domenica 24 febbraio 2013
Rinnovabili, soprattutto solare: in Italia ora è possibile una rapida rivoluzione
Il V° conto energia per gli impianti fotovoltaici terminerà sicuramente prima della fine dell’ estate. Infatti non sarà più valido un mese dopo il raggiungimento di 6,7 miliardi di euro di incentivi annui e il 23 febbraio 2013 il contatore del sito del GSE che somma gli incentivi annui di tutti i conti energia che sono stati in vigore dal 2005 segna 6.565.400.000 euro.
Secondo le indicazioni politiche presenti nel maggio 2011, solo due anni fa ma da quel momento due governi hanno terminato il loro mandato, una volta scaduto questo conto energia non dovrebbero essere più concessi incentivi a coloro che installano impianti fotovoltaici.
Con il V° conto energia un impianto domestico con 3 kw di potenza di picco, che in Italia produce in media qualcosa in più di 3.000 KWh di energia elettrica l’ anno, riscuote almeno 500-700 euro annui di incentivi statali che in linea di massima ripagano in 10 anni il costo dell’ impianto e assicurano per i rimanenti 10 anni di incentivi un guadagno di alcune migliaia di euro. Il passaggio da questo conto energia che assicura più di 10.000 euro di incentivo a un impianto fotovoltaico domestico medio, ad una legislazione che preveda zero euro di incentivo pare senza dubbio esagerato e sarebbe auspicabile fossero istituite altre forme di aiuto economico a chi vuole usare questa tecnologia non inquinante.
Ma l’ aiuto alla tecnologia fotovoltaica, e rinnovabile in generale, non deve essere necessariamente solo un incentivo economico a chi la installa. Uno studio del Lawrence Berkeley National Laboratory spiega perché un impianto fotovoltaico “chiavi in mano” in Germania costi 3 $/W e negli USA invece ben 6,19 $/W. Secondo il rapporto questo avviene non tanto perché gli installatori tedeschi pagano meno dei colleghi statunitensi moduli, componenti e manodopera: la differenza si ha sui cosiddetti “soft costs” come procedure autorizzative, acquisizione di clienti, marketing e advertising, che sono più alte negli States, dove cittadini e istituzioni sono meno abituati al solare. La conclusione è che “ quando le rinnovabili entrano nella cultura e nella quotidianità di un popolo e delle istituzioni i costi calano sensibilmente ”. Insomma se ci fosse più, e migliore, informazione, se si diffondesse una conoscenza popolare delle energie rinnovabili, si risparmierebbero incentivi, polemiche e una spesa maggiore per le bollette elettriche.
In occasione del referendum del 2011 contro le centrali nucleari si saldò un fronte contrario all’ atomo che comprendeva imprese del settore delle rinnovabili, ambientalisti, forze politiche e sociali, comitati territoriali. Il risultato fu un successo nettissimo e da anni non veniva raggiunto il quorum in occasione dei referendum.
Questo fronte che si è unito contro il nucleare è però solitamente frammentato e soprattutto sono diverse le conoscenze e le competenze dei diversi segmenti che lo compongono. Così tutto il settore degli addetti alle imprese delle rinnovabili ignora in genere i problemi gravissimi del clima, il processo del picco petrolifero e l’ inquinamento del carbone e delle altre fonti fossili. Gli ambientalisti superstiti, ma ancora diffusi in tutta Italia, ignorano invece il livello già notevole raggiunto dalla tecnologia rinnovabile che potrebbe già ora sostituire gran parte degli impianti da fonti fossili.
Con la presenza in Parlamento delle decine di deputati del Movimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia e Liberta e, speriamo, Rivoluzione Civile potrebbe riproporsi il processo virtuoso che si è verificato in occasione del referendum nucleare e potrebbe nascere una poderosa campagna nel paese per una legge che aiuti lo sviluppo del Fotovoltaico. In questo modo l’ eccezionale risultato ottenuto dall’ Italia in questi 7-8 anni di conti energia, il 6% dell’ energia elettrica totale oggi è prodotta da impianti fotovoltaici, potrebbe trasformarsi in una vera e propria rivoluzione e il nostro paese, in un momento difficile della sua economia, potrebbe diventare un esempio per questo cambio di paradigma che è ineluttabile e necessario.
