Armi all'Iraq, contatti con la Turchia, dialogo con i sauditi e i Fratelli Misulmani in Egitto. La Russia cerca un nuovo spazio in Medio Oriente.
Un accordo multi-miliardario in dollari per forniture di armi all’Iraq, un incontro al vertice con la Turchia, manovre per migliorare i rapporti e ricucire gli strappi con l’Arabia Saudita, l’esordio di contatti politici con “Sphinx”, vale a dire con i Fratelli Musulmani dell’Egitto - tutto questo si prevede avvenga entro i termini di un mese turbolento per il Medio Oriente. E tutto questo sta avvenendo quando il “ritorno” degli Stati Uniti nella regione, dato il trambusto delle elezioni presidenziali di novembre, sembra ancora un sogno lontano.
In poche parole, la Russia si presenta all’improvviso e inaspettatamente in tutto il Medio Oriente.
Mosca ha annunciato che martedì 9 ottobre, in cui il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki si trovava nella capitale russa, i due paesi hanno firmato contratti per un valore di “più di” 4,2 miliardi di dollari per una fornitura di armi, che comprende l’acquisto da parte dell’Iraq di 30 elicotteri d’assalto Mi-28 e di 42 sistemi missilistici terra-aria Pantsir-S1, che possono essere utilizzati anche per scopi di difesa contro attacchi di jet.
La dichiarazione congiunta russo-irachena rilasciata a Mosca ha rivelato che trattative su questa vendita di armi si erano svolte nel corso degli ultimi cinque mesi, e che ulteriori colloqui stanno procedendo per l’acquisto iracheno di aerei da combattimento MiG-29, pesanti mezzi corazzati e altri armamenti.
Un annuncio del Cremlino dichiarava che Maliki doveva incontrare il presidente Vladimir Putin il mercoledì, per mettere a fuoco la discussione sulla cooperazione energetica tra la Russia e l’Iraq.
Questa notizia sensazionale creerà molta inquietudine nei politici degli Stati Uniti.
I rapporti dicono che a Baghdad il telefono aveva continuato a squillare nell’ufficio di Maliki non appena era trapelato che stava recandosi a Mosca e qualcosa di grosso era in corso d’opera. Interrogativi venivano presentati dal Dipartimento di Stato e dal Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti su ciò che avesse giustificato un viaggio del genere, proprio in questo momento.
Il punto è che Maliki rimane ancora un enigma per Washington. Egli è senza dubbio un amico degli Stati Uniti, ma forse è anche “più che un amico” per l’Iran. Ora, a quanto pare, è anche entusiasta della Russia, …allo stesso modo di Saddam Hussein!
Più volte Washington e Ankara gli avevano procurato insofferenze e fastidi, dando per scontata la sua ossequiosità, perfino considerando cancellato il suo futuro politico, quando avevano stipulato accordi con il Kurdistan settentrionale su contratti petroliferi lucrativi, ignorando le sue proteste, che l’Iraq rimane uno Stato sovrano e Baghdad è la sua capitale, e che il paese ha una costituzione in base alla quale i paesi stranieri non dovrebbero avere rapporti diretti con le sue regioni by-passando la capitale e il governo centrale.
Dare il benservito a “Big Oil”
Gli Stati Uniti e la Turchia non solo hanno ignorato le proteste di Maliki, ma anche lo hanno redarguito nel suo contrastare il loro progetto di un “cambio di regime” in Siria e per il suo convinto sostegno al presidente Bashar al-Assad.
Ultimamente, lo hanno anche irritato per le sue agevolazioni nei confronti dell’Iran riguardanti l’invio di forniture al regime assediato in Siria.
Poi sono andati oltre ad ogni regola di correttezza, e hanno dato asilo a un leader sunnita iracheno, un latitante in base alla legge irachena.
Attualmente stanno cercando di riunire in Iraq i gruppi sunniti più disparati in una mossa minacciosa che potrebbe portare alla balcanizzazione dell’Iraq.
Grazie alle interferenze degli Stati Uniti e della Turchia, il Kurdistan è già una regione di fatto indipendente. Il piano d’azione è quello di indebolire ulteriormente l’Iraq, sponsorizzando la creazione di un’entità sunnita nell’Iraq centrale, simile al Kurdistan nel nord, in modo da confinare gli Sciiti iracheni in una regione meridionale mezzo disastrata.
La visita in Russia dimostra che Maliki sta lanciando segnali di averne avuto abbastanza, e di non volere più accettare alcun affronto alla sovranità irachena.
Mercoledì, quasi certamente egli proporrà a Putin il possibile ritorno delle compagnie petrolifere russe in Iraq con tutto il pieno apporto di investimenti e tecnologia, e di riprendere il filo da loro tralasciato al momento dell’invasione statunitense del 2003.
Ci si può aspettare che Maliki dia il benservito alle grandi compagnie petrolifere dell’Occidente (Big Oil) e a quelle turche, escludendole dal settore petrolifero iracheno. Le implicazioni sono profonde per il mercato mondiale del petrolio in quanto le favolose riserve petrolifere irachene sono paragonabili a quelle dell’Arabia Saudita.
