenti, alla formazione, all'addestramento e alla riqualificazione del personale del comparto.

(1-00781)
«Di Stanislao, Di Pietro, Donadi».
(7 dicembre 2011)

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