Ma ne riparleremo, e lo capiremo, nelle prossime settimane appena i nuovi entrati in Parlamento si saranno ambientati un minimo nel nuovo compito. Ci saranno deputati competenti e altri meno, ma Rivoluzione Civile, Sinistra Ecologia e Libertà e soprattutto il Movimento 5 Stelle daranno al tema della rivoluzione energetica in Italia una spinta eccezionale e in questo momento inaspettata, una situazione completamente diversa da quella presente in Parlamento la precedente legislatura.
http://blog.libero.it/infoenergia/
domenica 17 febbraio 2013
Video incontro "Ditelo prima !" organizzato dalla Rete No War e peacelink con candidati alle prossime elezioni politiche
A questo link è possibile vedere la registrazione dell' incontro sul tema della guerra e spese militari " Ditelo prima! " organizzato il 15 febbraio dalla rete No War e Peacelink con candidati alle prossime elezioni politiche .
http://www.livestream.com/peacelinkonair
Intervenuti Movimento 5 Stelle, Partito Comunista dei Lavoratori , Sinistra Ecologia e Libertà, Rivoluzione Civile.
Hanno introdotto Marinella Correggia (Rete No War e www.sibialiria.org ) e Nella Ginatempo (Rete No War)
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sabato 16 febbraio 2013
No War : Unione Europea illegale se arma ribelli siriani
COMUNICATO STAMPA
ALL’UNIONE EUROPEA:E’ UN ATTO ILLEGALE ARMARE LE OPPOSIZIONI SIRIANE! Agite invece per la pace!
TERZI, MINISTRO DIMISSIONARIO, NON PUÒ PRENDERE UNA DECISIONE COSI’ GRAVE!
I gruppi pacifisti Rete No War-Roma, Peacelink e Comitato contro la guerra-Milano hanno mandato al ministro Terzi e agli europarlamentari italiani una protesta preventiva rispetto all'ipotesi che il 18 febbraio alla riunione dei ministri degli Esteri europei si decida di armare gli oppositori in Siria, come richiesto dalla Gran Bretagna, rimuovendo dunque l'embargo sulle armi in vigore nei confronti del paese.
Armare attori impegnati contro un governo riconosciuto è un atto illegale dal punto di vista del diritto internazionale. In particolare i gruppi chiedono al ministro dimissionario Terzi di non appoggiare un atto così grave. I gruppi in questione chiedono invece all'Unione Europea, premio Nobel per la pace, di rimuovere le sanzioni civili che colpiscono la popolazione siriana, e di agire per il dialogo e una soluzione negoziale.
Qui di seguito il testo mandato a Terzi e agli europarlamentari.
Condanniamo con fermezza ogni tentativo da parte dei Ministri degli Esteri dell'Unione Europea, che si riuniscono il 18 febbraio a Bruxelles, di rendere formalmente possibile l’invio di armi all’opposizione siriana come proposto dalla Gran Bretagna. Finora questo appoggio armato diretto è stato ostacolato da un embargo europeo sulle armi dirette in Siria. Lo scorso dicembre l’embargo è stato prorogato per soli tre mesi, in sede UE. Chiediamo che esso sia rinnovato.
Chiediamo invece di rimuovere le sanzioni economiche civili, che colpiscono il popolo siriano.
Ricordiamo ai rappresentanti politici dei cittadini europei, nonché recipienti del Premio Nobel per la pace 2012, che è vietato dal diritto internazionale riconoscere e ancor più armare gruppi che si oppongono a un governo riconosciuto.
Invitiamo, come cittadini italiani, il ministro “tecnico” del governo dimissionario italiano a non prendere decisioni così gravi che impedirebbero qualunque spiraglio negoziale. Se l'infausta proposta UE dovesse essere approvata e se dovessero essere inviate armi europee ad alimentare il conflitto, il sangue dei siriani, che scorrerà sempre di più, sarà anche sulle mani dei cittadini europei.
Ricordiamo inoltre al ministro Terzi che l’art. 286 del Codice penale italiano punisce con l’ergastolo “Chiunque commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato” [c.p. 4], norma che, per analogia, dovrebbe applicarsi anche a paesi terzi. In Siria, armare i gruppi dell’opposizione equivale a fomentare la guerra civile e settaria che essi portano avanti, invece di sostenere il piano di pace di Kofi Annan, fatto suo dall'attuale inviato ONU Lakhdar Brahimi.
