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SIRIA, LE NOTIZIE DAL 26 DICEMBRE 2012 AL 27 GENNAIO 2013
GUERRA IN SIRIA DI NUOVO IN SECONDO PIANO A CAUSA DELLA GUERRA FRANCESE IN MALI
Per vari motivi nelle ultime settimane non ho potuto scrivere il mio consueto notiziario sulla crisi siriana ma ho voluto assolutamente inviare queste righe sull' ultimo mese perche' la guerra in Mali ha nuovamente fatto passare in secondo piano sui media la guerra in Siria e perchè la continuità dell' informazione è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per capire quello che sta avvenendo nel paese mediorientale ormai da quasi due anni.
A CHE PUNTO E' LA RICERCA DI UNA SOLUZIONE NEGOZIATA ALLA CRISI E ALLA GUERRA SIRIANA
Negli ultimi dieci giorni del 2012 l' incaricato dell'ONU e della Lega Araba Brahimi ha illustrato alle parti coinvolte nel conflitto siriano, e il 27 dicembre anche all' opinione pubblica mondiale, un suo piano di pace.
La proposta è stata resa pubblica in una conferenza stampa a Damasco ed e' basata sulle conclusioni approvate alla Conferenza di Pace di Ginevra il 30 giugno 2012 a cui parteciparono i cinque paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU e alcune potenze regionali del Medio Oriente.
Il piano di Brahimi prevede un governo di transizione composto da forze di opposizione e forze che invece in questo momento sostengono il governo siriano. Assad rimane Presidente della Repubblica fino alle prossime elezioni presidenziali previste nel 2014, ma in questa scadenza elettorale non deve presentare la propria candidatura e deve abbandonare la vita politica siriana. Assad ha rifiutato questa prospettiva continuando a sostenere che solo i siriani possono scegliere il loro futuro e la Russia condivide questo giudizio. L' opposizione della Coalizione Siriana ha respinto a sua volta il piano perche' questo coordinamento non prende neanche in considerazione l' idea di trattare con Assad e quindi nemmeno discute la possibilità di lasciarlo Presidente anche se solo per un anno.
Comunque a fine 2012 a Mosca, Damasco e il Cairo, si sono svolti una serie di incontri, alcuni dei quali su iniziativa russa, per discutere questa proposta e come portarla avanti. Brahimi ha incontrato al Cairo Khatib, leader della Coalizione Siriana (22 dicembre), a Damasco ha visto Assad (24 dic.) e il ministro degli esteri siriano ( 25 dic.). A Mosca diplomatici russi hanno parlato con il vice ministro degli esteri siriano (26 dic.), il ministro degli esteri russo Lavrov ha incontrato il suo collega egiziano Amri (27 dic.) e Brahimi ( 29 dic.).
La Russia ha cercato di incontrare anche la Coalizione Siriana ma il suo leader Khatib ha rifiutato Mosca come sede del colloquio ed ha suggerito la capitale di un paese arabo, nei giorni successivi però non si è avuta più nessuna notizia di questo eventuale incontro.
IL 6 GENNAIO ASSAD HA PROPOSTO UN SUO PIANO DI PACE IN UN DISCORSO TELEVISIVO ALLA NAZIONE
Domenica 6 gennaio Assad ha presentato un suo percorso per una soluzione negoziata alla crisi, a questo link trovate un' ampia sintesi del suo discorso
http://www.marx21.it/internazionale/medio-oriente-e-nord-africa/8275-i-punti-salienti-del-discorso-di-bashar-al-assad-6-gennaio-2013-.html
La proposta del Presidente siriano è stata banalizzata, distorta e sostanzialmente respinta da tutti, compreso Brahimi, ma questa dava una forma ufficiale e strutturata a posizioni più volte espresse da lui e dal suo governo. Assad continua a definire l' opposizione armata come terrorista e ispirata dall' estero e considera molto marginale la partecipazione autenticamente siriana alla guerra, che rifiuta di chiamare civile.
Però non esclude, anzi auspica, di trattare con l' opposizione veramente siriana, anche se solo dopo che questa ha abbandonato le armi, e promette di non perseguire chi ha combattuto contro il suo governo e di discutere con tutti i siriani il futuro del paese. Ricordo che in questi due anni di crisi sono state varate alcune riforme politiche fondamentali e ufficialmente è stato riconosciuto il pluralismo politico.
Brahimi in pratica ha bocciato la proposta di Assad, chiedendo una discontinuità vera della situazione del paese e non di facciata. Di fatto ritiene chiusa l' era del Presidente e vuole discutere solo come sarà la sua uscita di scena che da per scontata, cosa che non fece a settembre al momento di iniziare il suo mandato.
INIZIATIVE E DICHIARAZIONI DELLE DIVERSE OPPOSIZIONI AD ASSAD
Attorno al 20 gennaio è saltata ad Istambul una riunione dell' opposizione siriana, definita solo così ma sicuramente considerando esclusivamente la Coalizione Nazionale, che avrebbe dovuto costituire un governo all' estero in contrapposizione a quello attuale di Damasco. Sono emersi contrasti nella formazione di questo esecutivo e una commissione di dieci persone preparerà una proposta che sarà discussa probabilmente a Parigi a fine gennaio. Tra i possibili presidenti di questo governo provvisorio si fa il nome di Haijab, ex premier fuggito all' estero l' estate scorsa.
Quasi contemporaneamente a Ginevra si riunirà il 28 gennaio l' opposizione siriana che non pratica la lotta armata e che auspica una Siria laica e democratica. Una riunione di questa area era prevista a Roma, presso la Comunità di Sant' Egidio, il 17-18 dicembre 2012, ma forti pressioni, probabilmente del governo italiano, hanno indotto la comunità romana ad annullare l' incontro con la motivazione che questo avrebbe disturbato il summit del 12 dicembre in Marocco dei paesi "Amici della Siria".
A questo link un intervista che spiega le posizioni di questa opposizione non riconosciuta dai paesi occidentali :
http://www.pressenza.com/it/2013/01/per-una-siria-democratica-e-uno-stato-basato-sulla-cittadinanza/
Su Le Monde è stata pubblicata un' intervista al generale siriano Tlass fuggito all' estero alcuni mesi fa e indicato in alcuni momenti come un possibile leader nella Siria post Assad. Il generale prospetta diversi scenari ma afferma nettamente che "...se il caos sconfiggerà Assad, il caos rimarrà anche nel dopo Assad.." e indica come via di uscita una mediazione tra le componenti più moderate delle opposizioni e delle forze che sostengono in questo momento il governo siriano, facendo una significativa distinzione tra l' opposizione che si trova all' estero, l' opposizione che combatte con le armi e l' opposizione che è rimasta ad operare all' interno del territorio siriano, auspicando la partecipazione di tutte queste forze alla transizione. Un giudizio che sconfessa la legittimazione della Coalizione Nazionale come unica rappresentante del popolo siriano, posizione tenuta ferma dai paesi occidentali.
COSA E' SUCCESSO IN QUESTO MESE NEL PAESE
Anche se nelle ultime settimane sono diminuite le notizie di scontri armati in Siria non sembra diminuità l' intensità della violenza tanto che attorno a metà gennaio in una settimana sono stati annunciati 800 morti a causa della guerra. In un solo episodio nella Universita' di Aleppo sono morte 80 persone, quasi tutti studenti, e sulle responsabilità dell'accaduto anche questa volta ci sono reciproche accuse tra l' esercito siriano e i ribelli ed entrambe le parti hanno imputato la strage alla controparte. 70 persone sono rimaste uccise invece in scontri nel nord del paese tra curdi e gruppi dell' opposizione armata. I curdi sono stati individuati questa volta come appartenenti al partito comunista curdo PKK che opera in Turchia, i ribelli come combattenti islamici. Su Le Monde è apparsa nuovamente la notizia di uso di armi chimiche da parte governativa nella provincia di Homs nel mese di dicembre, un' episodio dato per certo ma citando in modo generico una fonte improbabile: "ambienti vicini ai servizi occidentali". Intanto e' stata quasi completata l' installazione dei missili Patriot in Turchia ai confini con la Siria, al momento del loro arrivo ci sono state proteste e sono stati arrestati 25 dimostranti turchi.
Nei giorni di Natale aveva fatto molto clamore la notizia di una strage nella città di Halfaya causata da un bombardamento governativo su mille persone che stavano facendo la fila per acquistare pane. Un articolo di M.Correggia, che e' circolato molto sul web, aveva contestato incongruenze nella ricostruzione dell' accaduto e la mancanza di prove mettendo in dubbio la completa veridicità dell' episodio. link
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1240
Dopo qualche giorno è giunta la conferma che su quanto successo ci sono versioni contrastanti anche negli stessi ambienti dell' opposizione e uno dei racconti che circolano parla di 47 morti, inizialmente la tv al Arabya aveva parlato di 300 vittime, quasi tutti combattenti islamici del Fronte Al Nusra rimasti uccisi dopo un attacco ad una base governativa. Nella zona non ci sarebbe stata nessuna panetteria, che infatti non era visibile nei video dove invece si poteva notare la presenza di soli uomini adulti tra le vittime.
