sabato 25 febbraio 2012

Siria,dopo l' incontro di Tunisi, impasse ma situazione apertissima e sempre molto rischiosa per la pace


Questa articolo da La Stampa racconta l' incontro del 24 febbraio a Tunisi, con una divisione tra due opzioni diverse per imporre l' abbandono del governo siriano da parte di Assad. Falchi e colombe (o falchi piu' prudenti) si sarebbero confrontati e per il momento sembra essere uscita una strada piu' cauta del previsto. Ma non era possibile un' altra strada nei giorni in cui l' Afghanistan ,dopo 10 anni di guerra, si ribella allo stupido ed offensivo comportamento dei militari statunitensi che hanno bruciato il Corano.

La situazione in Siria, e in tutto il medio Oriente, e' tuttora aperta e rischiosa ed e' importante l' impegno dei pacifisti ai diversi livelli, dall' attivista allo sforzo di mediazione internazionale.

In questo momento pero' la Nato e la Lega Araba sono in difficolta'. Questo e' sicuro, insieme alla tragica constatazione che in Siria e' stata innescata una guerra civile difficile da fermare.

Ma questo deve essere l' obiettivo di chi e' veramente per la pace.

Marco

VERTICE DI TUNISI
"Tregua umanitaria in Siria"

Paesi del summit di Tunisi sono divisi tra peacekeeping e blitz militare
ANTONELLA RAMPINO

Annunciata informalmente all’incontro tra i Paesi dell’area mediterranea a Roma, e poi ritirata a breve giro, la mancata presenza di Russia e Cina ha pesato sulla riunione a Tunisi degli «amici della Siria». La formula, di impronta francese e che ricalca il famoso gruppo «amici della Libia», la dice lunga sul profilo umanitario del vertice, che ha avuto il suo clou nel previsto annuncio da parte di Hillary Clinton di un incremento negli aiuti di 10 milioni di dollari, subito giudicati «troppo pochi» dai sauditi, irritati in realtà dalla concorrenza e dalla determinatezza ormai conquistati sulla scena politica dai qatarini, e al punto che il ministro degli esteri di Riad ha lasciato la riunione. «Concentrarsi sugli aiuti umanitari non è sufficiente» ha dichiarato sulla porta il principe Saud Al Faisal.

Da Mosca, a far calare il veto ci pensava Medvedev in persona, compresa la contrarietà ai corridoi umanitari: normalmente sono difesi da forze militari internazionali. L’Italia ha tentato sino all’ultimo di convincere Mosca, l’inviato speciale di Terzi, l’ambasciatore Maurizio Massari, ha incontrato nei giorni scorsi Bogdanov, il viceministro con delega al Medio Oriente. L’opinione diffusa, alla Farnesina e non solo, è che prima delle elezioni del 4 marzo Mosca non si sposterà dalle proprie posizioni, apparentemente dettate anche dal fatto che non sono stati consultati sul documento preparatorio per Tunisi. Ma Massari ha raccolto segnali positivi: i russi temono l’isolamento da parte della Ue, ma sono disposti a discutere di cessazione delle violenze e transizione politica. E’ Mosca, tra l’altro, che ha chiesto a Ban-Ki-Moon un incaricato speciale per la Siria: nominato ieri, assieme alla Lega Araba, e nella persona di Kofi Annan.

Ma il punto è che senza la Russia, considerata «trainante» della Cina, non è possibile immaginare quel che i 60 paesi «amici della Siria» auspicherebbero: una vera e propria risoluzione dell’Onu che dia, come è emerso a Tunisi, «una cornice legale al piano internazionale per la cessazione delle violenze, e per l’avvio del processo politico». Nessuno pensa sia realistico uno «schema libico», per un intervento militare non ci sono le condizioni come ripete da tempo Giulio Terzi, e nemmeno geopolitiche: anche instaurare una no-fly zone (per la Libia si ottenne l’astensione di Russia e Cina, che in Consiglio di Sicurezza hanno potere di veto) significherebbe mettere a repentaglio la residua stabilità di quella regione del mondo. E soffiare sul fuoco aizzando l’Iran. Per ora, si punta sulla via diplomatica: oltre a Ban-Ki-Moon, si è detto al vertice, l’Onu nominerà un coordinatore delle operazioni umanitarie.

La comunità internazionale comunque non può stare a guardare e cerca, almeno, di alzare la voce. Clinton ha gridato che «Bashar Assad la pagherà cara». Fuori, intanto rumoreggiavano i sostenitori di Bashar Assad. E per ora ci sono solo le sanzioni che lunedì prossimo l’Unione Europea irrigidirà ulteriormente. Da Tunisi, il consueto documento finale chiede a Damasco l’immediato cessate-il-fuoco. Gli Stati Uniti hanno, già qualche giorno fa, riconosciuto il Consiglio Nazionale Siriano come «rappresentante credibile»: al vertice era presente il massimo esponente, Ghalioun. Ma si tratta di opposizioni al regime che già da tempo vivono fuori dalla Siria. Quelle interne al Paese sono divise, e di fatto per le Cancellerie occidentali una nebulosa. Con il timore che si possa allargare il respiro non di quello che comunemente si chiama «Islam politico», ma di fondamentalismi, anche di matrice qaedista. Significativamente, nel vertice sul Mediterraneo a Roma, la parola d’ordine era stata «evitare l’errore fatto in Iraq».

Intanto, lanciando un appello su YouTube, la giornalista del Figaro Edith Bouvier e il fotografo inglese Paul Conroy, feriti e bloccati a Homs, sono riusciti ad ottenere l’intervento della Croce Rossa. Che insieme alla Mezzaluna Rossa è finalmente riuscita ad arrivare sino a quella che è ormai una città martire, nella Siria dei massacri: solo ieri, a Homs ci sono stati 70 morti.

Fonte www.lastampa.it

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