Rete No War-Roma (www.sibialiria.org )
Peacelink (www.peacelink.it
Comitato contro la guerra-Milano
ALL’UNIONE EUROPEA:E’ UN ATTO ILLEGALE ARMARE LE OPPOSIZIONI SIRIANE! Agite invece per la pace!
TERZI, MINISTRO DIMISSIONARIO, NON PUÒ PRENDERE UNA DECISIONE COSI’ GRAVE!
I gruppi pacifisti Rete No War-Roma, Peacelink e Comitato contro la guerra-Milano hanno mandato al ministro Terzi e agli europarlamentari italiani una protesta preventiva rispetto all'ipotesi che il 18 febbraio alla riunione dei ministri degli Esteri europei si decida di armare gli oppositori in Siria, come richiesto dalla Gran Bretagna, rimuovendo dunque l'embargo sulle armi in vigore nei confronti del paese.
Armare attori impegnati contro un governo riconosciuto è un atto illegale dal punto di vista del diritto internazionale. In particolare i gruppi chiedono al ministro dimissionario Terzi di non appoggiare un atto così grave. I gruppi in questione chiedono invece all'Unione Europea, premio Nobel per la pace, di rimuovere le sanzioni civili che colpiscono la popolazione siriana, e di agire per il dialogo e una soluzione negoziale.
Qui di seguito il testo mandato a Terzi e agli europarlamentari.
Condanniamo con fermezza ogni tentativo da parte dei Ministri degli Esteri dell'Unione Europea, che si riuniscono il 18 febbraio a Bruxelles, di rendere formalmente possibile l’invio di armi all’opposizione siriana come proposto dalla Gran Bretagna. Finora questo appoggio armato diretto è stato ostacolato da un embargo europeo sulle armi dirette in Siria. Lo scorso dicembre l’embargo è stato prorogato per soli tre mesi, in sede UE. Chiediamo che esso sia rinnovato.
Chiediamo invece di rimuovere le sanzioni economiche civili, che colpiscono il popolo siriano.
Ricordiamo ai rappresentanti politici dei cittadini europei, nonché recipienti del Premio Nobel per la pace 2012, che è vietato dal diritto internazionale riconoscere e ancor più armare gruppi che si oppongono a un governo riconosciuto.
Invitiamo, come cittadini italiani, il ministro “tecnico” del governo dimissionario italiano a non prendere decisioni così gravi che impedirebbero qualunque spiraglio negoziale. Se l'infausta proposta UE dovesse essere approvata e se dovessero essere inviate armi europee ad alimentare il conflitto, il sangue dei siriani, che scorrerà sempre di più, sarà anche sulle mani dei cittadini europei.
Ricordiamo inoltre al ministro Terzi che l’art. 286 del Codice penale italiano punisce con l’ergastolo “Chiunque commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato” [c.p. 4], norma che, per analogia, dovrebbe applicarsi anche a paesi terzi. In Siria, armare i gruppi dell’opposizione equivale a fomentare la guerra civile e settaria che essi portano avanti, invece di sostenere il piano di pace di Kofi Annan, fatto suo dall'attuale inviato ONU Lakhdar Brahimi.
Rete No War-Roma (www.sibialiria.org )
Peacelink (www.peacelink.it
Comitato contro la guerra-Milano
mercoledì 13 febbraio 2013
Khatib, Coalizione Siriana, disposto ad incontrare Assad ?
Questa,se confermata, è una notizia nuova e importante. Si dovrebbe trattare solo di un messaggio su facebook, ma il silenzio generale su una affermazione del genere e' una grande omissione interessata.
marco
Il leader dell'opposizione siriana Ahmad Moaz Al-Khatib pronto a parlare con Assad
Redazione Online
11.02.2013, 15:55
Il capo della Coalizione Nazionale dell'opposizione siriana Ahmad Moaz Al-Khatib si è mostrato disponibile ad avere colloqui con il presidente Bashar Assad. Il tema dei colloqui dovrebbe essere quello di cercare soluzioni per il passaggio di potere col "minimo spargimento di sangue e meno danni", ha scritto Al-Khatib sulla sua pagina ufficiale su Facebook. Il luogo di incontro proposto è nel nord del Paese, dato che secondo l'oppositore "le autorità sono preoccupate dal conservare la loro sovranità e temono di lasciare il territorio siriano."
