lunedì 11 aprile 2011

Libia, Gheddafi accetta piano-pace dell' Unione Africana

Libia, mediazione dell' Unione Africana

La guerra libica è impantana e si cerca una “soluzione diplomatica”. Sul campo, nonostante il pesante raid della Nato che ieri ha colpito una colonna militare di fedeli a Gheddafi nei pressi di Ajdabiya, la situazione sembra ormai abbastanza definita.

Le forze “lealiste” hanno il predominio a terra. Per tutta la giornata di ieri sono continuati i combattimenti nelle due città chiave di Misurata e Ajdabiya, ultima postazione sulla strada verso Bengasi.
Si è dunque rivelato completamente sbagliato invece il calcolo francese e inglese, secondo cui i bombardamenti aerei avrebbero aperto la strada alle forze “ribelli” fino alla caduta di Tripoli e del regime del rais. Al massimo, si è visto nell'ultima settimana, possono “proteggere i ribelli” dagli attacchi di Gheddafi.

La stessa nato sembra aver accettato questo stallo, limitandosi ad attaccare solo quando le truppe del Colonnello puntano a superare il “confine invisibile” a est di Brega.

Ma se sul campo la guerra non si può vincere – a meno di un intervento diretto della Nato con truppe di terra, vietato dalla risoluzione Onu e ovviamente esposto a perdite fra i soldati occidentali – talora la parola deve passare alla trattativa.

Una delegazione dell'Unione Africana è stata ricevuta ieri dallo stesso Muammar Gheddafi sotto la sua tenda, nella sua residenza di Bab el Aziziya, bombardata all'inizio degli attacchi. Il capo delegazione è Jacob Zuma, presidente del Sudafricano, accompagnata dai capi di stato di Mauritania (Mohammed Ould Abdel Aziz), Mali (Amadou Toumani Tourè), Congo (Denis Sassou Nguesso) e il ministro degli Esteri ugandese Henry Oryem Okello. Gli obiettivi della missione erano stati fissati poco prima, in una riunione della Ua: «Cessazione immediata di tutte le ostilità», distribuzione di aiuti umanitari e apertura di un dialogo tra parti in guerra.

Il governo libico ha accettato “Road Map” proposta dall'Unione Africana. Zuma ha spiegato che «dobbiamo dare una chance a un cessate il fuoco». Un funzionario dell'Unione africana ha riferito che nel corso del colloquio si è parlato anche dell'eventuale uscita di scena di Muhammar Gheddafi. «C'è stata qualche discussione su questo, ma non posso dire niente - ha dichiarato Ramtane Lamamra, commissario dell'Unione per la Pace e la Sicurezza - . Quanto detto deve rimanere riservato. Sta comunque al popolo libico scegliere democraticamente i suoi leader».

Oggi la delegazione africana (senza Zuma, rientrato a Johannesburg) ha incontrato anche il vertice degli “insorti”, a Bengasi.

Che però considera inaccettabile qualsiasi tipo di accordo con il Colonnello o con uno dei suoi figli.

L'ipotesi che anche Sarkozy sembra ora disposto a prendere in esame prevede infatti il trasferimento dei poteri di Mouammar Gheddafi al figlio Selif, oltre ovviamente a “profonde riforme”, rispetto dei diritti dell'opposizione o delle tribù in minoranza, ecc.

I più perplessi sembrano a questo punto gli esponenti del Consiglio nazionale di Transizione (Cnt) di Bengasi. Il leader del Cnt e ministro fino a due mesi fa, Abdel Jalil, non piace molto l'idea di dover “convivere” con Gheddafi e, per risultare convincente, si propone sa volta come “barriera contro gli immigrati”. E' atteso per domani in Italia e proprio al nostro paese, oltre che al resto della colazione, chiede «di fare di più perché la nostra gente possa affrancarsi dal giogo del regime». Tra oggi e venerdì, tutte le istituzioni internazionali (a partire dalla riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue, in Lussemburgo), proveranno a delineare diverse soluzioni. Mahmud Jibril, incaricato degli affari esteri per il Cnt, è stato invitato per un incontro «breve e informale» con i 27; che sono divisi anche su questo (Svezia, Gran Bretagna e altri membri non del tutto convinti dell'affidabilità degli insorti, per la presenza di molti “islamisti radicali”).

Si parlerà di Libia anche mercoledì, in Qatar, dove si riunisce il “gruppo di Contatto”; il 14 e il 15 se ne discuterà anche alla ministeriale Nato, a Berlino, presente il segretario di Stato Usa Hillary Clinton.

Le possibili soluzioni, a questo punto, non sembrano però più limitate al semplice “prima Gheddafi se ne va, poi discutiamo”.

Non osiamo pensare a quei poveri “interventisti democratici” dell'ultim'ora, se dovesse restare comunque quel “mostro” di Gheddafi (sia pure figlio) alla guida di Tripoli.

Che faranno? Prenderanno i barconi degli scafisti per andare comunque a combatterlo? Sentenzieranno dolenti sull'”ipocrisia” della Nato e dell'Europa? La seconda che detto...

Fonte www.contropiano.org

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