Chiaramente, Maliki intende affermare la sovranità dell’Iraq.
Recentemente, ha deciso di interrompere l’accordo con la Turchia sottoscritto ai tempi di Saddam, che permetteva una presenza militare turca nel nord dell’Iraq per monitorare le attività dei separatisti del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Ma Ankara si è rifiutata, stigmatizzando Maliki.
L’accordo con la Russia gli permette ora di ricostruire le forze armate irachene e fa in modo che i Turchi ci pensino due volte prima di violare lo spazio aereo iracheno o che giungano alla conclusione che la loro presenza militare nel nord dell’Iraq possa continuare incontrastata.
Questo significa che l’Iraq è su una rotta di sfida strategica agli Stati Uniti?
Per l’Iraq rimane necessario che gli Stati Uniti si considerino ancora il numero uno come fornitori stabili di armi all’Iraq. L’Iraq si aspetta la consegna di 30 aerei da battaglia F-16.
Una sfida strategica degli Stati Uniti è ben lontana dai pensieri di Maliki - almeno, per ora.
Il messaggio di Maliki necessita di essere preso molto più sul serio, quando ribadisce che l’Iraq è un paese indipendente. Probabilmente, questo messaggio non è molto diverso dalle istanze politiche dell’Egitto sotto la presidenza di Mohammed Morsi.
In poche parole, gli Stati Uniti devono fare i conti con il corso degli avvenimenti in campo, come la decisione di Maliki di rivitalizzare i legami militari con la Russia o la decisione di Morsi di effettuare la sua prima visita di Stato in Cina. In teoria, potremmo assistere ad una svolta anche in Egitto, che sta accingendosi a ravvivare i legami con la Russia.
È un dato di fatto, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov sarà in visita al Cairo all’inizio di novembre nel primo scambio internazionale ad alto livello del governo Morsi.
Infatti, molto dipende dalla calma e compostezza con la quale gli Stati Uniti sono in grado di adattarsi alle nuove realtà del Medio Oriente.
Allo stato attuale, gli Stati Uniti sono riusciti a vendere all’Iraq armamenti per un valore pari a 6 miliardi di dollari. Quindi, si sono posizionati comodamente. La reazione iniziale del Dipartimento di Stato usamericano trasudava fiducia. La portavoce Victoria Nuland ha affermato che l’accordo con la Russia non significa alcun ridimensionamento della cooperazione “interforze” fra Iraq e Stati Uniti, che risulta sempre “molto ampia e decisamente profonda”.
La Nuland ha sottolineato come siano in corso trattative “per qualcosa come 467 contratti di vendita per forniture militari” all’Iraq per un valore di più di 12 miliardi di dollari, “se tutti i contratti vanno in porto”. Inoltre ha ribadito: “Stiamo facendo affari con l’Iraq per vendite militari per un ammontare di 12,3 miliardi di dollari, per cui non credo che ci si possa preoccupare per le relazioni con l’Iraq, che non sono nulla di meno che le più strette e intense.”
Alchimie nuove, mai sperimentate
Ma, suvvia, non si può sorvolare sul tono di apprensione presente nelle parole della Nuland.
La verità è semplice, i “Russi stanno arrivando”, e questa volta sono Russi capitalisti e globalisti, che peraltro conoscono il mercato iracheno, ed inoltre l’esercito iracheno ha familiarità con l’armamento russo. Durante l’era di Saddam, l’Iraq era un importante acquirente di armamenti russi e Mosca ha stimato di avere perso contratti del valore di circa 8 miliardi di dollari, grazie al “cambio di regime” a Baghdad nel 2003, sponsorizzato dagli Stati Uniti.
Si può ben immaginare che la Russia farà tutto il possibile per riguadagnare il primo posto nel mercato iracheno e per recuperare il tempo perduto. Per di più, le operazioni commerciali sugli armamenti hanno da sempre un contenuto politico e strategico.
Nel breve termine, un qualcosa di “mai sperimentato” sta per arrivare, se Maliki decidesse per l’opzione di condividere le risorse irachene con i suoi stretti alleati iraniani e siriani.
Significativamente, anche delegazioni ad alto livello dalla Siria e dall’Iran hanno visitato Mosca negli ultimi mesi.
Si solleveranno moti di perplessità e meraviglia per il fatto che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad sta pianificando una sua visita a Baghdad a breve.
Infatti, nel momento che l’accordo sugli armamenti russo-iracheno è stato firmato a Mosca, il comandante della marina della Guardia Rivoluzionaria iraniana è arrivato in visita in Iraq, a significare lo stretto legame tra Baghdad e Teheran.
Senza dubbio, Washington sta assistendo ansiosa ai movimenti su questo fronte.
Allo stesso tempo, esperti russi hanno teorizzato in passato circa l’emergere di un nuovo “blocco” nel cuore del Medio Oriente, comprendente Iran, Iraq, Siria e Libano, con cui Mosca può sperare di avere relazioni particolari.
