lunedì 13 agosto 2012
M.Correggia - Il voto all' Assemblea ONU sulla crisi siriana, agosto 2012
Chi ha votato no (e perché) alla risoluzione saudo-qatariota all’Assemblea dell’Onu
7 agosto 2012
di Marinella Correggia
Un recente voto all’Assemblea Generale dell’Onu sulla Siria ha evidenziato le ragioni di alcuni paesi – progressisti e in genere stimati dalla stessa presuntuosa sinistra occidentale – che cantano fuori dal coro della autonominata “comunità internazionale” e che alla fine sono gli unici a proporre un vero negoziato per la pace la fine delle violenze, anziché nascondere sotto il tappeto – come fanno gli altri – le ingerenze che alimentano la guerra. Leggiamo dal resoconto (http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=42617&Cr=Syria&Cr1=) pubblicato sul sito ufficiale onusiano i perché del “no” che in particolare alcuni paesi latinoamericani, quelli dell’Alleanza Alba, hanno opposto il 3 agosto in sede di Assemblea Generale dell’Onu a una risoluzione proposta da una regina dei diritti e della democrazia, l’Arabia Saudita (presidente del gruppo arabo in seno all’Assemblea stessa nonché grande sponsor dell’opposizione armata siriana), coadiuvata da due principesse dell’umanitarismo: l’emirato del Qatar (presidente di turno dell’Assemblea Onu nonché altro grande sponsor dell’opposizione armata siriana) e il regno del Bahrein (vassallo dell’Arabia Saudita).
La risoluzione è stata una risposta delle petromonarchie al lancinante appello dell’opposizione armata e del suo braccio politico, il Consiglio nazionale siriano o Cns” e cioè: se Russia e Cina fanno barriera nel Consiglio di Sicurezza, tiriamo in ballo l’autorità morale dell’Assemblea per ottenere un avallo etico a interventi esterni ancora più accenuati. L’Arabia Saudita nel proporre la risoluzione ha sottolineato la necessità di “fermare la macchina di morte del regime che sta macellando il coraggioso popolo siriano”, come da narrazione ufficiale che non ammette nuances, demonizzando una parte e beatificando l’altra parte armata, che appunto combatterebbe solo per proteggere i civili. I sauditi hanno affermato l’urgenza di un cambio di regime, retoricamente chiedendo: “il piano Annan e la comunità internazionale cosa hanno ricevuto in cambio dei loro sforzi? Per i sei punti del piano Annan hanno ricevuto sei massacri: Baba Amr, Al-Rastan, Houla, Tremsheh, Foquir e Aleppo”. I sauditi (come gli oppositori, come le tivù satellitari del Golfo e come i media tutti e perfino l’Onu) mettono insieme sotto lo stesso slogan “dittatore massacra intero popolo inerme in rivolta” sia massacri di civili di non definita paternità avvenuti alla vigilia di voti importanti al Consiglio di Sicurezza (Houla), sia uccisioni di armati spacciati per civili (Tremsheh), sia battaglie per il controllo di quartieri e città (Baba Amr e Aleppo).
Naturalmente i padri sauditi della risoluzione non incolpano minimamente l’opposizione armata per non aver accettato (su istigazione della Clinton: “Non deponete le armi” ordinò in aprile) il cessate il fuoco chiesto dal piano Annan; né lamentano la presenza – conclamata – di attentatori e terroristi in Siria, anche grazie agli aiuti occidentali e petromonarchici.
La risoluzione condanna le azioni delle sole forze governative e chiede una transizione politica immediata, ma non impone sanzioni supplementari al paese. Ovviamente è stata votata in massa dai governi occidentali e dalle monarchie del Golfo. E poi da tanti altri paesi grandi e piccoli….
Ecco chi ha votato contro: Bielorussia, Bolivia, Cina, Cuba, Corea del Nord, Iran, Myanmar, Nicaragua, Federazione Russa, Siria, Venezuela, Zimbabwe. Una risoluzione forse più dura proposta in febbraio sempre da Arabia Saudita & soci ebbe ugualmente dodici voti contro. Ma adesso l’Ecuador è passato fra gli astenuti. Sostituito dalla ben meno simpatica Myanmar. L’Ecuador ha dunque votato in modo diverso dagli altri quattro membri dell’Alleanza progressista latinoamericana Alba. Va detto che i membri minori di questa alleanza, le isole caraibiche Come Antigua e Barbuda, si sono di nuovo astenute.