INCONTRI DIVERSI PREVISTI NEL PROSSIMO FUTURO
KUWAIT:CONFERENZA SUI PROFUGHI IL 30 GENNAIO: a metà mese è stata nuovamente annunciata in Kuwait per il 30 gennaio una conferenza di paesi donatori sul tema dei rifugiati siriani. Un primo annuncio era stato fatto attorno al 20 dicembre ed avevo capito erroneamente che l' evento fosse previsto a fine 2012. Anche Putin aveva proposto di ospitare in Russia un incontro sullo stesso tema. Vedremo a fine mese quale sarà l' importanza effettiva di questo evento.
A ROMA, ENTRO MARZO, IL PROSSIMO INCONTRO DEI PAESI "AMICI DELLA SIRIA":
il prossimo incontro dei paesi "amici della Siria" e' previsto nel primo trimestre del 2013 a Roma, ancora non e' stata definita la data della riunione.
ROMA, 3 FEBBRAIO: "LA SIRIA NON RACCONTATA" Incontro organizzato dall' Associazione Umanista Convergenza delle Culture, Roma, via Galilei 57, ore 17.00. Testimonianze dalla Siria accompagnate da musica e cucina siriane.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1275
lunedì 28 gennaio 2013
mercoledì 23 gennaio 2013
Piattaforma Comunista: No all' intervento militare imperialista nel Mali ! No alla partecipazione italiana alla guerra neocoloniale !!!
Dal 10 gennaio è in corso nel Mali un intervento militare neocoloniale della Francia nella sua veste di «gendarme dell'Africa», sotto la copertura della vergognosa risoluzione 2085 approvata il 12 ottobre 2012 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha legittimato questa aggressione facendo ancora una volta dell'ONU uno strumento dell'imperialismo.
Il presidente della Commisione Europea Barroso ha espresso il suo sostegno all'operazione, così come hanno fatto l'Inghilterra e la Germania.
In Italia il dimissionario governo Monti, in carica soltanto per l'ordinaria amministrazione, ha deciso anch'esso di dare il suo appoggio all'aggressione francese, in aperta violazione dell'art. 11 della nostra Costituzione. Ma incostituzionale è l'atto stesso con cui il governo ha deciso di intervenire: far partecipare l'Italia ad una guerra è «ordinaria amministrazione»? Si tratta di un fatto senza precedenti. L'Italia fornirà alle forze armate
francesi in azione nel Mali un cosiddetto «supporto logistico», cioè metterà a disposizione basi aeree sul territorio italiano, droni, aerei C-130 per il trasferimento di uomini, mezzi e materiali, e «addestratori militari».
Il pretesto di questa nuova guerra? Come al solito, la «lotta contro il terrorismo», per «la difesa della democrazia». Una menzogna che non può nascondere il carattere neocolonialista dell'intervento, il quale - come quelli già avvenuti nella Costa d'Avorio e in Libia - mira a tutelare gli interessi economici e strategici dell'imperialismo internazionale, in primo luogo di quello francese, per l'accesso alle risorse energetiche di cui è ricco l'ex impero africano (gas, petrolio, uranio, metalli preziosi…).
Hollande, che nasconde dietro una cortina fumogena “antiterrorista” i veri scopi di questa guerra, ha deciso di impegnare nel Mali alcune centinaia di militari francesi, mezzi blindati, aerei e droni. Dal 14 gennaio l'aviazione francese sta martellando con i caccia Rafale la parte settentrionale del paese. Nelle operazioni sono impegnate, oltre alle forze speciali francesi, agenti dei servizi di intelligence occidentali e soldati di alcuni paesi africani governati da fantocci dell’imperialismo.
Sono entrate in azione anche unità della Legione Straniera.
«La battaglia sarà lunga», ha detto il ministro della Difesa francese Le Drian. E Hollande ha dichiarato che la guerra potrà durare «anche più di quattro mesi». L'internazionalizzazione della guerra destabilizzerà l'intera regione. Migliaia di persone stanno fuggendo dai bombardamenti e dai luoghi di combattimento. Già 15000 rifugiati e 230 000 profughi sono la conseguenza degli scontri armati. L’intervento imperialista non risolverà gli immensi problemi economici, politici e sociali che hanno gettato nella miseria i popoli di quelle regioni, ma li peggiorerà. Su questo terreno agiscono i gruppi jihadisti (finanziati dalle monarchie reazionarie del Golfo) che hanno potuto installarsi nel Nord del paese, e minacciano altre regioni africane, solo a causa dell'immensa miseria generata dal sistema capitalista e dalla sua politica neocolonialista, di cui sono complici i regimi locali corrotti.
Piattaforma Comunista chiama alla mobilitazione contro l’intervento imperialista in Mali e appoggia fermamente i rivoluzionari e le forze democratiche e patriottiche maliane che si oppongono ad ogni intervento straniero nei loro territori e che lottano per un Mali unito, democratico e laico, in marcia verso il socialismo.
I problemi del Mali debbono essere risolti solo dal popolo maliano nel pieno esercizio della sua sovranità e senza ingerenze straniere.
NO AL TRASFERIMENTO DI UOMINI, MEZZI E «ADDESTRATORI MILITARI» ITALIANI NEL MALI E IN AFRICA !
NO ALLA CONCESSIONE DI BASI AEREE SUL TERRITORIO ITALIANO PER ATTACCHI CONTRO IL MALI E ALTRE REGIONI AFRICANE !
LOTTA RIVOLUZIONARIA, IN ITALIA E NEL MONDO, CONTRO L'IMPERIALISMO !
18.1.2013 Piattaforma Comunista
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Sinistra Critica---Mali: l' Italia in un' altra guerra
Dichiarazione del Coordinamento nazionale di Sinistra Critica
Dopo le guerre “che esportavano democrazia”, quelle “umanitarie”, le cosiddette “operazioni di polizia internazionale” siamo alla guerra “tecnica contro il terrorismo globale”. La guerra dei “tecnici” al governo con l’appoggio di centrodestra e centrosinistra. Un governo dimissionario che dovrebbe occuparsi solo “dell’ordinaria amministrazione” ha già deciso il sostegno politico e logistico alla guerra francese in Mali. Evidentemente la guerra è diventata di “ordinaria amministrazione”. Il sostegno logistico italiano all’intervento francese in Mali, con la messa a disposizione di corpi speciali e della base militare in Sicilia, non è una semplice “cooperazione militare”. E’ l’occasione per partecipare all’ennesima avventura neocoloniale in Africa.
Prima si sono devastati economicamente e socialmente i paesi africani con le famigerate politiche di “aggiustamento strutturale” imposte dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario internazionale, si è stretto il cappio del debito con tassi di interesse insostenibili poi ci si presenta come “salvatori” a bordo dei cacciabombardieri. Il governo socialista francese, in continuità con i precedenti, non ha nessuna intenzione di venir meno al proprio ruolo di gendarme nell’Africa subsahariana. L’Algeria, in posizione subordinata alla Francia, concede lo spazio aereo ai cacciabombardieri e mira ad allargare la sua influenza intervenendo militarmente provocando un massacro di ostaggi.
L’Italia non vuole essere esclusa dalla possibilità di partecipare al saccheggio delle risorse naturali del Mali e del vicino Niger, di avere voce in capitolo nel controllo politico di quei governi africani, di testare sul campo nuove tecnologie militari, di essere sempre in prima fila nelle guerre della NATO e della UE per “salvaguardare” il suo ruolo e la sua presenza internazionale. Dopo i massacri iracheni e afgani si apre un nuovo teatro di guerra con la scusa di debellare il pericolo “dell’islam jihadista” dopo averne, nei fatti, favorito l’insediamento nel nord del Mali.
Il Forum sociale mondiale tenutosi nel 2006 in Mali, a Bamako (nella foto), aveva avviato in quel paese un processo di ricomposizione sociale e associativo con la speranza di combattere le politiche di rapina esterne e la corruzione interna. Il governo, con il sostegno dei paesi europei (Francia in prima fila), degli Usa e della Cina, lo ha ostacolato, represso e infine neutralizzato. Questa è la situazione e chi ne farà le spese, ne sta già facendo le spese, con morte, distruzione e repressione saranno ancora una volta le popolazioni civili. Come in Iraq e in Afghanistan non è attraverso l’intervento militare che le popolazioni del nord del Mali verranno liberate da ogni fondamentalismo. La crisi incombe e non si vedono soluzioni credibili, ed ecco che riappare l’opzione militare, l’economia a mano armata. Si taglia tutto, dalle pensioni all’istruzione ma non la produzione dei caccia F35, del satellite Sicral, dell’elicottero Combact Sar, dei sommergibili U212; si continuano a finanziare le missioni militari all’estero con tutto il carico di morte e distruzione al seguito; e intanto il ministro “tecnico” Di Paola ottiene un disegno di legge che garantirà alle forze armate italiane certezza di finanziamenti per il prossimo decennio.