Tuttavia, fin d’ora si palesano i segni incipienti che la diplomazia regionale di Mosca in Medio Oriente sta cambiando marcia, determinata com’è a colmare le divisioni regionali che la crisi siriana sta procurando. Naturalmente, l’impresa sembra impressionante nella sua assoluta audacia. Ma è per questo che Putin prevede di recarsi in Turchia la prossima settimana; Lavrov confida di recarsi a Riyadh ai primi di novembre per partecipare alla seconda sessione del Dialogo Strategico della Russia con il Consiglio di Cooperazione degli Stati Arabi del Golfo (che già era stato bruscamente rinviato dal regime saudita come affronto a Mosca per il suo sostegno tenace nei confronti del regime di Assad in Siria).
Inoltre Lavrov effettuerà una “visita sincronizzata” al Cairo per incontrare la nuova dirigenza egiziana e funzionari della Lega Araba.
Nel divulgare la programmazione delle missioni diplomatiche di Lavrov, il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov ha aggiunto: “Noi [la Russia] siamo interessati al dialogo e ad un aperto confronto di collaborazione con i nostri colleghi arabi del Golfo che, in particolare l’Arabia Saudita, il Qatar e altri, giocano un ruolo piuttosto attivo e non privo di significato negli affari siriani. Abbiamo sempre favorito la discussione su questi temi, anche in presenza di disaccordi, ad un tavolo delle trattative, soprattutto perché utilizziamo il meccanismo del Dialogo Strategico.”
Senza dubbio, gli alchimisti russi stanno sperimentando nuove formulazioni, mai finora processate, che possano aiutare a guarire le ferite siriane.
Ma, come Bogdanov ha cercato di spiegare, queste formulazioni sono anche farmaci ad ampio spettro che aiuteranno a vivacizzare il metabolismo complessivo dei legami regionali della Russia con quei partner recalcitranti, al momento non ben disposti a causa della Siria.
Idealmente, Mosca auspica che il processo di guarigione venga incorporato all’interno di un miglioramento complessivo dei rapporti economici reciprocamente vantaggiosi.
Ad esempio, i rapporti della Russia con la Turchia e l’Arabia Saudita andavano a vele spiegate durante la fase del periodo pre-crisi in Siria. Mentre i rapporti con la Turchia recentemente hanno subito in qualche modo una fase di stagnazione, i legami russo-sauditi hanno incontrato serie difficoltà.
Evidentemente, Mosca è intenzionata a ripristinare lo status quo ante. La parte interessante è la valutazione della diplomazia russa, che la congiuntura attuale offre una finestra di opportunità per aperture nei confronti di Ankara e Riyadh, a prescindere dall’incessante bagno di sangue in Siria.
Lo sfondo a ciò che sta accadendo è significativo. Nella valutazione di Mosca, evidentemente, ci potrebbero essere segnali di speranza per un rinnovato approccio alla ricerca di una soluzione politica alla crisi siriana, anche se il cielo presenta un aspetto denso di nubi pesanti.
Da questo modo di procedere e da questa accorta valutazione ne potrebbe risultare un qualcosa di valore.
Stando così le cose, la Turchia e l’Arabia Saudita devono affrontare una difficile situazione, visto come si presentano gli eventi in Siria. Nemmeno pensavano che il regime siriano avrebbe avuto una base sociale e una volontà politica disposte a resistere; entrambi i paesi sono frustrati per il fatto che un qualsiasi “cambio di regime” in Siria necessiti di un lungo percorso denso di conseguenze imprevedibili, non solo per la nazione siriana, ma anche per l’intera regione e anche per loro stessi.
Ancora, mentre non è riscontrabile un allentamento nella tenace opposizione a un intervento esterno in Siria, opposizione che Mosca e Pechino hanno decisamente messo in atto, è da escludere da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un mandato per un intervento.
D’altro canto, senza un mandato delle Nazioni Unite, un intervento occidentale è improbabile e, in ogni caso, gli Stati Uniti restano disinteressati, mentre i comportamenti degli Europei saranno condizionati dalle priorità delle loro economie, che, secondo le ultime valutazioni del Fondo Monetario Internazionale, stanno scivolando in una recessione prolungata, da cui sembra altamente improbabile un recupero a breve termine.
Un Sultano con un Nobel
In breve, la Turchia e l’Arabia Saudita hanno nelle loro mani un vaso di Pandora che contiene tutti gli elementi ribelli siriani, che non solo fra loro si differenziano profondamente ma anche potrebbero rivelarsi problematici in futuro.
Per quanto riguarda la Turchia, l’opinione pubblica popolare è schiacciante contro un intervento in Siria, con o senza mandato delle Nazioni Unite. Il popolo turco rimane ben lontano dall’essere convinto che i suoi interessi nazionali vitali siano in gioco in Siria. Inoltre, anche l’economia turca sta rallentando, e la profonda recessione in Europa può creare problemi alle fortune economiche della Turchia.
La carta vincente della dirigenza dell’AKP finora è stata di avere condotto la Turchia ad un periodo di prosperità economica senza precedenti.
[Il Partito per la giustizia e lo sviluppo (in turco Adalet ve Kalkınma Partisi, abbreviato AKP) è un partito islamico-conservatore turco. L’AKP è il partito al potere in Turchia dal 2002. Il suo presidente, Recep Tayyip Erdoğan, è dal 2003 il primo ministro della Turchia.]