Ecco gli astenuti: Algeria, Angola, Antigua e Barbuda, Armenia, Burundi, Ecuador, Eritrea, Fiji, Ghana, Guyana, India, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Laos, Lebanon, Lesotho, Madagascar, Mali, Namibia, Nepal, Pakistan, Saint Lucia, Saint Vincent and the Grenadines, Samoa, Sierra Leone, isole Solomon, Sri Lanka, Suriname, Uganda, United Republic of Tanzania, Viet Nam. Dunque, dei cinque paesi cosiddetti Brics (potenza geostrategica emergente), due (Sudafrica e Brasile) hanno votato a favore (cosa che non fecero in febbraio), due (Russia e Cina) hanno votato contro e uno (India) si è astenuto, insieme all’eterno nemico Pakistan e a stati islamici come Algeria e Libano, oltre ad alcune ex repubbliche sovietiche, a certi paesi africani e a, Vietnam). e due (Cina e Russia).
Ecco gli assenti: Cambogia, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Dominica, Guinea Equatoriale, Etiopia, Gambia, Kiribati, Malawi, Filippine, Sud Sudan, Swaziland, Tajikistan, Turkmenistan, Tuvalu, Uzbekistan, Yemen.
Ed ecco alcune «dichiarazioni di voto». Ovviamente i servizi dell’Onu le hanno ridotte a poche righe per ciascuno stato e a quelle ci limiteremo. Dando per buono quanto appunto leggiamo sul sito dell’Onu.
Venezuela (ambasciatore Jorge Valero Briceno): «La bozza di risoluzione manca di obiettività: descrive una lunga lista di violazioni dei diritti umani attribuita al governo siriano, ma minimizza o ignora i crimini commessi da gruppi terroristici e dall’opposizione armata»; «Ignora le riforme politiche e costituzionali promosse dal governo siriano»; inoltre «Ogni stato sovrano ha il diritto di difendere pa propria sovranità nazionale», tanto più che «il governo siriano non ha di fronte un’opposizione democratica che usa mezzi pacifici e costituzionali per arrivare ai propri obiettivi. Al contrario, l’opposizione pratica o sostiene il terrorismo e sopravvive grazie al sostegno straniero. Rifiuta di partecipare al dialogo pluralistico e democratico. Solo un dialogo politico inclusivo può porre fine alla violenza armata in Siria». Contro la bozza di risoluzione saudoqatarobahreinita, Caracas appoggia «la posizione di Russia, Cina e altri paesi che difendono i principi di sovranità, autodeterminazione e integrità territoriale della Carta delle Nazioni Unite e che lodelvolmente si oppingono a ogni intervento estero e chiedono una soluzione siriana alla crisi». Il Venezuela precisa anche (ma questo non lo leggiamo nel riassunto onusiano): “I guerrafondai hanno sabotato il piano di pace Annan”.
Cuba: «La risoluzione, politicamente motivata e non mirata ad assistere il popolo siriano per una soluzione politica, porterà solo ad altra instabilità e violenza»; «non è obiettiva e può anche spianare la strada a un intervento straniero», «come quelli realizzati in tempi recenti»; il testo «rispecchia la visione dominante di Washington e di altre capitali Nato». «I media di queste capitali aggiungono problema al problema riferendo in modo non obiettivo».
Bolivia: «La popolazione siriana è presa in mezzo fra due fuochi e le Nazioni Unite dovrebbero aiutare a risolvere la crisi che non è più questione regionale», ma «questa risluzione, se adottata, non contribuirà a una soluzione ma a un peggioramento», visto che «il suo obiettivo non è assistere la popolazione siriana ma sconfiggere Damasco,, basta leggerla per capirlo: condanna almeno 14 volte le autorità siriane per i peggiori crimini internazionali, e cita una sola volta in modo passeggero le azioni dell’opposizione ; e non menziona mai le attività di terroristi dall’esteroe di altri gruppi armati che lavorano per destabilizzare il paese».
Russia: «Dietro la facciata della retorica umanitaria, la bozza di risoluzione nasconde un sostegno flagrante all’opposizione armata, che viene appoggiata e armata attivamente».