Sinistra Critica è totalmente contraria a qualsiasi sostegno italiano (politico o militare) alla guerra francese in mali; sostiene le forze progressiste maliane che si oppongono alla guerra schierandosi con decisione per l’immediato e completo ritiro delle truppe italiane da ogni scenario di guerra a partire dall’Afghanistan; è per una drastica riduzione delle spese militari; per lo scioglimento dei corpi speciali di pronto intervento, per la chiusura delle basi militari italiane all’estero e di quelle straniere in Italia; per l’uscita dell’Italia dalla Nato .
Non è questo mondo che vogliamo, ne vogliamo un altro.
Prima si sono devastati economicamente e socialmente i paesi africani con le famigerate politiche di “aggiustamento strutturale” imposte dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario internazionale, si è stretto il cappio del debito con tassi di interesse insostenibili poi ci si presenta come “salvatori” a bordo dei cacciabombardieri. Il governo socialista francese, in continuità con i precedenti, non ha nessuna intenzione di venir meno al proprio ruolo di gendarme nell’Africa subsahariana. L’Algeria, in posizione subordinata alla Francia, concede lo spazio aereo ai cacciabombardieri e mira ad allargare la sua influenza intervenendo militarmente provocando un massacro di ostaggi.
L’Italia non vuole essere esclusa dalla possibilità di partecipare al saccheggio delle risorse naturali del Mali e del vicino Niger, di avere voce in capitolo nel controllo politico di quei governi africani, di testare sul campo nuove tecnologie militari, di essere sempre in prima fila nelle guerre della NATO e della UE per “salvaguardare” il suo ruolo e la sua presenza internazionale. Dopo i massacri iracheni e afgani si apre un nuovo teatro di guerra con la scusa di debellare il pericolo “dell’islam jihadista” dopo averne, nei fatti, favorito l’insediamento nel nord del Mali.
Il Forum sociale mondiale tenutosi nel 2006 in Mali, a Bamako (nella foto), aveva avviato in quel paese un processo di ricomposizione sociale e associativo con la speranza di combattere le politiche di rapina esterne e la corruzione interna. Il governo, con il sostegno dei paesi europei (Francia in prima fila), degli Usa e della Cina, lo ha ostacolato, represso e infine neutralizzato. Questa è la situazione e chi ne farà le spese, ne sta già facendo le spese, con morte, distruzione e repressione saranno ancora una volta le popolazioni civili. Come in Iraq e in Afghanistan non è attraverso l’intervento militare che le popolazioni del nord del Mali verranno liberate da ogni fondamentalismo. La crisi incombe e non si vedono soluzioni credibili, ed ecco che riappare l’opzione militare, l’economia a mano armata. Si taglia tutto, dalle pensioni all’istruzione ma non la produzione dei caccia F35, del satellite Sicral, dell’elicottero Combact Sar, dei sommergibili U212; si continuano a finanziare le missioni militari all’estero con tutto il carico di morte e distruzione al seguito; e intanto il ministro “tecnico” Di Paola ottiene un disegno di legge che garantirà alle forze armate italiane certezza di finanziamenti per il prossimo decennio.
Sinistra Critica è totalmente contraria a qualsiasi sostegno italiano (politico o militare) alla guerra francese in mali; sostiene le forze progressiste maliane che si oppongono alla guerra schierandosi con decisione per l’immediato e completo ritiro delle truppe italiane da ogni scenario di guerra a partire dall’Afghanistan; è per una drastica riduzione delle spese militari; per lo scioglimento dei corpi speciali di pronto intervento, per la chiusura delle basi militari italiane all’estero e di quelle straniere in Italia; per l’uscita dell’Italia dalla Nato .
Non è questo mondo che vogliamo, ne vogliamo un altro.
Coordinamento nazionale Sinistra Critica
lunedì 14 gennaio 2013
Mad Max Style di Alfonso Navarra (Parte prima)
Mad Max Style
di Alfonso Navarra
·
Siamo
già estinti e non lo sappiamo: è solo questione di tempo.
·
Ci
siamo già piazzati sotto il culo le bombe ad orologeria della guerra nucleare e
dell’inquinamento radioattivo (il ciclo produttivo atomico ci farà fuori lo
stesso anche se un solo missile non dovesse essere mai sparato).
·
Ma
abbiamo anche il vecchio sistema energetico fossile (petrolio, gas, carbone)
che ci sta sconvolgendo il clima e che ci condurrà verso un ambiente
invivibile.
·
Il
petrolio tradizionale sta raggiungendo il picco? No problem, lo estraiamo per
altri 50 anni attraverso il fracking
dagli scisti bituminosi. E
ci inquiniamo tutte le falde acquifere: berremo benzina al posto dell’acqua. Si
parla di “America Saudita”: nel 2020 gli Stati Uniti diventeranno i primi
produttori di petrolio nel mondo (grazie allo “shale oil”) con 11 milioni di barili
al giorno di contro ai 9 milioni dell’Arabia.
·
L’Artico
si scioglie per via delle troppe emissioni di CO2 ed altri gas serra? Che
bello, possiamo estrarre da lì nuovo petrolio (i giacimenti polari sono 1/3
delle riserve) ed aumentare così le emissioni che faranno arrostire il Pianeta.
·
Nel
mondo dell’effetto serra a + 7° C di aumento della temperatura media del
Pianeta (da 15° a 22° C) l’umanità potrà popolare solo alcune zone vicino ai
poli. Gli oceani butteranno fuori enormi zaffate di idrogeno esplosivo. I
sopravvissuti saranno presumibilmente organizzati alla selvaggia, Mad Max Style
(il film fantascientifico sull’umanità post-atomica). L’élite, come sempre, si
sta già preoccupando di come condurre una vita a suo vedere comoda nei bunker
sotterranei.
·
Tra
le bombe ad orologeria non dimentichiamo nemmeno la Finanza, più che tossica,
radioattiva: 600.000 miliardi di dollari di derivati che fanno incombere sulla
nostra testa una iper-inflazione mai vista.
La morale della favola? Dobbiamo fare la rivoluzione!
L'intervento
completo qui di seguito. E' un po' lungo quindi i frettolosi e gli impazienti
sono avvisati...
E’ più facile che prima il mondo salti in aria piuttosto che si
rinunci all’atomo.
L’unica soluzione? Una rivoluzione sociale basata sulla forza dell’unità popolare
L’unica soluzione? Una rivoluzione sociale basata sulla forza dell’unità popolare
Una risposta di Alfonso Navarra ad alcuni
Scienziati per il disarmo
Fermiamo chi scherza col Fuoco Atomico c/o
Campagna Osm-Dpn - via Mario Pichi 1, 20149 Milano
www.osmdpn.it
Non basta una spallata per fare cadere il nucleare nel mondo
·
Da
esponenti degli scienziati per il disarmo ci viene rivolto l’invito: “Coordiniamoci a livello internazionale
per dare l’ultima spallata al nucleare morente”.
·
La
risposta da proporre deve, a nostro parere, mettere in guardia da ogni
ottimismo facilone: “E’
più facile, secondo i dati razionali di cui disponiamo, che il mondo salti in
aria prima. Gli interessi del sistema di cui il nucleare, nell’intreccio civile
e militare, è espressione, sono potentissimi ed al momento dominanti”.
·
Chi
crede nei limiti della ragione strumentale può – e deve - invece affidarsi
all’ottimismo della volontà ed alle ragioni del cuore: nonostante tutto ciò che
l’intelletto ristretto può calcolare e misurare, ce la faremo, supereremo dalla
parte giusta il “crinale apocalittico” della Storia…
Fukushima ha bloccato il “rinascimento nucleare”
·
Nel
2008 si proclamava, al G20, il “Rinascimento nucleare”.
·
Dopo
Fukushima il proclamato rilancio mondiale del nucleare è stato temporaneamente
interrotto (e volevamo vedere!), le sconfitte dell’atomo riguardano
principalmente Italia e Germania, ma
i piani nucleari, pur ridimensionati, vanno avanti in tutto il mondo.
·
Gli USA hanno ripreso a costruire centrali atomiche.
·
I BRICS hanno i piani più massicci, la Cina in modo particolare.
·
In
Europa le vecchie potenze, come Gran Bretagna e Francia, non si sognano affatto di rinunciare.
·
Lo
stesso Giappone, pur interessato da un nuovo movimento
popolare di massa anti-atomo, resta, con il nuovo governo appena eletto, nel
circuito atomico.
·
Il
fatto non deve meravigliare più di tanto se si considera che il Paese del Sol
Levante è la principale “potenza
nucleare latente”: in
pochissimo tempo potrebbe dispiegare centinaia di testate e dispone della
tecnologia missilistica per portarle a bersaglio.
In Europa via libera a 40 nuove centrali atomiche
·
Il
programma Energy roadmap 2050, presentato a fine 2011 (15 dicembre 2011) dal commissario Ue per
l'Energia Günther Oettinger prevede 40 nuove centrali atomiche entro il 2030.
·
Nel
frattempo gli stress-test in materia di sicurezza sulle 143 centrali europee
disposti da Bruxelles, hanno dato come responso, questa estate 2012, che solo
17 reattori francesi sono stati trovati con standard insufficienti.
·
Sono
previste sovvenzioni alle multinazionali costruttrici degli impianti futuri.