Sempre più spesso, quindi, tutto questo attivismo rispetto alla questione siriana sembra più la strampalata idea del ministro degli Esteri Ahmet Davitoglu, un accademico convertito alla politica, e del primo ministro Recep Erdogan, piuttosto che una ben pensata iniziativa di politica estera.
Ma anche in questo caso, le priorità politiche di Erdogan stanno per cambiare, mentre sta preparando il suo tentativo di diventare nel 2014 il presidente esecutivo della Turchia secondo una nuova costituzione.
Il pantano siriano può minacciare le sue ambizioni politiche, e già Erdogan intuisce la rivalità del presidente uscente Abdullah Gül, i cui indici di consenso popolare sono di gran lunga migliori dei suoi. In sintesi, Erdogan vuole un cambio di regime in Siria e sta premendo per questo, ma lo vuole subito. Non può aspettare un tempo indefinito, dal momento che il proprio calendario politico ne verrebbe sconvolto. D’altra parte, è anche preoccupato che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non abbia tanta urgenza e che gli Europei siano distratti dai loro disturbi.
Quindi, tutti i fattori presi in considerazione non dovrebbero suscitare alcuna sorpresa per la visita di Putin in Turchia come priorità urgente - anche se Erdogan ha visitato la Russia appena due mesi fa. Putin ha eccellenti relazioni personali con Erdogan, determinanti per la realizzazione di una collaborazione russo-turca di un così alto livello qualitativo, da non riscontrasi negli ultimi anni.
Putin è un uomo di stato molto attento e concentrato. Egli desidera far rivivere la “verve del tango” russo-turco. Nel processo in corso, il contratto per la costruzione in Turchia di una centrale nucleare da 25 miliardi di dollari potrebbe essere fatto avanzare fino alla fase di attuazione, e la Russia potrebbe avvalersi altresì di contratti per vendere armamenti alla Turchia.
Nella valutazione russa, l’ideologia di fondo di Erdogan nei termini del perseguimento di una politica estera indipendente ha bisogno di essere incoraggiata, nonostante i recenti scostamenti, come la decisione di dispiegare sul suolo turco un sistema di difesa missilistica degli Stati Uniti.
Nel quadro di una rinascita della bonarietà nelle relazioni russo-turche, e approfittando degli sforzi penosi e degli interrogativi sulla questione siriana da parte di Erdogan, le aspettative di Putin portano alla possibilità di un proficuo dialogo tra Mosca e Ankara alla risoluta ricerca di una soluzione politica alla crisi in Siria.
Dopo tutto, questa è la stagione dei Nobel! Se Erdogan venisse convinto di poter diventare il primo Sultano - e probabilmente, anche l’ultimo, nella storia ottomana - a vincere un premio Nobel per la pace, Putin avrebbe recato un suo enorme personale contributo alla pace nel mondo.
http://www.atimes.com/atimes/Central_Asia/NJ11Ag01.html
http://tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8356
L’ambasciatore M. K. Bhadrakumar è stato diplomatico di carriera nel Servizio per gli Affari Esteri Indiano. Ha ricoperto incarichi nell’Unione Sovietica, in Corea del Sud, nello Sri Lanka, in Germania, Afghanistan, Pakistan, Uzbekistan, Kuwait e Turchia.
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
11 ottobre 2012
mercoledì 31 ottobre 2012
Attivisti contro la guerra sulle manifestazioni del 27 ottobre, contro Monti e contro la sua politica imperialista (tale e' la politica della NATO e dell' UE)
Comunicato sulle manifestazioni del 27 ottobre
In occasione delle manifestazioni del 27 ottobre, svoltesi a Roma a Milano sono stati presenti due significativi spezzoni entrambi caratterizzati dalla denuncia delle politiche imperialiste del governo Monti e contro le minacce di aggressione alla Siria e all'Iran.
Nella manifestazione di Roma sono confluite altre realtà impegnate nella denuncia della politica estera del governo italiano e segnatamente quella contro la Siria che hanno condiviso l'appello sottolineare il tema dell'opposizione alla guerra. Per quanto non numeroso, visto che molte realtà, che pure condividevano la nostra denuncia, hanno deciso di sfilare dietro propri striscioni di organizzazione su tematiche più generali, la nostra presenza ha riscontrato una buona accoglienza e simpatia. Diversi manifestanti hanno sfilato per una parte di corteo al nostro fianco esprimendoci la loro riconoscenza per aver dato visibilità alla tematica della lotta contro la politica imperialista di questo governo. Lo striscione ha suscitato l'interesse anche dei giornalisti e dei mediattivisti presenti al corteo poiché esso è stato molto fotografato a ripreso con telecamere.
