martedì 25 gennaio 2011

Chiesa contro guerriglia: la violenza da qualsiasi parte venga porta solo altra violenza

Un missionario affronta a testa alta un guerrigliero delle Farc in una delle zone più martoriate della Colombia: la selva amazzonica di Remolino del Caguan
Angelo Casadei è un missionario della Consolata che da quattro anni e mezzo gestisce la parrocchia di Remolino del Caguan. Il 30 dicembre 2010, però, ha ricevuto l'ordine di trasferimento per esigenze interne alla missione. Destinazione: San Vicente del Caguan. Dalla padella alla brace. Se Remolino, infatti, un tempo cuore della coltivazione della coca controllata dalle Farc, è ora un puntino della selva spesso teatro di scontri fra esercito e guerriglia, San Vicente è una cittadina logisticamente importante e tanto ambita dai guerriglieri che un tempo ne erano i padroni indiscussi. Ed è a questo che tornano a puntare. Appena messo piede in quella che agli inizi del duemila fu la culla delle trattative di pace Farc-governo Pastrana, don Angelo ha saputo che Pastor Alape, uno dei comandanti del comando centrale fariano, ha tutta l'intenzione di riconquistare la città perduta. Costi quel che costi. Nell'attesa che il missionario ci racconti, passo per passo, cosa succederà in quella terra martoriata e cosa farà la Chiesa per arginare l'eterno conflitto, pubblichiamo il racconto di quanto avvenuto a Remolino gli ultimi giorni di dicembre, poco prima che il padre se ne andasse. Un racconto che evidenzia il delicato equilibrio fra guerriglia, chiesa ed esercito nel rapporto con la gente comune.

di Angelo Casadei

"A volte in mezzo a questa selva ci si sente soli e anche la stessa gente che si cerca di aiutare in modo disinteressato prima o poi ti delude o non cammina verso i valori che cerco di far risaltare attraverso la Parola di Dio. Qualche giorno fa, arriva una notizia tragica: doña Maria Flor, una madre sola con 5 figli che lavorava in una fattoria, è stata uccisa. Quando chiedo spiegazione, la gente mi dice con tono d'ovvietà e rassegnazione: "Padre, era stata minacciata più volte dalla guerriglia perché frequentava troppo l'esercito".

Il giorno dopo, molto presto, celebro l'Eucarestia nella casa della defunta e subito dopo riparto per il mio itinerario missionario visitando i vari villaggi. In uno di questi, nel bel mezzo della riunione con gli abitanti, entra una persona vestita in abiti civili, si siede su un banco della scuola, ci guarda e ci dice: "Sono un guerrigliero delle Farc". La gente non si meraviglia, già lo conosce, hanno solo timore di quello che dirà.

Incomincia a parlare, fissandomi: "Voi della Parrocchia non dovete avvicinarvi all'esercito così come avete fatto raccogliendo 4 militari feriti nel profondo della selva". Non lo faccio nemmeno finire che lo aggredisco verbalmente: "Sei un bugiardo, perché abbiamo raccolto per strada un militare incontrato a 500 metri da Remolino. Voi piuttosto che state ammazzando la gente del popolo solo per pettegolezzo proprio come avete fatto con la signora india Maria Flor. Che diritto avete di rendere orfani i bambini del vostro tanto amato pueblo che tanto dite di difendere? I 5 figli di Maria Flor, una volta cresciuti, che penseranno di voi che vi dichiarate esercito del popolo?". Quindi chiudo dicendo: "Nemmeno Dio toglie la vita, ma dà la vita, e chi siete voi per essere padroni della vita?". Il confronto continua con toni molto accesi. La gente assiste passiva. Rinfaccio al guerrigliero che certe dichiarazioni che coinvolgono la Parrocchia non si fanno davanti a tutta una comunità, perché non c'è nessun bisogno di dimostrare così la loro forza. Quindi smetto di parlare con il guerrigliero Farc e concludo l'incontro con la Celebrazione Eucaristica dove sottolineo l'importanza della libertà e il fatto che un popolo non lo si può dominarlo con la forza delle armi, perché la violenza da qualsiasi parte venga porta solo altra violenza.

Rientro a Remolino. E grazie al cielo una buona notizia mi accoglie: dopo la morte della signora Maria Flor i bambini rimasti soli avrebbero dovuto essere accolti dall'ente statale del Benestar Familiar e probabilmente anche divisi. La gente però non ci sta e decide di procedere a una adozione in comune, come paese. Ma mentre si stanno accordando per questa sistemazione ecco sbucare dal nulla la loro zia, la sorella di Maria Flor: "Penserò io ai miei nipoti" e si è impegnata davanti ai responsabili del Benestar Familiar a prenderli con sé.


Stella Spinelli
Fonte peacereporter.it

Nessun commento:

Posta un commento