·
L’UE
ha anche distratto fondi dall’ambiente per finanziare ITER, progetto di ricerca
che coinvolge 39 Paesi, per la fusione nucleare, a Cadarache, in Francia, costo
stimato 12,8 miliardi di euro in 10 anni.
·
Sostenere
la ricerca per l'energia nucleare, per Bruxelles è quindi una priorità, se non
la priorità assoluta.
·
Per
far smantellare agli Stati dell'Est i vecchi reattori di fabbricazione
sovietica sono inoltre stati stanziati da Bruxelles altri 500 milioni di euro
entro il 2020 per Bulgaria, Lituania e Slovacchia.
·
Per
i tecnocrati europei, le ansie sulla pericolosità dei reattori sono superabili.
E l'energia atomica è una risorsa che, a differenza delle vecchie centrali a
carbone, permetterà di produrre grandi quantità di energia, libera dalle
inquinanti emissioni di anidride carbonica e a basso costo.
Il nucleare è funzionale alla logica della potenza
·
“The Second Nuclear Age” (Times Book, 2013) è il saggio di Paul Bracken, analista proveniente dalla scuola
“realista” di Henry Kissinger, che ci ricorda il ruolo della capacità atomica
nel sistema internazionale della potenza.
·
Bracken
osserva che, diversamente dagli anni 1950 e 1960, con il ricordo di Hiroshima
ancora fresco (e diversamente dalla vicenda euromissili degli anni 1980,
aggiungerei) nell’opinione pubblica internazionale si è spenta ogni
preoccupazione per tale minaccia.
·
Osserva:
“Siete convinti che le
armi nucleari non possano essere usate? Allora buona fortuna!”
La deterrenza atomica conserva un suo ruolo decisivo
·
La
deterrenza nucleare, tanto per cominciare, è ancora considerata – dalla
dottrina ufficiale NATO, ad esempio – “la massima garanzia di sicurezza”.
·
Gli
Stati Uniti, anche con la presidenza Obama, mantengono il diritto di usare per
primi l’arma atomica in un conflitto, continuando così a garantire l’ombrello
nucleare americano per gli alleati, in primo luogo NATO.
·
La
guerra nucleare preventiva, da incondizionata, nella versione di Bush, viene
sottoposta da Obama a valutazioni di tipo giuridico: se forze americane
venissero attaccate anche con armi chimiche da un Paese rispettoso del TNP,
questi non riceverebbe una risposta atomica.
·
La
forza militare ha un ruolo decisivo nei rapporti internazionali (si pensi a
come condiziona il “mercato” dell’energia) ed il nucleare è il massimo della
forza distruttiva dispiegabile e brandibile da parte di uno Stato.
mercoledì 9 gennaio 2013
Decreto missioni al Senato in commissioni Difesa e Affari Esteri riunite, giovedi' 10 gennaio.
(aggiornato alle ore 13 del 4 gennaio 2013)
4a COMMISSIONE (Difesa)
CONVOCAZIONI
(per l’elenco completo degli argomenti, nel cui ambito l’indicazione e la successione
possono cambiare nel corso della settimana, si veda l’ordine del giorno)
Settimana dal 7 all’11 gennaio 2013
Giovedi' 10 gennaio
ore 12
COMMISSIONI 3a E 4a RIUNITE - Affari esteri e Difesa
(Aula 4a Commissione)
SEDE REFERENTE
ddl 3653 (decreto missioni). Esame
Relatori: sen. DINI (Affari esteri) e sen. DEL VECCHIO (Difesa)
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decreto missioni,
senato
martedì 8 gennaio 2013
DL 28 dicembre - Missioni militari all' estero 2013, necessari altri fondi non previsti nel bilancio statale ?
Una lettera pubblicata dal Manifesto l' 8 gennaio 2013 sul decreto che finanzia le missioni militari all' estero fino al 30 settembre 2013.
MISSIONI,ALTRI SOLDI FUORI BILANCIO?
Il Decreto Legge che rifinanzia le missioni militari all' estero fino al 30 settembre 2013 deve essere convertito in legge entro la fine di febbraio. Essendo le elezioni politiche fissate il 24-25 febbraio questo passaggio parlamentare sara' fatto nell ultimo periodo dell' attuale legislatura e giovedi' il provvedimento comincera' ad essere discusso nella commissione difesa del Senato.
Il decreto stanzia per i primi nove mesi del 2013 delle missioni all' estero 935 milioni di euro su 1004 milioni di euro che il bilancio del Ministero dell' Economia e Finanze riserva a queste operazioni. Cosi', se in ognuno dei primi nove mesi le missioni avranno a disposizione 104 milioni di euro, gli ultimi tre mesi avranno a disposizione solo 23 milioni di euro ciascuno. Alcuni analisti di temi militari prevedono inoltre per la fine del 2013 molte spese per riportare dall' Afghanistan le attrezzature e i mezzi dei contingenti italiani che finiranno la loro missione.
E' evidente che per le missioni del 2013 saranno indispensabili nuovi fondi da recuperare da altre voci del bilancio statale e l' attuale ministro Di Paola ha gia' dichiarato che le missioni in caso di necessita' avranno altri finanziamenti e non ridurranno le loro azioni.
Sarebbe opportuno allora che le liste che si stanno candidando alle prossime elezioni politiche si pronunciassero subito su questo tema e spiegassero agli elettori quale sara' il loro comportamento nei prossimi mesi, perche' a fine 2013 la scadenza del rinnovo del finanziamento arrivera' sicuramente.
E gli elettori, pretendendo chiarezza dalle liste candidate, eviteranno il ripetersi delle vicende dell' ultimo governo Prodi 2006-2008 quando molti pacifisti scoprirono dolorosamente di aver votato rappresentati che approvavano la guerra in Afghanistan, la base Dal Molin a Vicenza e altri provvedimenti voluti dall' Alleanza Atlantica.
Marco Palombo,
attivista Rete No War
Roma
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Siria - Aqrab: la tragedia che nessuno vuol ricordare - di Pierangela Zanzottera, da Sibialiria.org
di Pierangela Zanzottera
Il 2 dicembre 2012, circa cinquecento abitanti del villaggio di Aqrab, nella provincia centrale di Hama, sono stati rapiti e fatti prigionieri in una palazzina a due piani di proprietà di Abu Ismail. Tra loro molte donne e bambini, oltre a giovani e anziani. Tutti alauiti.
Durante i nove giorni di prigionia, che pochi – pare una settantina – sono riusciti a testimoniare dopo una fortunosa fuga, mentre degli altri non ci sono notizie, sono stati costretti a sopportare l'insopportabile: secondo alcuni racconti, donne costrette dalla sete a raccogliere con i panni l'acqua piovana, anziani indotti a leccare i muri della triste prigionia per rigenerarsi con l'umidità.
Nove giorni di prigionia in una stanza avvolta da buio e freddo pungente, quasi senza cibo (alcuni testimoni hanno raccontato che per i bambini veniva riservata una pagnotta secca ogni due giorni), con pochissima acqua (appositamente contaminata dagli aguzzini per renderla imbevibile), senza alcuna possibilità di proteggersi dal rigore invernale: un quadro di desolante disperazione.
In realtà, cosa sia accaduto esattamente a Aqrab ancora non è del tutto chiarito, sebbene sia passato ormai un mese, ma quel che è certo è che i particolari che vanno via via emergendo sono sempre più inquietanti e dolorosi.
In particolare, i misteri si infittiscono quando si tenta di ricostruire quanto accaduto nella notte tra l'11 e il 12 dicembre. Una data non casuale, visto che siamo alla vigilia dell'incontro di Marrakech per la Siria. Qui le fonti raccontano accadimenti affatto dissimili.
La mattina del 12 dicembre molti media, anche nostrani, riportavano la notizia di una strage operata dai militari di Assad. In modo molto confuso si faceva cenno a dei bombardamenti aerei che avevano causato 125 morti. La fonte era, ancora una volta, il molto parziale Osservatorio siriano sui diritti umani,da Londra il quale falsamente lascia intendere che la zona colpita sia di un centro abitato unicamente da alauiti e il quale, però, aggiunge: "Non possiamo sapere se i ribelli erano dietro a questo attacco, ma se così fosse, questo sarebbe il più grande attacco su larga scala per vendetta contro gli alauiti".
Intanto la rete si riempie di testimonianze di presunti superstiti (una donna e un ragazzo) diffusi dalle milizie del "libero esercito". E una diversa versione viene narrata: la colpa, proprio come per Hula, viene attribuita agli shabbiha, che avrebbero usato i civili come scudi umani o che li avrebbero tenuti prigionieri con la scusa di difenderli salvo poi decidere di ucciderli per evitare che cadessero nelle mani dei criminali del "libero esercito" e sottoposti a torture e morte certa. La donna addirittura arriva a dire che sono state le donne stesse ad uccidere le ragazzine per timore che potessero essere prelevate dagli armati della brigata estremista che li aveva in ostaggio per violentarle e ucciderle tra inimmaginabili torture.
Nei brevi video, nei quali non si mostrano mai vittime del presunto massacro o di ipotetici bombardamenti, emerge, tra le righe, un quadro inconcludente con poche testimonianze all'interno di quella che sembra essere una clinica improvvisata, dei lampi di settarismo (come quando uno degli armati dice al ferito "guarisci presto, anche se sei un alauita").