Certo siamo ancora ad un livello inadeguato di opposizione sul terreno della lotta alla guerra ma, alla luce anche dei positivi riscontri ricevuti, dai partecipanti allo spezzone di Roma come da quelli presenti alla mobilitazione di Milano, è emersa con ancora maggiore convinzione la necessità di un'assemblea nazionale già decisa nell'incontro a Roma del 30 settembre. Tale discussione dovrà a nostro avviso avere come tema centrale i nessi tra la permanenza della crisi economica e la crescente politica aggressiva verso l'esterno delle principali potenze economiche ma anche quelli tra la politica interna di attacco alle condizioni di vita e di lavoro e l'interventismo diplomatico, economico e militare nella politica internazionale soprattutto verso i paesi periferici. Ma soprattutto la discussione dovrà concentrarsi sulla possibilità di dare vita ad una campagna e a forme di mobilitazione coordinate che diano voce alla denuncia di queste connessioni e le mettano al centro delle mobilitazioni contro la politica complessiva dei nostri governanti.
La data prevista per l'assemblea era stata individuata intorno alla fine di novembre. Ci pare che la prima data utile possa essere quella del 1 dicembre.
Invitiamo pertanto tutte le realtà che hanno partecipato sia all'assemblea del 30 settembre e quelle presenti alla manifestazione ad esprimersi sulla volontà di dare vita a questa iniziativa.
Chiediamo di far girare ulteriormente ai propri contatti questo invito.
Attivisti contro la Guerra.
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Siria, le notizie della settimana dal 21 al 28 ottobre 2012
a cura di Marco Palombo
UNA CRONACA DELLA TREGUA PER LA FESTA “DEL SACRIFICIO” Il cessate il fuoco per la festivita' islamica del Sacrificio, Eid al-Adha, e' stato proposto da Brahimi, incaricato da ONU e Lega Araba per la crisi siriana. Il diplomatico algerino lo ha illustrato ai paesi della regione mediorientale e Ban Ki moon con il segretario della Lega Araba, l'egiziano Al Araby, lo ha richiesto ufficialmente alle parti coinvolte nel conflitto. Il capo del Consiglio Militare del ESL al Seikh ha risposto si a condizione del rispetto della tregua da parte dell'esercito governativo. Domenica 21 ottobre Brahimi ha incontrato Assad a Damasco e il presidente siriano ha legato la sua adesione alla tregua alla fine delle attivita' terroristiche nel paese. Una risposta che sembrava quasi negativa vista l'attivita' in Siria di gruppi armati che non fanno riferimento ad alcuna autorita' riconosciuta e che non avrebbero mai accettato un dialogo o un accordo.
Invece giovedi' mattina era ufficiale il si del governo siriano al cessate il fuoco.
Venerdi' 27 ottobre alle 6.00, ora locale, e' iniziata la tregua. Secondo la lega Araba il temporaneo armistizio ha sostanzialmente tenuto fino a meta' pomeriggio e alle 16.00 venivano segnalati incidenti in varie zone del paese e 7 persone uccise, mentre il giorno prima era stato comunicato il numero di 140 morti negli scontri armati.
In serata la conta degli uccisi si impennava, arrivando prima a 47 persone ed infine a 70. La mattina seguente alle 8.00 la cifra indicata era di 81 caduti ma dopo pochissime ore, verso le 12.00, veniva data la cifra di 147 morti negli scontri armati, numero che e' rimasto immutato e citato come dato ufficiale in tutte le altre news sulla giornata.
Tutte queste stime sono arrivate da un' unica fonte vicina all' opposizione e non mi convincono assolutamente, soprattutto per il contrasto tra la descrizione della giornata fino alle 16.00, qualcuno ha parlato anche della presenza di manifestazioni pacifiche antigovernative finalmente possibili dopo settimane di terrore, e l'incremento velocissimo del numero degli uccisi avvenuto in serata e addirittura nella tarda mattinata di sabato. Dopo 4 giorni saranno dichiarate 420 persone morte nei combattimenti durante la tregua, ma la percezione del fallimento del temporaneo armistizio e' arrivata con quell' improbabile incremento dai 7 uccisi alle 16.00 di venerdi' ai 147 delle 24.00 annunciati a mezzogiorno di sabato.
I QUOTIDIANI ITALIANI, TRANNE POCHE ECCEZIONI, NON HANNO SCRITTO DELLA TREGUA Ho consultato i quotidiani di venerdi' e sabato presenti in una biblioteca pubblica. Corriere della Sera, Repubblica, Il Messaggero, Il Foglio, Libero e il Tempo non avevano nessun accenno alla tregua siriana. Il Sole24ore di sabato conteneva un trafiletto sulla giornata precedente e solo Il Manifesto e Avvenire avevano notizie sulla tregua sia il venerdi' che il sabato. Questi due ultimi giornali nel complesso hanno dato al tema anche uno spazio adeguato.
IN LIBANO HA RETTO UNA TREGUA “ARMATA” Domenica 21 ottobre e il giorno seguente c'e' stata in Libano una tensione altissima. Attorno a Tripoli, nel nord del paese, si sono verificati combattimenti tra gruppi armati sunniti, alleati dei ribelli siriani, e gruppi alawiti fedeli al presidente Assad. Negli incidenti hanno perso la vita 10 persone e i feriti sono stati alcune decine. Nei giorni successivi l' esercito libanese e' riuscito a imporre una tregua alle due parti e anche Helzobollah ha avuto un ruolo nell' evitare un allargamento degli scontri armati nel Libano.