http://italian.ruvr.ru/2013_02_11/Il-leader-dellopposizione-siriana-Ahmad-Moaz-Al-Khatib-pronto-a-parlare-con-Assad/
Siria, due massacri manipolati e altri due occultati
Due massacri manipolati e altri due occultati
12 febbraio 2013
di Marinella Correggia, Pierangela Zanzottera
Fra gennaio e gli inizi di febbraio 2013 si sono verificati in Siria diversi massacri, insieme a svariate esplosioni e stragi compiute da kamikaze (attentati che si sono intensificati, forse una strategia da parte dei gruppi armati per assumere più peso nei negoziati?). Invece di far tacere le armi e aprirsi al dialogo, c’è chi mostra tutta la volontà di intensificare la guerra.
In particolare a fine gennaio si sono verificate due tragedie, in perfetta coincidenza con un appuntamento istituzionale internazionale (in questo caso si trattava della presentazione della relazione di Lahdar Brahimi sugli ultimi incontri a proposito di Siria di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite).
Tuttavia i nostri media, esattamente come quasi tutti i media internazionali, ne hanno selezionato uno solo, trattandolo alla loro maniera, e hanno scelto di passare l'altro sotto silenzio. E’ accaduto anche per altri due massacri.
Perché? Sembra essere una domanda più che legittima in questa situazione di propaganda mediatica.
In ognuno dei casi si tratta di vittime civili, molte vittime civili (tra le 60 e le 100 persone); tutte le stragi sono avvenute nei pressi di luoghi chiave di questa crisi siriana.
Allora, viene da chiedersi, con quale criterio è stato deciso di dare spazio a una notizia piuttosto che un'altra? Vediamone le differenze.
I corpi sul fiume Queiq, ad Aleppo…
Quello che è accaduto ad Aleppo è abbastanza noto, in particolare a chi segue, anche solo approssimativamente, la tragedia siriana: almeno 80 corpi, tra cui 5 bambini, sono stati ritrovati sulle rive del piccolo fiume Queiq, nella zona di Bustan al-Qasr, si trattava per lo più di giovani, molti con le mani legate, uccisi da colpi ravvicinati (in genere alla testa). Le fonti dell’opposizione che hanno ripreso i corpi in un video e lo hanno diffuso, hanno parlato di un nuovo crimine del governo di Assad, e media hanno accreditato questa versione. Poiché la zona del rinvenimento si trova nelle mani dei gruppi armati dell’opposizione (http://www.reuters.com/article/2013/01/29/us-syria-crisis-idUSBRE90S0GU20130129) i portavoce di questi gruppi, e il solito l’Osservatorio siriano per i diritti umani con base a Londra, hanno sostenuto che i corpi fossero arrivati lì portati al fiume, che prima di giungere a Bustam al-Qasr, attraverso quartieri in mano governativa. Il portavoce dell’Unione dei Comitati di coordinamento Mohammad al-Halabi ha detto: “E’ il massacro numero 113 ad Aleppo e tutti sono stati perpetrati contro sunniti”. Un altro miliziano, Abu Sada, ha dichiarato (http://internacional.elpais.com/internacional/2013/01/29/actualidad/1359464297_719664.html): “Stamattina siamo stati informati dai residenti circa la presenza dei corpi nel rio: quando abbiamo iniziato a toglierli ci siamo accorti che erano oltre 50”. E secondo un altro miliziano, Abu Anas, “sono stati uccisi nella zona controllata dal regime e gettati nel fiume, magari diversi giorni fa perché la corrente non è forte”.
Il giorno dopo, la stessa Reuters e il francese Le Figaro hanno riportato la versione dei media ufficiali siriani, i quali hanno mostrato che la portata del rio non era tale da trascinare corpi per interi quartieri, tanto più che in alcuni punti erano state poste delle grate di ferro. Inoltre alcune famiglie avrebbero identificato i corpi di loro parenti, rapiti da gruppi jihadisti.
Già il 23 gennaio, in effetti, alcuni siti siriani (è bene precisare non filogovernativi) avevano segnalato che il gruppo terrorista Jabhat al-Nusra aveva occupato alcuni edifici e strutture, tra cui una scuola, nel quartiere di Bustan al-Kasr, mentre altre zone limitrofe erano finite sotto il controllo delle bande della Brigata al-Tawhid e del Levante. Fonti locali avevano denunciato in quell'occasione il rapimento di 400-500 persone, la maggior parte dei quali simpatizzanti del governo.