Sul fronte opposto, siti d'informazione filogovernativi denunciano in quelle stesse ore un massacro di 180-210 alauiti, uccisi insieme a circa 20 sunniti che cercavano di difenderli dagli attacchi delle bande armate d'opposizione (http://www.syriatruth.org/news/tabid/93/ Article/8773/Default.aspx), o, altrove, di un totale di 235 persone massacrate, tra cui 88 tra donne e bambini a opera di militanti stranieri 'takfiri' (http://www.shukumaku.com/ Content.php?id=55016). Link ad alcune testimonianze raccolte: http://www.alkhabar-ts.com/index.php? page=view_news&id=0f575cff9f35053fd5b9194ce0d51c8fe714f29cd5ef825a51f66b270 4ffd80f#ixzz2EtQlotd7
Dal canto suo, invece, il governo siriano il giorno stesso dirama un comunicato molto stringato nel quale si dice che ad Aqrab non c'è stato nessun massacro. Nel corso delle ore, le informazioni vanno scemando, alcuni iniziano a parlare di decine di vittime e in pochi giorni la notizia entra nel grande calderone del dimenticatoio.
Una svolta nella ricostruzione dell'accaduto sembra arrivare da Alex Thomson, il giornalista di Channel Four è il primo occidentale a raggiungere il luogo e incontrare testimoni oculari (Link al video sot tot itolato in italiano: http://www.youtube.com/watch? feature=player_embedded&v=EoGDdtSfe5Q).
Emerge così un'altra verità (avvalorata dal modus operandi scelto dal giornalista che interpella i tre testimoni separatamente per far sì che le loro versioni non si influenzino a vicenda).
Ecco la sua ricostruzione: i ribelli avrebbero rapito centinaia di alauiti, tra loro molte donne e bambini che sarebbero dovuti servire come scudi umani, dopo l'intervento degli anziani e notabili del luogo (ufficiale dell'esercito in pensione, Hamid Azzudin, l'imam sunnita, sheikh Sayid Hawash, e il sindaco, Hashab) e oltre 4 ore di trattative, conclusesi alle 20 del lunedì, segue una sparatoria fino a mezzanotte, quando, sembra, si giunge ad un accordo.
A quel punto pare che una settantina di ostaggi vengano spostati in auto in un altro villaggio poco distante, tra loro anche i protagonisti dei video diffusi, sembra invece accertata la morte di una decina di loro, degli altri, invece, da quel momento nessuno racconta più nulla. Sono stati uccisi, come vuole una versione? Sono ancora nelle mani dei rapitori, come raccontano altri? Allo stato dei fatti, anche per rispetto di queste vite, non è possibile procedere più a fondo con le supposizioni.
Gli interpellati raccontano di personaggi con barbe lunghe, abiti non siriani e una parlata non locale.
Hayat Youseh ha raccontato di aver lasciato là il marito e che il figlio diciottenne ferito alla gamba per oltre 12 giorni non era stato soccorso in alcun modo; il giovane sedicenne Ali al-Hosin racconta di aver lasciato là i genitori e 23 parenti; Madlyan Hosin, invece, ha ancora intrappolati gli zii (due delle quali gravide).
Tra le incongruenze più palesi sottolineate da Thomson c'è il fatto che l'edifico, indicato da tutti come luogo di prigionia, non è stato in alcun modo bombardato, risulta invece perfettamente integro esattamente come il resto del villaggio, oltre alla completa mancanza di immagini o video all'indomani della carneficina presunta. Eppure, parlando con abitanti dei villaggi circostanti, emergono nuovi inediti particolari sconvolgenti che, ancora una volta, confermano che qualcosa di terribile è accaduto ad Aqrab.
Una donna, che ancora scossa per l'accaduto, mi ha rivelato di aver perso in questa tragedia 22 familiari, ha raccontato che le donne rapite sono state denudate e costrette a percorrere la strada che collega Aqrab con un villaggio vicino (circa tre chilometri). Un dettaglio che va ad aggiungersi ai molti altri in un quadro sempre più cupo e truce. Tutti i siriani interpellati concordano su un punto: questa non è la loro Siria, il paese in cui hanno sempre vissuto in modo sicuro, ma è solo un'immagine distorta da film.
In qualunque modo si sia sviluppata la vicenda di Aqrab, resta la certezza di fatti di una gravità inaudita che non fanno altro che acuire una volta di più la profondità della spaccatura settaria e dare vita a una guerra civile su base religiosa e nazionale. Il numero dei martiri in questo strazio senza fine appare quasi secondario rispetto alle sofferenze che queste persone hanno dovuto sopportare: privati di tutto, profondamente lesi nella dignità, costretti a sopportare uno scempio settario.
Un atto disumano, i cui autori e ideatori meritano le peggiori condanne, così come i media ufficiali che hanno dimostrato unicamente disprezzo assoluto per questo sangue innocente, che sembra non meritare neppure il nostro ricordo e le nostre indagini. Una delle più brutali vicende in assoluto in Siria.
Aqrab rimarrà come una macchia indelebile a pesare sulle coscienze di tutti: gli indifferenti e quanti propendono da una delle parti in causa. Rimarrà a ricordare quanto gli uomini – se ancora si possono definire tali i mostri che sono riusciti a concepire e originare simili barbarie – possano cadere in basso, perché non si tratta solo di un eccidio, non si tratta solo della vita di 200 o 300 – 200!! 300!! – innocenti, non si tratta solo di morte, ma di tortura senza limite, di umiliazione senza senso, di lesione profonda della dignità umana.
Quello che è certo è che non si deve dimenticare, che è necessario fare luce su ogni minimo particolare che tutte le parti in causa sembrano voler cancellare o minimizzare, perché quelle vite erano e sono preziose e meritano di rimanere come un monito sul percorso che questa che molti si ostinano a definire "rivolta" ha ormai preso.
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domenica 6 gennaio 2013
Assad il 6 gennaio alle 11 (ora italiana) parlera' alla tv siriana. Proposta di negoziato ?
Fara' una proposta di negoziato ?
marco
(AGI) - Damasco, 6 gen. - Bashar al Assad parlera' alla nazione alle 11 ora italiana. Lo hanno riferito i medial locali anche se non c'e' la conferma del governo. Quel che al momento e' certo e' che si tratta del primo discorso del presidente siriano dopo cinque mesi. L'ultimo messaggio alla nazione di Assad e' datato primo agosto, quando il capo del regime parlo' in occasione del 67mo anniversario delle Forze armate.
marco
(AGI) - Damasco, 6 gen. - Bashar al Assad parlera' alla nazione alle 11 ora italiana. Lo hanno riferito i medial locali anche se non c'e' la conferma del governo. Quel che al momento e' certo e' che si tratta del primo discorso del presidente siriano dopo cinque mesi. L'ultimo messaggio alla nazione di Assad e' datato primo agosto, quando il capo del regime parlo' in occasione del 67mo anniversario delle Forze armate.
sabato 5 gennaio 2013
Gaiani - Le contraddizioni della difesa italiana
EDITORIALE
LE CONTRADDIZIONI DELLA DIFESA ITALIANA
di Gianandrea Gaiani
3 gennaio 2013
Le recenti iniziative nel settore della Difesa, dalla riforma dello strumento militare elaborata dal ministro Giampaolo Di Paola agli indirizzi emersi dall’ultima riunione del Consiglio Supremo di Difesa, non hanno risolto le contraddizioni di fondo dell’Italia nelle questioni di carattere strategico e militare.
Il 28 novembre scorso il Consiglio Supremo di Difesa ha “convenuto sull’esigenza che le forze armate italiane restino comunque pronte a fornire nuovi contributi a interventi militari della Comunità Internazionale, qualora se ne evidenziasse la necessità”. Dove, quando e perché si debba essere pronti a intervenire in armi non viene specificato e il fatto che questi aspetti non certo secondari vengano lasciati alle decisioni della “comunità internazionale” sembra confermare l’ormai definitiva rinuncia italiana alla sovranità nazionale anche negli interventi militari.
Paradossale che il massimo organismo militare italiano non subordini tali interventi alla salvaguardia degli interessi nazionali, che dovrebbero rappresentare l’unico motivo valido e giustificabile (specie in tempi di crisi economica e finanziaria) per mandare le truppe in guerra, pardon, nelle “missioni di pace”. Certo dopo aver partecipato al conflitto libico e aver consentito, con la cessione delle basi aeree, ai nostri “alleati” di rovesciare il regime di Gheddafi ogni riferimento alla guerra per la salvaguardia degli interessi nazionali rischia di apparire fuori luogo poiché non si era mai visto nella storia un Paese fare la guerra al suo primo fornitore di petrolio e terzo di gas. Oggi la riforma dello strumento militare dovrebbe consentire all’Italia di mantenere la capacità operativa necessaria a fare ciò che ci chiederanno Usa, Nato, Onu e Ue ma forse anche Lega Araba, Qatar e sauditi considerato l’impegno che anche l’Italia (insieme ad Europa e Occidente) sta mettendo nel regalare Nord Africa e Medio Oriente all’estremismo islamico in cambio di qualche investimento a casa nostra dei fondi sovrani delle monarchie del Golfo.