UN SINTETICO COMMENTO Questa tregua ha confermato che: – Nella crisi siriana i “cessate il fuoco” nel complesso non riescono ma hanno sempre dei risultati positivi parziali; – I media tendono ad ignorare completamente le notizie sulla tregua e in particolare i loro piccoli risultati positivi; – Il pessimismo sui tentativi di fermare la violenza comincia ad essere diffuso non appena si parla di questi, senza aspettare neanche il loro inizio. Ho messo anche l' accenno alla tregua nel Libano perche' e' la dimostrazione che un impegno serio per arginare la violenza porta a risultati positivi.
CONFERENZA STAMPA DELLA COMMISSIONE COI – ESORDIO DELLA DEL PONTE COME TESTIMONIAL Mercoledi' si e' svolta a Ginevra una conferenza stampa della Commissione CoI che indaga sui crimini di guerra nella crisi siriana. Il presidente Pinheiro ha dichiarato che sara' chiesto al governo siriano di poter entrare nel paese per svolgere le sue attivita'. I precedenti rapporti erano stati redatti dall'estero proprio per il rifiuto del governo a far lavorare la commissione sul territorio siriano. I media hanno riportato la conferenza stampa titolando sulla dichiarazione della magistrata svizzera Del Ponte che e' entrata a settembre 2012 nella commissione. La magistrata ha spiegato che intende trovare i colpevoli politici e militari dei crimini compiuti in Siria. Crimini che pero' non sono attribuiti solo alle forze governative e che per ora non sono assolutamente provati. A questo link - http://www.sibialiria.org/ wordpress/?p=947 - potete trovare un' inchiesta sul rapporto della commissione che, pur avendo avuto momenti di grande esposizione mediatica, nella sostanza e' risultato poco attendibile, tanto che si e' dovuto chiamare nella commissione la Del Ponte per dare piu' credibilita' al suo lavoro.
L'UNIONE EUROPA OSCURA LA TV SIRIANA Spiacevole sorpresa lunedi' per tutte le persone che seguono in Europa la tv siriana. Per ordine dell' Unione Europea il satellite Hotbird ha interrotto le trasmissioni di vari canali siriani nella cornice delle sanzioni contro la Siria. Quindi le persone di origine siriana che vivono nei paesi europei non possono piu' avere informazioni dirette su quanto avviene nel loro paese se non da qualche sito o telefonando. L' alternativa e' ascoltare la propaganda di Al Jazeera e Al Arabya o comprare una parabola speciale per ricevere i canali russi. Una cattiveria unica non tanto verso lo stato siriano, ma soprattutto verso i siriani in Europa che oltre ad essere lontani dal loro paese sono in ansia per i loro familiari in Siria e vorrebbero seguire quanto sta avvenendo nel loro paese. Ora temono anche che questo "simpatico" stratagemma venga esteso ad altre forme di comunicazione come Skype o altri server siriani. Non e' la prima interruzione per i canali di questo paese. Lo scorso giugno la Lega Áraba ha chiesto ai proprietari dei satelliti Arabsat y Nilesat la sospensione delle trasmissioni siriane via satellite in tutto il mondo.
Il 15 ottobre inoltre il satellite Eutelsat ha interrotto i servizi a 19 canali e stazioni radio trasmessi dall' Iran; un' altra decisione dell' UE presa insieme ad altre misure nel settore finanziario, commerciale, energetico e dei trasporti. In questa occasione sono stati oscurati PressTV e altri canali televisivi oltre a varie stazioni radio.
Il 15 ottobre inoltre il satellite Eutelsat ha interrotto i servizi a 19 canali e stazioni radio trasmessi dall' Iran; un' altra decisione dell' UE presa insieme ad altre misure nel settore finanziario, commerciale, energetico e dei trasporti. In questa occasione sono stati oscurati PressTV e altri canali televisivi oltre a varie stazioni radio.
L'OCCIDENTE CONTINUA A PREPARARE L'OPINIONE PUBBLICA ALL'INVIO DI CASCHI BLU MA L' ONU ESCLUDE QUESTA IPOTESI Probabilmente fino al 6 novembre, giorno delle elezioni presidenziali statunitensi, non ci saranno svolte nella politica dei paesi occidentali verso la Siria. Nel frattempo questi paesi lavorano a dare all' opposizione un' immagine piu' credibile. L' ex premier siriano Hijab, fuggito dalla Siria ad inizio agosto, e' stato recentemente a Roma e in un colloquio con il nostro ministro degli esteri ha spiegato che Assad non vuole nessun negoziato e che e' necessario unificare l' opposizione per dare una prospettiva credibile alla guerra esistente.
Negli stessi giorni l' israeliano Peres ha incontrato il presidente del Consiglio italiano Monti e nella conferenza stampa finale si e' pronunciato per un intervento in Siria di caschi blu armati delle Nazioni Unite, militari che vorrebbe appartenenti ad eserciti di paesi arabi. Le forze ONU dovrebbero operare in territorio siriano per almeno un anno e aiutare una transizione politica.
Questi temi, invio di caschi blu e unificazione dell' opposizione, ricorrono frequentemente e i paesi occidentali ci stanno lavorando da tempo cercando di ottenere soprattutto l'appoggio dell' opinione pubblica progressista. Ma lunedi' 29 a Mosca l' incaricato per la crisi siriana Brahimi ha negato che l' ONU sia favorevole a questa ipotesi.