Una cinquantina di loro sarebbero stati giustiziati sommariamente dai gruppi islamisti e sepolti nelle zone agricole di Karam-Kasser in una fossa comune.
…e il massacro di ‘Amiriyah
In un piccolo villaggio, a circa 25 chilometri a est di Homs, dopo lunghi giorni di assedio, le brigate jihadiste di al-Faruq e Khaled Bin al-Walid (entrambe divenute note nel corso di questi mesi per crimini agghiaccianti commessi contro le minoranze religiose di Homs) hanno preso d'assalto la popolazione uccidendo e ferendo un centinaio di persone, come segnalato da fonti mediche dell'ospedale locale che ha accolto le vittime (http://www.youtube.com/watch?v=MB6tZ6kOl14;http://www.youtube.com/watch?v=vFBA63CvmyQ).
Secondo un sopravvissuto, intervistato dal giornale giordano online Akhbar al-Balad, 20 vetture dotate di mitragliatrici hanno preso d'assalto il villaggio di 'Amiriyah e hanno aperto il fuoco indiscriminatamente sui civili. Fortunatamente molte donne e bambini erano stati fatti fuggire nelle ore immediatamente precedenti attraverso strade secondarie nel vicino villaggio di Ghasibiyye.
Un altro superstite ha raccontato che era stato richiesto l'intervento dell'esercito siriano, ma le forze dell'ordine sono arrivate troppo tardi (http://www.youtube.com/watch?v=SnVpvG0Zoc).
Su una delle tante pagine Facebook dedicate alla "rivolta", qualcuno ha scritto che "il villaggio alawita è stato ripulito", confermando la tesi secondo la quale la popolazione è stata, ancora una volta sterminata, unicamente perché di fede alawita.
E proprio in questo "dettaglio" sta la piccola-grande differenza tra la prima e la seconda strage: nel primo caso si trattava di vittime sunnite, quindi – per quei superficiali e generalisti che ritengono che tutti i sunniti debbano obbligatoriamente sostenere il cambio di governo in Siria – "utili" ai fini della campagna mediatica contro il governo siriano; nel secondo caso, dove
tutte le vittime sono alawite, "fratelli di sangue" del presidente siriano Bashar al-Assad, queste morti non sono considerate utilizzabile mediaticamente nel gioco di ambiguità e, quindi, non abbastanza degne di essere denunciate dai nostri media.
Il massacro degli operai…
Da una strage manipolata a una trascurata a una sottaciuta.
Giovedì 7 febbraio un attentatore suicida alla guida di un minibus si è scagliato contro un convoglio di autobus che stavano riportando alle loro abitazioni dei lavoratori.
Ci sono voluti l'equivalente di due tonnellate di esplosivo per spezzare la vita di queste persone.
La maggior parte delle vittime proveniva dai villaggi di Tal-Durra e Al-Kafat, inizialmente si parlava di 30 morti e 200 feriti, ma già la mattina successiva il bilancio delle vittime è salito a 100 (addirittura 113 per altre fonti) e dei 200 feriti molti sono ancora in gravissime condizioni.
Le bande criminali hanno sparato anche contro l'ambulanza che stava accorrendo per prestare i primi soccorsi.
Nei ventidue mesi di tragedia siriana, si sono già verificati molti casi di attentati a bus che trasportavano lavoratori. Uno dei primi risale al 6 settembre 2011, quando un minibus che stava portando al lavoro ingegneri della ditta petrolifera cittadina è stato colpito da un attentato. Allora il bilancio era stato di 4 morti e 6 feriti, tutti cristiani e alawiti, provenienti da un quartiere notoriamente filogovernativo.
Ora l'esito degli attentati è diventato ben più grave: oltre 100 vite spezzate e immediatamente dimenticate, che si vanno ad unire alle centinaia di 'Amiriyah, alle centinaia di Aleppo, ai dispersi di Aqrab, al numero impressionante di morti, dispersi, rapiti di cui nessuno sembra volersi ricordare.
