mercoledì 2 marzo 2011

Per una mobilitazione immediata contro un intervento armato Onu in Libia

"Fermare una guerra quando e' ormai iniziata e' come fermare un uragano con un retino per catturare farfalle."
Per una mobilitazione immediata contro l' eventualita' di un intervento armato Nato "umanitario" in Libia.

"Fermare una guerra quando e' ormai iniziata e' come fermare un uragano con un retino per catturare farfalle." Questa similitudine l' ho sentita raccontare a Pisa ,pochi anni fa, da Pietro Pinna in occasione di un incontro con il filosofo francese Muller. Non ricordo se l' immagine fosse sua o una citazione di un altra persona, ma mi ha colpito per la sua efficacia e mi e' tornata in mente in questi giorni che esiste la possibilita' di un intervento Nato in Libia e non c' e' ancora nessuna mobilitazione per tentare di fermarla. Qualcuno dira' che le enormi mobilitazioni contro l' invasione dell' Iraq nei primi anni del decennio non sono servite ad evitarla, ma io credo che oggi la situazione sia diversa e che comunque l' impegno contro quella guerra non e' stato inutile, magari e' da criticare il silenzio successivo non la campagna delle bandiere della pace ai balconi e altre azioni.
L' intervento Nato e' probabile anche perche' non e' vero che il 2% di produzione petrolifera della Libia sul totale mondiale sia facilmente sostituibile, la produzione petrolifera e' ormai arrivata vicino ai suoi massimi possibili, il prezzo del petrolio Brent prima della crisi libica era gia' sopra i 100 dollari (ieri per la prima volta dal 2008 il petrolio WTI ha chiuso oltre i 100$/b), e il prezzo del greggio sarebbe salito ugualmente, indipendentemente dalla guerra civile libica o forse e' meglio dire dallo scontro armato tra libici ribelli e milizie militari di Gheddafi.
Credo che sia necessario mobilitarsi subito contro l' eventualita' di un intervento militare Nato, autorizzato o meno dall' ONU, e riporto integralmente questo articolo di Lidia Menapace che nei giorni scorsi avevo diffuso senza la parte finale.
L'Italia non segua la Nato in Libia
di Lidia Menapace

Alla prima apertura di pagina di un quotidiano, alla prima parola da un teleschermo, l'impressione è di pericolosa meschinità: dico, sulla questione libica. Non che per il resto sia meglio, però è meno pericoloso. Invece la crisi libica, dopo e insieme ai movimenti democratici successi in Tunisia ed Egitto, ci ricorda che il Mediterraneo è una delle zone calde e incerte del pianeta, importante per risorse (petrolio, se non altro), storia (antica e poi coloniale e decolonizzazione vera e finta) e per l'incontro/scontro di civiltà e religioni.
La prima cosa di cui si sente la mancanza sono le Nazioni Unite: se un evento si sarebbe dovuto affrontare - secondo la Carta, là dove sentenzia che la guerra è un crimine e propone di affrontarla dal Consiglio di sicurezza - con corpi di polizia internazionale, che chiedono tribunali e diritto della stessa natura e livello, ci si accorge che di ciò non vi è quasi nulla. Perciò (ricordando quanto le beghe europee per stare nel consiglio di sicurezza abbiano ostacolato il cammino), quando Obama cerca di rimediare all'assenza di strumenti internazionali adeguati, finisce per indicare la Nato e dopo aver interpellato Francia e Inghilterra, telefona anche a Berlusconi chiedendogli di collaborare.
Non avendo predisposto un corpo di polizia internazionale, si ricade nell'ipocrisia delle spedizioni militari travestite da strumenti "umanitari"! La prima cosa da dire a voce spiegata è che una nazione ex coloniale proprio in quel paese, ed espressione di un colonialismo duro e particolarmente disumano, non può essere di nuovo presente in armi lì senza provocare reazioni popolari molto contrarie e quindi aggravare la situazione e non essere di aiuto in operazioni di conciliazione politica e di democrazia. Dunque prima di tutto: no all'inclusione dell'Italia in una qualsiasi spedizione Nato in Libia.
La stasi e assenza europea in una crisi che si svolge ai suoi confini e in paesi che si affacciano sul Mediterraneo è un segno molto preciso della caduta dell'Europa e della sua involuzione profonda. Poiché l'Europa è governata soprattutto da governi di centrodestra, si potrebbe persino pensare a sinistra: adesso se la cavino, dopo che hanno addirittura cercato di far approvare come Costituzione un testo ideologicamente (nel senso cattivo del termine) liberista mercantile e di destra poco liberale: ma la situazione è troppo pericolosa per godersi passivamente questa soddisfazione. Penso che noi dovremmo tenerci in contatto con la Sinistra europea e prendere parte a una forte pressione a Bruxelles anche come "appoggio esterno" perché l'Europa si dia una mossa, lasci i suoi rinascenti egoismi nazionali, trovi una voce che parli ai popoli oppressi e costituisca un Comitato di ascolto e appoggio politico diplomatico e sociale davanti alle giuste rivendicazioni del popolo libico, come di quello tunisino ed egiziano e del Bahrein e di quale altro si affaccerà su questo cammino includendo subito anche la questione israelo-palestinese. Per una volta stiamo legati ai movimenti, come deve fare una Europa di sinistra, disarmista, militarmente neutrale, socialmente progressista. Un bel salto internazionalista ci vorrebbe davvero.
E se restiamo soli in Italia nel rivolgerci alla Sinistra europea, sarà una solitudine scelta, non un isolamento triste in cui potremmo venire cacciati da calcoli meschini. E' possibile, e dunque bisogna farlo.
26/02/2011

Fonte www.liberazione.it

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