Cina:«Tutte le parti dovrebbero cessare il fuoco»; «L’imposizione di sanzioni su una parte sola non ha aiutato»; «Occorre una soluzione pacifica e giusta, sforzi militari accrescerebbero solo il bagno di sangue»; «La soluzione dovrebbe essere lasciata nelle mani del popolo siriano e accettata da tutti i siriani»; «La Cina si oppone a qualunque atto mirato a forzare un cambio di regime».
I paesi astenutisi hanno criticato il carattere non obiettivo della risoluzione che accusa una sola parte (e lo stesso hanno fatto Sudafrica, Brasile, Nigeria e altri pur votando a favore, ma rigettando soluzioni militari e chiedendo il cessate il fuoco), e hanno sostenuto l’idea che debba essere tutto il popolo siriano a decidere. Il quinto paese dell’Alba, l’Ecuador, astenendosi ha anche precisato che la bozza di risoluzione alterava il mandato dell’inviato speciale dell’Onu e tendeva a polarizzare il conflitto e politicizzare la questione anziché aiutare le vere vittime. Il più importante paese astenutosi, l’India, ha condannato tutti gli atti terroristici e ha chiesto a tutte le parti di dissociarsi dai gruppi terroristi; ha chiesto di mandare un messaggio unitario a tutte le parti per un processo politico guidato dai siriani.
Il rappresentante dell’Iran ha ricordato che se deve essere il popolo siriano a decidere e non con le armi, l’intervento militare già in atto con l’invio di armi ai ribelli esaspera la crisi; la risoluzione saudita inoltre non condanna gli atti terroristici perché è chiaro chi sta armando i ribelli. Infine gli estensori della bozza di risoluzione, che hanno imposto sanzioni al popolo siriano, hanno esercitato una forma di “punizione collettiva”. (Negli stessi giorni una «valutazione rapida sulla sicurezza alimentare» condotta congiuntamente dalla Fao, dal Programma alimentare mondiale (Pam) e dal ministero per l’agricoltura del governo siriano afferma che «il reddito delle famiglie è crollato; il costo del carburante continua ad aumentare; le rimesse degli emigranti sono venute meno; agricoltori e allevatori hanno perso i loro beni, mandrie o raccolti, e la loro sopravvivenza immediata; il raccolto di grano è rinviato e la deforestazione aumenta»).
Il Vietnam, astenendosi, ha chiesto il rispetto della Carta dell’Onu in materia di indipendenza, unità e integrità territoriale, ha chiesto una soluzione pacifica e di dialogo guidata dai siriani, che l’Assemblea dovrebbe appoggiare.
E il blocco occidentale? Israele: «I civili siriani sono nel mirino di un regime brutale e dei suoi alleati diabolici che commetterebbero qualunque crimine per di mantenere Assad al potere”; ovviamente non poteva mancare la condanna di Iran ed Hezbollah, alleati del demonio.
Ma è stata l’Unione Europea, con Joannis Vrailas, la più banalmente aderente al coro di demonizzazione e santificazione che aiuta il conflitto, sulla pelle dei siriani: «Siamo con il popolo siriano nella sua lotta coraggiosa per la libertà, la dignità, la democrazia e i diritti umani»; «condanniamo l’uso sempre crescente della forza da parte del regime, con l’uso dell’artiglieria pesante e dei missili dai carri armati, aerei ed elicotteri nelle aree popolate in violazione dei suoi obblighi sulla base del Piano Annan e delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza»; «Sostieniamo la Commissione internazionale di inchiesta sulla Siria e le sue ricerche, con l’obiettivo di punire i responsabili, compresi i casi di crimini contro l’umanità». Né poteva mancare la denuncia del possibile uso di «munizioni a grappolo»…Insomma l’ennesimo gioco a mostrarsi come i più buoni, di fatto non facendo nulla di buono.
E il rappresentante della Libia, da poco sbarcata nella democrazia progressista e nel rispetto dei diritti umani come tutti i rapporti dal paese nordafricano sembrano suggerire? «Il semplice popolo chiede diritti legittimi. La comunità internazionale non può coesistere in un contesto di distruzione indiscriminata e di flagrante violazione dei diritti umani»; «Anche i tiranni che si credono più forti alla fine vengono schiacciati, e sarà il destino di Assad» (come quello di Gheddafi, democraticamente linciato); «il popolo siriano non ha altra scelta». A proposito di scelte: potremmo chiedere quale possibilità di scelta abbiano i libici neri di Tawergha, i libici a migliaia in carcere, i libici fuggiti dal paese?
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=538
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