…e la strage degli universitari di Aleppo
Il 15 gennaio, primo giorno degli esami semestrali universitari, esplosioni vicino alla Facoltà di Architettura e al dormitorio dell’università di Aleppo (nel quale avevano trovato ricovero anche diversi civili costretti a lasciare le loro abitazioni nelle aree residenziali colpite dagli scontri) causano 83 morti e oltre 160 feriti. L’università si trova in una zona controllata dal governo. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organo dell’opposizione, da Londra non fornisce dettagli circa le cause. La portavoce del Dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland attribuisce la strage a un bombardamento dell’aviazione, ripetendo le accuse dei Comitati di coordinamento locale (Ccl) dell’opposizione; le sue parole sono definite “blasfeme” dal ministro degli esteri russo Lavrov. Il governo accusa gruppi terroristi.
Fonti vicine all’opposizione sostengono che si sia trattato di un attacco aereo ma erroneo, non intenzionale (vero obiettivo sarebbero stati dei miliziani armati), oppure che il pilota abbia fatto defezione, o infine che a fare la strage siano stati i gruppi dell’opposizione, ma con una traiettoria deviata.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1289
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martedì 12 febbraio 2013
Napoli, 15 febbraio, Assemblea contro la guerra No War Napoli - Giù le mani dalla Siria -
Assemblea contro la guerra -
Interventi
Mostafa El Ayoubi - Caporedattore della rivista “Confronti
Rete No War Napoli Comitato “Giù le mani dalla Siria”
Venerdì 15 - ore 16, 30
via Mezzocannone 16
Napoli
Basta
guerre
Basta spese militari
Contro l’imperialismo
del governo italiano
Il
vergognoso “ordine del giorno” del Parlamento italiano che autorizza l’invio di
istruttori militari, aerei, finanziamenti e “supporto logistico” per la nuova
guerra nel Mali necessita di una pronta mobilitazione contro il
ruolo imperialista del nostro Paese.
Una
politica di aggressione che ha già determinato la distruzione della Libia e che
si estrinseca oggi anche nell’appoggio diplomatico, militare ed economico ai
mercenari che stanno insanguinando la Siria (tra l’altro, quegli stessi
“jihadisti” che a febbraio saranno ospitati ufficialmente alla Farnesina e che
oggi l’Occidente dichiara di volere combattere in Mali).
Contro
questa politica criminale, costellata da distruzioni, morti, crescenti spese
militari, assolutamente insufficiente è la mobilitazione dei movimenti che pure
si battono contro il governo Monti-Bersani-Alfano-Casini, forse perché, tra
questi, (così come è stato ieri per la Libia e oggi per la Siria) c’è ancora chi
si illude che dalla distruzione (in un modo o nell’altro) di un qualche “stato
canaglia” possa sprigionarsi un’altra “primavera araba”.
E così
non pochi hanno chiuso gli occhi sulle infami manovre del nostro governo che ha
dapprima rotto le relazioni diplomatiche con Damasco, poi comminato sanzioni
(che hanno gettato nella fame la popolazione siriana), poi riconosciuto
ufficialmente i “ribelli” (prima quelli del CNS ora quelli della Coalizione)
quali “legittimi rappresentanti del popolo siriano”, poi ha inviato, più o meno
nascostamente, soldi, armi e mercenari (come i quattro arrestati ad agosto alla
frontiera con il Libano), poi ha negato il visto di ingresso a parlamentari
siriani venuti ad incontrare loro colleghi italiani, poi ha spalleggiato la
Turchia nelle sue provocazioni ed appoggiato lo schieramento dei Patriot ai
confini con la Siria.
A
giustificazione della propria indifferenza, se non del proprio appoggio, non
pochi continuano a dare credito alle “notizie” di “armi di distruzioni di massa”
in mano ad Assad o ai “bombardamenti indiscriminati sulla popolazione” che
continuano ad inondare i nostri mass media; ignorando o sottacendo volutamente
le ormai centinaia di autobombe fatte esplodere (nei mercati, nelle strade,
davanti gli ospedali...) dai “ribelli”, le migliaia di civili inermi assassinati
per non essersi schierati contro Assad, le centinaia di migliaia di profughi che
scappano dalla guerra e dalla pulizia etnica e religiosa imposta dai “ribelli”.
Non c’è
dubbio che Assad, come ieri Gheddafi o Saddam, si è macchiato di crimini verso
il proprio popolo, ma i maggiori terroristi e dittatori (del capitale) sono i
nostri governanti che vestendo i panni della difesa della democrazia
intervengono con le armi più micidiali non per colpire i regimi o i
fondamentalisti islamici, con cui hanno abbondantemente collaborato e
collaborano quando gli conviene, bensì per mettere le mani sulle risorse e le
massa di proletari di questi Paesi da sfruttare per il loro profitto e, nello
stesso tempo, ostacolare una efficace lotta per un cambiamento non subordinato
agli interessi occidentali e all’islamismo reazionario.