RINVIO DELLA VISITA DELLA DELEGAZIONE VATICANA La missione della delegazione vaticana in Siria prevista per questa settimana e' stata rinviata, ufficialmente per motivi di sicurezza. Alcuni commentatori hanno legato il rinvio a divergenze all' interno degli ambienti della Santa Sede tra lobby diverse. Sicuramente la posizione del Vaticano sulla guerra siriana non e' la stessa dei paesi occidentali, ma questa differenza fatica molto a farsi notare ed a costruire percorsi autonomi.
IL DIBATTITO TRA OBAMA E ROMNEY SULLA POLITICA ESTERA NON LASCIA ALCUNA TRACCIA Lunedi' 22 ottobre i candidati alla presidenza degli Stati Uniti si sono affrontati in un dibattito televisivo interamente dedicato alla politica estera. Il duello ha mostrato due posizioni molto simili ed e' passato quasi inosservato, almeno nei suoi contenuti di politica estera. Un nuovo attacco ad Obama sulla vicenda dell' 11 settembre a Bengasi e' arrivato dalla Fox secondo la quale la CIA avrebbe fermato quella sera l' intervento di agenti verso l' ambasciata USA attaccata. Ma ormai questa incerta elezione presidenziale si decidera' su altri temi.
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mercoledì 24 ottobre 2012
27 ottobre, tutti al No Monti Day - Giu' le mani dalla Siria !
Comunicato della Redazione di Sibialiria
Il 27 ottobre saremo a Roma per manifestare, insieme a migliaia di altri compagni, per dire No al Governo Monti e alle sue politiche liberiste, dettate dalla BCE e dalla finanza internazionale, che hanno già provocato precarietà, licenziamenti, disoccupazione, povertà, privatizzazioni… E, sopratutto, per portare avanti le parole d´ordine dell´appello “Giù le mani dalla Siria”, firmato, questa estate, da numerose organizzazioni, inclusa la nostra
Avremmo voluto che nel documento che indice il No Monti Day, sin dall´inizio della campagna di mobilitazione, ci fosse stato anche un chiaro ed inequivocabile No alle politiche belliciste del Governo Monti e, in particolare, alla guerra per procura che, con gli alleati euro-atlantici e le petro-monarchie, sta conducendo contro la Siria; un´altra guerra – come quella alla Libia – mai discussa o approvata in Parlamento e finora condotta finanziando e riconoscendo ufficialmente i banditi del CNS come “unici rappresentanti del popolo siriano”, imponendo sanzioni che stanno affamando il popolo siriano, spalleggiando l´entrata in guerra della Turchia e, last but not least, impedendo a tre parlamentari siriani di incontrare loro colleghi italiani.
A tal riguardo abbiamo invitato il Comitato promotore del No Monti Day ad inserire nel comunicato di convocazione della manifestazione una riga che condannasse quanto il Governo Monti sta facendo contro la Siria. Al momento non abbiamo ancora ricevuto risposta ma, considerando la nostra dichiarata volontà di contribuire in modo unitario alla mobilitazione e la sensibilità dei compagni che, pur tra diverse sensibilità, animano il Comitato promotore del No Monti Day, restiamo in fiduciosa attesa.
Ci auguriamo di vedere i cittadini siriani sfilare nel corteo del 27, magari dietro il nostro striscione, “No alle politiche imperialiste del Governo Monti – Giù le mani dalla Siria”, così come ci auguriamo di vedere al nostro fianco le organizzazioni firmatarie dell’appello “Giù le mani dalla Siria”.
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http://napolinowar.wordpress.com/2012/10/24/27-ottobre-tutti-al-no-monti-day-giu-le-mani-dalla-siria/
lunedì 22 ottobre 2012
Siria, le notizie della settimana dal 14 al 20 ottobre 2012
PROPOSTA UNA TREGUA PER LA FESTIVITA’ ISLAMICA DEL SACRIFICIO
Brahimi, incaricato speciale delle Nazioni Unite e Lega Araba per la crisi siriana, ha proposto una tregua per i giorni della festivita’ islamica del Sacrificio, il 26 ottobre. Questa proposta e’ stata presentata in Arabia saudita, viaggio tenuto quasi segreto, sul finire della scorsa settimana e nei giorni successivi in Turchia, Iran e Libano. Martedì si sono incontrati a sorpresa, a margine di un vertice economico a Baku in Azerbajan, il presidente turco Erdogan e quello iraniano Ahmadinejad che appoggiano entrambi la proposta. L’ opposizione armata ufficiale si e' detta disponibile alla tregua se ci saranno garanzie sul rispetto del cessate il fuoco anche dalla controparte. La riuscita di questa piccola pausa degli scontri armati non è scontata, pero’ i precedenti tentativi di tregua e presenza di osservatori, pur essendo falliti, avevano portato temporaneamente ad una diminuzione della violenza. I piccoli e parziali risultati ottenuti e l’ evidente boicottaggio dell’ opposizione armata furono sempre nascosti dai media. Quindi, in questa occasione, sara’ opportuno che l’ informazione e l’attivismo per la pace seguano con attenzione il tentativo e segnalino quelle notizie, compresi i piccoli segnali, che i media ufficiali tendono a non divulgare.