Di fatto aspiriamo a un ruolo da paggi o da gregari che però potremmo avere molte difficoltà a ricoprire a giudicare dalla distribuzione delle risorse finanziarie prevista dal bilancio della Difesa dei prossini tre anni che vede ancora una volta penalizzati i fondi per l’esercizio, cioè per la gestione delle infrastrutture, la manutenzione, il rifornimento di mezzi ed equipaggiamenti e l’addestramento.
Come si può chiedere alle forze armate di restare “pronte a fornire nuovi contributi ad interventi militari” riducendo addestramento e manutenzione di mezzi ed equipaggiamenti? La necessità di rinnovare navi, veicoli e velivoli è comprensibile ma molti dei miliardi che spenderemo nei prossimi anni per gli investimenti non garantiranno le auspicate capacità operative se non ci sarà il denaro per impiegare i mezzi e addestrare il personale. Del resto la stessa Nota Aggiuntiva al Bilancio della Difesa ammette che “il deterioramento della capacità operativa assumerà a breve termine (uno o due anni) profili di particolare criticità”.
Un altro punto fortemente contraddittorio riguarda l’integrazione militare europea, tema finora piuttosto evanescente con l’eccezione del comparto dell’industria della Difesa. Il 6 dicembre Di Paola ha sottolineato davanti alle commissioni congiunte difesa di Camera e Senato “l’importanza di una politica di sicurezza comune” dicendo che ”non è possibile un reale processo di integrazione europea senza una crescita, un approfondimento della dimensione di difesa e sicurezza dell’Unione europea”. Il ministro ha spiegato che l’Italia ha sviluppato un documento dal titolo “More Europe” nel quale si sottolineano “cinque aspetti fondamentali per la dimensione europea di Sicurezza e Difesa: impegno, capacità, connettività, connessione, approccio comprensivo”. Difficile comprendere però come la proclamata centralità dell’integrazione europea della Difesa possa coincidere con l’acquisto del cacciabombardiere statunitense F-35, nella cui produzione la nostra industria ha un ruolo limitato di sub-fornitore, invece del jet europeo Typhoon prodotto dal consorzio europeo Eurofighter di cui la nostra industria è progettatrice, produttrice ed esportatrice in concorrenza con i velivoli statunitensi.
In questi giorni altre contraddizioni sono emerse nella gestione della “vacanza natalizia” di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre concessa dall’India su richiesta del governo italiano. Come abbiamo più volte sottolineato Roma non ha mai sostenuto la loro innocenza per la morte dei due pescatori indiani limitandosi a ribadire che il caso non ricade sotto la giurisdizione indiana. Le prove raffazzonate raccolte dalle autorità del Kerala contro i due marò sono ben lontane dal dimostrare la loro colpevolezza ma in ogni caso nulla giustifica l’accoglienza da eroi riservata loro dalle massime autorità dello Stato. Si tratta di militari che hanno fatto il loro dovere divenendo protagonisti di una vicenda ai limiti dell’assurdo ma non sono eroi. Quale accoglienza dovremmo riservare, in proporzione, ai veterani di tante battaglie che rientrano dall’Afghanistan? Se le istituzioni italiane credono nell’innocenza di Latorre e Girone abbiano il coraggio di sostenerla e ribadirla ad alta voce. Se invece li considerano responsabili di un’azione a fuoco sfortunata ma giustificata dalle circostanze e dalle regole d’ingaggio lo ammettano pubblicamente. L’atteggiamento ambiguo tenuto da Roma per quasi un anno e l’accoglienza da eroi riservata a Latorre e Girone al loro temporaneo rientro in patria rischiano di trasformare tutta la vicenda n una ridicola farsa.
Fonte www.analisidifesa.it
Il Partito Comunista dei Lavoratori ( PCL ) alle elezioni politiche 2013
IL PCL ALLE ELEZIONI (5 Gennaio 2013)
Il Partito Comunista dei Lavoratori(PCL) si presenta alle elezioni politiche sulla base di un programma anticapitalista: l'unico programma realmente contrapposto all'”agenda Monti”, a partire dalle ragioni del lavoro e di tutti gli sfruttati.
L'Agenda Monti è il programma degli industriali, dei banchieri, del Vaticano, già votato in Parlamento da tutti i principali partiti ( PD, PDL, UDC). L'ipocrisia che la circonda regna oggi sovrana. Berlusconi finge di opporsi dopo averla istruita. Bersani ambisce solamente a gestirla in prima persona, dopo essersi presentato alle Primarie come difensore del lavoro. Vendola, oppositore di Monti, si è subordinato a Bersani sostenitore del governo Monti, in cambio di un ministero. Le altre sinistre si accodano al liberal questurino Di Pietro e ai magistrati, che a loro volta vogliono accordarsi col prossimo governo Bersani.. Mentre il comico milionario Beppe Grillo che striglia “i politici” non solo ignora il lavoro, ma rivendica addirittura l'abolizione del sindacato ( “roba dell'800”) scavalcando Marchionne. Senza che nessun partito “democratico” muova scandalo.
La verità è che tutti accettano la Repubblica dei capitalisti ( inclusi i magistrati e i comici), ognuno con la propria parte in commedia.
A questa Repubblica dei capitalisti il PCL contrappone la prospettiva della Repubblica dei lavoratori: l'unica vera soluzione alternativa della grande crisi sociale e politica.
IL CAPITALISMO HA FALLITO.
Il capitalismo ha fallito, in Italia, in Europa e in tutto il mondo. Ed è fallita ogni pretesa di “riformarlo”. Il suo unico scopo è scaricare il proprio fallimento sui lavoratori e la popolazione povera.
Gli industriali distruggono posti di lavoro, abbattono i salari, cancellano i diritti, al solo scopo di difendere i propri profitti. I banchieri impongono la distruzione delle pensioni, della sanità, della scuola, al solo scopo di incassare il pagamento degli interessi sui titoli di Stato in cui hanno investito.
Gli uni e gli altri finanziano i propri partiti, di centrodestra o di centrosinistra (in Italia PDL, PD, UDC, Lega) cui dettano lo stesso programma. Questi partiti, a loro volta, saccheggiano le risorse pubbliche con ruberie senza fine, pur di raccattare i voti necessari da mettere al servizio della rapina dei capitalisti.
E il cerchio si chiude. Sulla pelle dei lavoratori.
GOVERNINO I LAVORATORI, NON GLI INDUSTRIALI E I BANCHIERI, E I LORO PARTITI CORROTTI
Il PCL è l'unico partito che vuole liberare la società da questa dittatura degli industriali e dei banchieri. Rimpiazzandola con un governo dei lavoratori: che cancelli tutte le leggi contro il lavoro ( innanzitutto su art.18 precariato, pensioni); annulli il debito pubblico verso le banche; nazionalizzi il sistema bancario, senza indennizzo per i grandi azionisti; liberi milioni di famiglie dal cappio al collo di mutui usurai; espropri le aziende che licenziano, inquinano, calpestano i diritti ( a partire dalla FIAT, dall'ALCOA, dall'ILVA) ponendole sotto il controllo dei lavoratori; vari un grande piano di opere sociali ( cominciando dal risanamento dell'ambiente) finanziato dalla tassazione progressiva delle grandi ricchezze , dalla cancellazione di ogni privilegio clericale, dall'abbattimento delle spese militari; organizzi uno Stato di tipo nuovo, a buon mercato, con deputati pagati col salario medio di un impiegato e permanentemente revocabili dai propri elettori.
Ricondurre ogni obiettivo immediato a questo programma generale, è la politica quotidiana del PCL: dentro tutte le lotte dei lavoratori e degli sfruttati.
SOLO UN GOVERNO DEI LAVORATORI PUO ESTIRPARE CORRUZIONE E MALAFFARE
Ogni invettiva contro “i politici” che non metta in discussione il capitalismo ( come fa Grillo ) è solo una truffa: usata ciclicamente dagli stessi capitalisti per rafforzare ulteriormente il proprio potere di comando, tagliare ancor più servizi e lavoro ( magari nel nome della “lotta agli sprechi”), accaparrarsi nuove risorse pubbliche ( magari nel nome della “lotta ai privilegi” della “politica”), imporre il monopolio del proprio finanziamento dei partiti ( magari gridando contro “il finanziamento pubblico”). E' accaduto 20 anni fa col varo della seconda Repubblica, nel nome della... “ moralità della politica”, sotto le bandiere di “Mani Pulite” , della Lega, e dell'inganno federalista. E' ciò che tende a riproporsi oggi, in forme diverse, sotto la pressione di mille populismi alla moda. Ai lavoratori diciamo: occhio alla ( ennesima) truffa! Solo una rivoluzione sociale anticapitalista può realizzare una alternativa vera. Non i magistrati o i comici milionari ( che magari plaudono agli evasori fiscali).
IL PCL, L'UNICO PARTITO SENZA MACCHIA
Il PCL è l'unico partito che non si è mai compromesso con le politiche di rapina contro il lavoro.