La
lotta contro gli attacchi del governo alle nostre condizioni di vita e di
lavoro e contro i tagli che rendono precaria la nostra stessa sopravvivenza,
deve andare di pari passo con l’opposizione alla politica imperialista di
distruzione e sfruttamento verso i popoli di questi Paesi.
Per
discutere su questi punti e rilanciare un movimento contro la guerra, la Rete No
War di Napoli, facendo proprio l’appello “Giù le Mani dalla Siria” dell’estate
2012 indice una
ASSEMBLEA
15 febbraio 2013, ore
16,30
Napoli, via Mezzocannone
16,
Interventi:
Mostafa
El Ayoubi - Caporedattore della rivista “Confronti”
Rete No
War Napoli Comitato “Giù
le mani dalla Siria”
Siamo anche su Facebook nel Gruppo “Siria: No ad un’altra Libia”
sabato 9 febbraio 2013
"Ditelo prima!". Roma 15 febbraio, i 4 punti della rete No War per una politica estera davvero di pace
"Ditelo prima!”. I quattro punti della Rete No War per una politica estera davvero di pace
6 febbraio 2013
Contributo all'incontro “Ditelo Prima!” indetto per il15-2-2013, ore
17, presso il CESV a Roma, tra NoWar-Roma, NoMUOS-Roma, Peacelink e i candidati al Parlamento sensibili al tema della pace
17, presso il CESV a Roma, tra NoWar-Roma, NoMUOS-Roma, Peacelink e i candidati al Parlamento sensibili al tema della pace
Ancora una volta la guerra è tornata nella storia. Dietro il cavallo di troia dei diritti umani, l'Italia si lancia in ripetute guerre “umanitarie”, ultimo travestimento delle conquiste imperialiste. Una politica estera di pace, invece, dovrebbe avere, come primo caposaldo, il rifiuto di ogni ingerenza armata in paesi terzi, comunque motivata, anche da presunte o vere violenze contro i diritti umani. La violenza non si combatte con la violenza bensì, ha insegnato Mandela, con i mezzi pacifici.
La nostra piattaforma di pace si articola in quattro punti. Ognuno rappresenta una svolta decisiva.
1. Svolta rispetto ai conflitti armati in cui l'Italia è (o è stata) coinvolta. Bisogna:
– MALI: condannare l'attacco della Francia (nemmeno “autorizzato” dall'ONU!) invece di sostenerlo;
– AFGHANISTAN: ritirarsi ora, risarcire il paese, invece di continuare a uccidere per un anno o più;
– SIRIA: premere per un cessate il fuoco e il negoziato tra tutte le forze, anziché fornire aiuti militari ai gruppi armati e un appoggio politico-economico al loro braccio politico (il CNS, poi la “Coalizione”);
– LIBIA: riconoscere i crimini nostri e della NATO, commessi in spregio al mandato ONU; risarcire le vittime; considerare rifugiati gli esuli; svelare gli interessi dietro le falsità raccontate in coro dai media.
INFINE: ripudiare la "guerra permanente" americana, rifiutando ogni collaborazione. Ad es., chiudendo le basi USA come quelle “Africom” a Vicenza e a Napoli, create per le future guerre USA in Africa.
2. Svolta nell'impiego delle risorse economiche per la difesa dell'Italia Bisogna:
– perseguire una politica di disarmo con la riconversione delle industrie belliche italiane;
– cancellare o rivedere i progetti più onerosi: caccia F-35 e JSF, elicotteri NH-90, navi Fremm, ecc.;
– revocare la L.244/12 che consente di riordinare le forze armate da forze di difesa in forze offensive.
– perseguire una politica di disarmo con la riconversione delle industrie belliche italiane;
– cancellare o rivedere i progetti più onerosi: caccia F-35 e JSF, elicotteri NH-90, navi Fremm, ecc.;
– revocare la L.244/12 che consente di riordinare le forze armate da forze di difesa in forze offensive.