In Italia, negli ultimi 20 anni, hanno governato tutti. Tutti sono stati messi alla prova. Da Berlusconi a Bersani, da Fini a Di Pietro, da Storace a Ferrero, tutti hanno fatto i ministri. E tutti hanno i loro eserciti, grandi o piccoli, di assessori. Ebbene, tutti hanno gestito, ad ogni livello, le politiche del capitale finanziario: precarizzazione del lavoro, privatizzazioni di aziende e servizi, guerre “umanitarie” per il petrolio..
Il PCL è l'unico partito della sinistra italiana che ha combattuto dall'opposizione sia il centrodestra che il centrosinistra. L'unico che non si è mai venduto per assessorati o ministeri. L'unico che ha le mani pulite di fronte ai lavoratori. E ciò perchè è l'unico a battersi per una alternativa di società in cui a comandare siano i lavoratori e non gli industriali, i banchieri, i loro partiti, i loro governi.
UNIRE TUTTE LE LOTTE IN UNA LOTTA SOLA, PER APRIRE DAL BASSO UNO SCENARIO NUOVO
Il PCL è l'unico partito che ha avanzato e avanza in questi anni di crisi una proposta di mobilitazione straordinaria contro l'aggressione padronale.
In ogni mobilitazione, poniamo l'esigenza di unire in un unico fronte l'insieme oggi disperso delle lotte di resistenza. Attraverso una vertenza generale unificante attorno a obiettivi comuni. Attraverso uno sciopero generale prolungato, l'occupazione delle aziende che licenziano, una cassa nazionale di resistenza a sostegno della lotta generale.
Non è più tempo di lotte isolate e iniziative simboliche. Solo mettendo in campo una radicalità uguale e contraria a quella del capitalismo, è possibile alzare una diga, strappare risultati, aprire la via ad una prospettiva nuova. Ma ancora una volta, solo una prospettiva di lotta anticapitalista per un governo dei lavoratori può motivare una proposta radicale di lotta e di resistenza. Non certo l'ambizione di ministeri o assessorati a braccetto del PD.
UNA PRESENTAZIONE ELETTORALE AL SERVIZIO DI UNA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA.
Non a caso il PCL è l'unico soggetto della sinistra italiana presente in queste elezioni con una aperta riconoscibilità di classe e comunista.
Sinistra e Libertà ha scelto la coalizione di governo col PD, grande sostenitore del governo Monti, sulla base di una “carta di intenti” che impegna un futuro governo di centrosinistra alla continuità delle politiche di austerità contro il lavoro.
PRC e PDCI hanno scelto di dissolvere elettoralmente la sinistra cosiddetta “radicale” nel variopinto contenitore Arancione sotto la guida di ex magistrati- incluso il liberal questurino Di Pietro- orfani del PD e apertamente intenzionati ad allearsi col PD dopo il voto.
Il PCL è nato contro questa politica distruttiva. Respinge ogni coalizione con partiti borghesi; ogni mimetismo trasformista; ogni negazione dell'autonomia della sinistra come rappresentanza autonoma delle ragioni del lavoro. A partire da un programma rivoluzionario.
Un programma di rivoluzione ha diritto ad essere presente alle elezioni. Perchè solo una rivoluzione può cambiare le cose.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Fonte
■email: info@pclavoratori.it
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venerdì 4 gennaio 2013
DL missioni militari all'estero. Necessari dal 30 settembre 2013 altri fondi fuori bilancio ?
Il 28 dicembre 2012 e' stato varato il decreto legge che finanzia le missioni militari all' estero dal 1 gennaio al 30 settembre 2013. Nel bilancio del Ministero dell' Economia e delle Finanze e' prevista per le missioni una cifra di 1.004,1 milioni di euro PER TUTTO IL 2013. PER I PRIMI 9 MESI SONO STANZIATI 935,5 MILIONI. 70 milioni di euro dovrebbero coprire il totale dei tre mesi finali, mentre ognuno dei 9 mesi precedenti e' stato finanziato con piu' di 100 milioni di euro. Ci sara' bisogno molto probabilmente di reperire altri fondi fuori bilancio. Da dove arriveranno ? Cosa ne pensano tutti coloro che stanno preparando le prossime elezioni politiche ?
Nell' articolo di Analisi Difesa riportato di seguito , nel paragrafo segnalato, la spiegazione della necessita' di questo nuovo finanziamento.
NB. Il decreto deve essere convertito in legge prima del 28 febbraio, cioe' a ridosso delle elezioni politiche. Di conseguenza, probabilmente, sara' votato alla Camera e al Senato prima della chiusura del Parlamento, cioe' in modo molto affrettato, senza una discussione adeguata nelle commissioni.
Marco
BILANCIO 2013, MISSIONI OLTREMARE E RIFORMA DELLO STRUMENTO MILITARE. QUALCOSA STA CAMBIANDO?
di Giovanni Martinelli31 dicembre 2012,
pubblicato in Analisi Italia
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n.301 del 28.12.2012 è finalmente entrato in vigore un provvedimento tanto importante quanto atteso; si tratta del Decreto Legge 227/2012 di “Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione”. Un’importanza che deriva dal fatto che questo Decreto fornisce la necessaria copertura finanziaria alle missioni all’estero delle nostre Forze Armate. Aspetto quest’ultimo che diventa ancora più rilevante alla luce della particolare fase politica che sta attraversando il Paese; infatti, sebbene sia certo che non sarà possibile convertirlo in Legge entro i 60 giorni previsti (a causa dello scioglimento delle Camere), ciò nonostante esso assicurerà comunque i fondi necessari per proseguire le operazioni nei vari teatri.
Dalla lettura del provvedimento giungono poi una conferma e alcune precisazioni importanti rispetto alle anticipazioni che erano trapelate dopo la sua approvazione nel Consiglio dei Ministri del 22 dicembre scorso; la conferma è costituita dal fatto che le spese previste sono coperte fino al 30 settembre del 2013. Non è dato sapere per quale ragione sia stato scelto un tale riferimento temporale visto che nel 2012 si era optato per un D.L. che copriva l’intero anno solare mentre in precedenza si era (quasi) sempre scelto il rinnovo su base semestrale. Le precisazioni riguardano invece la cifra complessivamente stanziata e l’esatta ripartizione di fondi tra le varie voci.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Per quanto riguarda il totale degli oneri derivanti da tali impegni, il Decreto indica una cifra di poco meno di 935,5 milioni di euro; dunque, se è vero che la somma iscritta a bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze (pari a 1.004,1 milioni di euro) a copertura di tutto il 2013 non viene impegnata completamente, altrettanto chiaro è il fatto che i poco meno di 70 milioni rimanenti non potranno certo bastare per i 3 mesi finali dell’anno. In altri termini, la prospettiva di un ulteriore (ancorché parziale) rifinanziamento dovrà essere affrontata nei prossimi mesi.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Nello specifico, i fondi disponibili sono a loro volta suddivisi in 2 grandi categorie di spesa e cioè quelle contenute nel Capo I e relative alle “missioni internazionali delle Forze armate e di polizia” e, per l’appunto, quelle che riguardano le “iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione” al Capo II. Come è ovvio che sia, quelle di maggiore interesse ai fini del presente articolo sono le diposizioni che fanno riferimento alle missioni delle Forze Armate; tuttavia, ulteriori spunti di rilievo si possono ritrovare anche nel Capo II del D.L. stesso. Per il 2013 quindi, a “farla da padrone” sarà ancora una volta la missione ISAF in Afghanistan che riceverà 426,6 milioni di euro; ma se questo è l’impegno diretto per le operazioni in quel Paese, altri 15,4 milioni sono messi a diposizione per le esigenze connesse a tale missione (con particolare riferimento alle presenze negli Emirati Arabi Uniti e al personale distaccato presso il CENTCOM a Tampa) mentre altri fondi arrivano (al Capo II) per l’alimentazione del fondo fiduciario NATO destinato al sostegno dell’Esercito Afgano.
La seconda operazione in ordine di importanza è la UNIFIL in Libano che per quest’anno riceverà 118,8 milioni di euro, comprensivi della partecipazione alla UNIFIL Maritime Task Force, mentre anche l’impegno in Kosovo, espresso soprattutto attraverso Joint Enterprise-KFOR, continuerà ad assorbire la rispettabile cifra di 52,5 milioni circa. Un altro ingente stanziamento, 39,9 milioni, lo ricevono le missioni anti-pirateria svolte in ambito UE (operazione Atalanta) e NATO (operazione Ocean Shield) nelle acque del Corno d’Africa; sempre in ambito navale, si segnalano i 14,2 milioni per la missione Active Endeavour nel Mediterraneo, anch’essa svolta in ambito NATO. Degni di nota anche i 7,5 milioni destinati all’impiego di personale con funzioni di assistenza e supporto in Libia e altri 6,9 milioni per le missioni dell’Unione Europea sempre in Somalia (EUTM Somalia) e nell’area del Corno d’Africa (EUCAP Nestor).
Seguono poi numerosi stanziamenti di importi inferiori per missioni di ridotte dimensioni tra le quali spicca un’altra operazione dell’UE in Africa (l’EUCAP Sahel Niger) con 1,9 milioni; a questa si aggiungono vari altri dispiegamenti (da Cipro alla Georgia, dal Sudan alla Palestina, passando per l’assistenza alle Forze Armate albanesi) davvero modesti.
Sempre al Capo I, si segnalano anche i fondi per le esigenze logistiche delle varie missioni (stipulazione dei contratti di assicurazione e trasporto e realizzazione di infrastrutture) che ricevono ben 143,8 milioni, così come degni di nota sono anche i 6,6 milioni circa messi a diposizione dei Comandanti delle varie missioni (e in larga parte assegnati a ISAF) per interventi urgenti a favore delle popolazioni locali. Di grande importanza infine è anche lo stanziamento di 10 milioni per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze Armate in tali missioni.
Il totale dei fondi quindi disponibili per l’insieme delle attività più propriamente militari è pari a circa 846 milioni di euro.
Ricordato come in questa parte del provvedimento siano riportati anche gli stanziamenti per varie missioni civili (della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, per un totale di 11,4 milioni), non si può non tralasciare anche quanto disposto in termini di cessione di materiale ad altri Paesi; tra questi spiccano sicuramente i 3 blindati leggeri e i 10 semoventi M109 L per Gibuti nonchè i (ben) 500 veicoli per la fanteria M113 destinati alla Repubblica Islamica del Pakistan.
I restanti 80 milioni circa sono invece destinati al Capo II, quello che comprende interventi prevalentemente svolti dal Ministero degli Affari Esteri per iniziative di cooperazione, sviluppo, ricostruzione e stabilizzazione svolte in ambito nazionale e/o multilaterale; non mancano tuttavia interventi a favore di settori specifici come il rafforzamento delle misure di sicurezza attiva, passiva nonché informatica delle sedi diplomatico-consolari situate in aree ad alta conflittualità (e di varie altre sedi istituzionali all’estero), così come finanziamenti per la partecipazione italiana alle iniziative PESC-PSDC in ambito UE e per la ristrutturazione del Quartiere Generale del Consiglio Atlantico a Bruxelles. Sebbene poi il D.L. non specifichi il quantitativo di militari che saranno impiegati mediamente nel 2013, si può facilmente immaginare che questo anno segnerà un ulteriore calo della presenza italiana all’estero. Fatte salve eventuali (e al momento imprevedibili) contingenze, si dovrebbe assistere dunque a una riduzione dei valori registrati nell’ultimo biennio e pari a 6.500÷6.600 uomini; un disimpegno anche comprensibile vista l’attuale congiuntura economica ma sul quale sarebbe preferibile non “adagiarsi”. L’attuale contesto geo-politico e un livello di instabilità particolarmente elevato, potrebbero infatti costringerci a rivedere questa tendenza; soprattutto rispetto a un bacino come quello del Mediterraneo che continua a essere punto di origine di non poche turbolenze o, più in generale, di un continente come quello Africano (si pensi ad aree come quelle del Sahel o del Corno d’Africa) quale possibile fonte di contagio in termini di minacce alla sicurezza collettiva.
http://www.analisidifesa.it/2012/12/bilancio-2013-e-riforma-dello-strumento-militare-qualcosa-sta-cambiando/
giovedì 3 gennaio 2013
DL 28 dicembre 2012 per missioni militari all' estero fino al 30 settembre 2013
Testo in vigore dal: 28-12-2012
Emana il seguente decreto-legge:
Art. 1
Missioni internazionali delle Forze armate e di polizia
1. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 426.617.379 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan,
denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
2. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 118.540.833 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano, denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego di unita' navali nella UNIFIL Maritime Task Force, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
3. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 52.496.423 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13, di seguito elencate:
a) Multinational Specialized Unit (MSU), European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), Security Force Training Plan in Kosovo;
b) Joint Enterprise.
4. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 223.505 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
5. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 14.191.716 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione nel Mediterraneo denominata Active Endeavour, di cui all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
6. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 848.666 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione denominata Temporary International Presence in Hebron (TIPH2), di cui all'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
7. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 90.655 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah, denominata European Union Border Assistance Mission in Rafah (EUBAM Rafah), di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
8. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 194.206 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana in Sudan, denominata United Nations/African Union Mission in Darfur (UNAMID), di cui all'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
9. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 198.698 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Peacekeeping Force in Cyprus (UNFICYP), di cui all'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
10. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 179.319 per la prosecuzione delle attivita' di assistenza alle Forze armate albanesi, di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
11. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 33.952.376 per la proroga della partecipazione di personale militare all'operazione militare dell'Unione europea denominata Atalanta e all'operazione della NATO denominata Ocean Shield per il contrasto della pirateria, di cui all'articolo 1, comma 11, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
12. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 15.418.251 per la proroga dell'impiego di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per esigenze connesse con le missioni in Afghanistan, di cui all'articolo 1, comma 12, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
13. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 6.928.064 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUTM Somalia e EUCAP Nestor, nonche' alle ulteriori iniziative dell'Unione europea per la Regional maritime capacity building nel Corno d'Africa e nell'Oceano indiano occidentale, di cui all'articolo 1, comma 13, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
14. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 7.584.517 per la proroga dell'impiego di personale militare in attivita' di assistenza, supporto e formazione in Libia, di cui all'articolo 1, comma 16, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
15. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 285.282 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata EUMM Georgia, di cui all'articolo 1, comma 16-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
16. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 128.026 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite nella Repubblica del Sud Sudan, denominata United Nations Mission in South Sudan (UNMISS), di cui all'articolo 1, comma 17, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
17. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 1.900.524 per la partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea denominata EUCAP Sahel Niger, di cui alla decisione 2012/392/PESC del Consiglio del 16 luglio 2012, e alle iniziative dell'Unione europea per il Mali.
18. E' autorizzata, per l'anno 2013, la spesa di euro 143.749.492 per la stipulazione dei contratti di assicurazione e di trasporto di durata annuale e per la realizzazione di infrastrutture, relativi alle missioni internazionali di cui al presente decreto.
19. Al fine di sopperire a esigenze di prima necessita' della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali, e' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre2013, la spesa complessiva di euro 6.559.400 per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilita' generale dello Stato, disposti nei casi di necessita' e urgenza dai comandanti dei contingenti militari che partecipano alle missioni internazionali di cui al presente decreto, entro il limite di euro 5.635.000 in Afghanistan, euro 800.000 in Libano, euro 104.400 nei Balcani ed euro 20.000 nel Corno d'Africa.
20. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 4.330.771 per la prosecuzione dei programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica, di cui all'articolo 1, comma 19, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
21. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 1.225.680 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo) e di euro 46.810 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione denominata United Nations Mission in Kosovo (UNMIK), di cui all'articolo 1, comma 20, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
22. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30settembre 2013, la spesa di euro 96.150 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione in Palestina, denominata European Union Police Mission for the Palestinian Territories (EUPOL COPPS), di cui all'articolo 1, comma 21, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
23. E' autorizzata, a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 30 giugno 2013, la spesa di euro 850.767 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Afghanistan, denominata International Security Assistance Force (ISAF), di cui all'articolo 1, comma 23, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
24. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 264.252 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza allamissione denominata European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo), di cui all'articolo 1, comma 24, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13.
25. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 giugno 2013, la spesa di euro 4.613.612 per la partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia per procedere al ripristino dell'efficienza delle unita' navali cedute dal Governo italiano al Governo libico, per garantire la manutenzione ordinaria delle medesime unita' navali e per lo svolgimento di attivita' addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.
26. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 marzo 2013, la spesa di euro 20.348 per la partecipazione di un magistrato alla missione integrata dell'Unione europea sullo stato di diritto per l'Iraq, denominata EUJUST LEX-Iraq, di cui alla decisione 2012/372/PESC del Consiglio del 10 luglio 2012.
27. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 10.000.000 per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali, in attuazione delle missioni affidate all'AISE dall'articolo 6, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 124.
28. E' autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 812.668 per l'impiego di personale appartenente al Corpo militare volontario e al Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana per le esigenze di supporto sanitario delle missioni internazionali in Afghanistan e negli Emirati Arabi Uniti.
29. Il Ministero della difesa e' autorizzato, per l'anno 2013, a cedere, a titolo gratuito, alle Forze armate libiche effetti di vestiario e materiali di igiene.
30. Il Ministero della difesa e' autorizzato, per l'anno 2013, a cedere, a titolo gratuito, alle Forze armate della Repubblica di Gibuti n. 3 veicoli blindati leggeri, n. 10 semoventi M109 L, nonche' effetti di vestiario. Per la finalita' di cui al presente comma e'autorizzata, per l'anno 2013, la spesa di euro 1.100.000.
31. Il Ministero della difesa e' autorizzato, per l'anno 2013, a cedere, a titolo gratuito, alla Repubblica islamica del Pakistan n.500 veicoli M113.
32. Il Governo italiano e' autorizzato, per l'anno 2013, a cedere,a titolo gratuito, al Governo dello Stato d'Eritrea materiale ferroviario dichiarato fuori servizio.
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