3. Svolta nella tutela del territorio nazionale italiano Bisogna:
– usare i risparmi (punto 2) per bonificare i territori nazionali contaminati (Sardegna, Taranto, ecc.);
– negare a paesi terzi l'uso dei poligoni di tiro e ogni altra attività che contamini il territorio italiano;
– vietare sul territorio nazionale lo stoccaggio di armi nucleari o la costruzione dei nocivi radar MUOS.
– usare i risparmi (punto 2) per bonificare i territori nazionali contaminati (Sardegna, Taranto, ecc.);
– negare a paesi terzi l'uso dei poligoni di tiro e ogni altra attività che contamini il territorio italiano;
– vietare sul territorio nazionale lo stoccaggio di armi nucleari o la costruzione dei nocivi radar MUOS.
4. Svolta nella conduzione della politica estera italiana Bisogna:
– passare da “membro” a “partner” della NATO per non essere trascinati in guerre decise da altri;
– richiedere l'estradizione dei 23 agenti CIA condannati dai tribunali italiani e latitanti negli USA;
– recuperare il ruolo di “protagonista della pace” che l'Italia svolse durante parte del Rinascimento,
quando inventò la diplomazia internazionale e riuscì ad appianare tante controversie nel mondo.
– passare da “membro” a “partner” della NATO per non essere trascinati in guerre decise da altri;
– richiedere l'estradizione dei 23 agenti CIA condannati dai tribunali italiani e latitanti negli USA;
– recuperare il ruolo di “protagonista della pace” che l'Italia svolse durante parte del Rinascimento,
quando inventò la diplomazia internazionale e riuscì ad appianare tante controversie nel mondo.
Basta giocare di rimessa! Basta sudditanza! Basta guerre! Per una politica estera attiva di pace!
Dal sitio www.sibialiria.org
informazioni nowar@gmx.com
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giovedì 7 febbraio 2013
Infoenergia, un mio nuovo blog sulla rivoluzione energetica
Questo blog vuole informare sulla rivoluzione energetica cercando di orientare il lettore su un tema dove c'e' assenza di informazione, molta propaganda e tanta confusione.
Per farlo parto da alcune tesi, ancora tutte da dimostrare, ma delle quali in questo momento sono convintissimo.
Le tesi
-La rivoluzione energetica sarà velocissima, molto più di quanto, oggi nel 2013, tutti ci aspettiamo.
-L' informazione avrà un ruolo fondamentale sotto molti aspetti.
-La società che ruota attorno alla rivoluzione energetica è divisa in compartimenti stagni , ogni gruppo ignora informazioni conosciute da altri ambienti.
-Un' informazione migliore, che arrivi in tagli e modi diversi, può accelerare di moltissimo la rivoluzione.
La tecnologia attuale sarebbe già sufficiente ad un cambio di paradigma e molta altra nascerà e si adatterà nel corso della rivoluzione. Mio obiettivo sarà far circolare l' informazione sull' energia in modo adeguato per quantità, qualità, taglio, e per informazione non intendo solo quella sui vari media ma anche conferenze, volantini, seminari.
Vedremo se saprò cogliere qualche argomento/leva per sollevare meglio questa enorme rivoluzione energetica.
Marco Palombo
il blog è consultabile al link:
blog.libero.it/infoenergia/
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sabato 2 febbraio 2013
3 febbraio, la Siria non raccontata,incontro a Roma organizzato dall' Associazione Convergenza delle Culture
La Siria non raccontata
Domenica 3 febbraio, dalle ore 17,
presso gli spazi del Cielo Sopra l'Esquilino a Via Galilei 57 a Roma (vicino la fermata della metro Manzoni),
l'associazione Convergenza delle Culture organizza un incontro dedicato alla Siria e all'attuale contesto socio-politico che sta attraversando.
Nuovi spunti di riflessione nasceranno dall'incontro di più esperienze.
A raccontare la Siria saranno una coppia italo-siriana, gli attivisti della rete No War e i membri di Convergenza delle Culture.
Verrà inoltre presentata la testimonianza di Madre Agnès de la Croix, suora attivista in Siria, di cui verrà proiettata un'interessante intervista.
Scopo dell'iniziativa è creare una nuova occasione per confrontarsi e informarsi su un tema delicato e complesso,
spesso raccontato a una voce sola: la Siria e ciò che nel paese si sta vivendo ed affrontando.
Locandina: http://tinyurl.com/siria-3-feb
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