SI PARLA DI UNA TREGUA E LA VIOLENZA ARRIVA NUOVAMENTE IN LIBANO
Nella lunga crisi siriana tutte le volte che si e’ fatta avanti la possibilita’ di una trattativa, e’ arrivato puntuale qualche gravissimo episodio di violenza che ha azzerato il tentativo di mediazione del momento. L’ autobomba di Beirut, dove e’ rimasto ucciso il generale dei servizi segreti libanesi Wissan al Hassan, ha riacceso la miccia dello scontro in Libano tra filo e anti Assad, proprio nel momento in cui in Siria la popolazione da segni di insofferenza verso chi fomenta e conduce la guerra.
INDISCREZIONI SU UNA POSSIBILE MISSIONE DI CASCHI BLU ARMATI DELLE NAZIONI UNITE
Alcuni articoli tornano, in modo molto cauto, a parlare di possibile missione di 3.000 caschi blu armati dell’ ONU. Il quotidiano Libero ipotizza anche che l’ Italia possa assumerne il comando. In realta’ all’ ipotesi di intermediazione armata delle Nazioni Unite si lavora incessantemente da mesi cercando di convincere soprattutto gli ambienti pacifisti italiani. Ma la cosa non e’ tanto semplice. Il 30 agosto, quando la presidenza del Consiglio di Sicurezza era francese, si e’ svolto un incontro di questo organismo alla presenza del ministro degli esteri francese e di quello inglese. Ma una loro richiesta di creare zone cuscinetto non fu accettata. Questo episodio ha avuto poca pubblicita’ ma dopo la riunione del CdS, con la consueta decisione, il ministro degli esteri francese Fabius dichiaro’ che per il futuro non escludeva alcuna ipotesi, cioe’ la Francia avrebbe potuto intervenire anche senza approvazione del Consiglio di Sicurezza. La creazione di zone cuscinetto e la presenza di caschi blu armati avrebbero entrambe la conseguenza di togliere al governo di Damasco il controllo di zone del suo territorio. E sarebbe di fatto un passo ostile verso l’ attuale stato siriano.
MARTEDI’ RIUNITO IL CNS E INCONTRO A PARIGI CON IL GOVERNO FRANCESE.
Martedi’ si e’ riunita in Qatar l’ opposizione del CNS, l’ unica appoggiata e riconosciuta dagli stati occidentali. Ha dichiarato di avere fatto un passo verso l’ unificazione di tutti gli oppositori ad Assad e una sua delegazione si e’ incontrata a Parigi con il governo francese. Ricordo che la Francia ha sempre fatto pressione per la nascita di un governo provvisorio in esilio che Parigi riconoscerebbe subito come legittimo rappresentante del popolo siriano. Un processo analogo avvenne in Libia, con i risultati che sappiamo.
MISSIONE VATICANA AD ALTISSIMO LIVELLO IN SIRIA
E’ stata annunciata una missione vaticana a Damasco in solidarieta’ a tutta la popolazione siriana che soffre per la guerra. Alla delegazione della Santa Sede parteciperanno alcuni cardinali tra i quali l’ arcivescovo di Kinsasa e quello di New York. Oltre a incontri e colloqui gli inviati di Benedetto XVI porteranno un' offerta dello Stato Vaticano e una personale dei partecipanti al Sinodo dei padri della Chiesa che si e’ tenuto a Roma a ottobre.
PATRIARCA GREGORIOS III A ROMA
Il Patriarca della Chiesa Cattolica Greco-Melchita Gregorios III dopo aver partecipato al Sinodo dei Padri della Chiesa, si e’ trattenuto alcuni giorni a Roma ed ha avuto vari incontri nei quali ha spiegato la sofferenza del popolo siriano per l’ attuale guerra e il diffuso desiderio di una soluzione pacifica alla crisi. Ha spiegato anche l’ impegno attuale di molti siriani per la riconciliazione ed alcuni positivi risultati delle iniziative del movimento Musalaha, riconciliazione in arabo. In Siria esiste con il nuovo governo anche un Ministero per la Riconciliazione guidato da un esponente dell’ opposizione che ha partecipato alle ultime elezioni. Un' iniziativa che ricalca il percorso compiuto in Sudafrica per la fine dell' apartheid.
SANZIONI UE E CHIUSURA SPAZIO AEREO TURCO
La scorsa settimana avevo scritto che l' unico effetto del dirottamento su Ankara dell' aereo siriano da parte dei caccia F-16 era stato il rinvio della visita di Putin in Turchia. Avevo anche ipotizzato che questo fosse stato lo scopo principale dell' episodio. Sbagliavo. Successivamente c'e' stata un' analoga perquisizione ad un aereo armeno in volo nei cieli turchi e la chiusura dello spazio aereo turco a tutti i voli per la Siria. Allora e' evidente che l' episodio del primo dirottamento e' stato il primo passo di questa percorso che si inserisce insieme alle sanzioni dell' Unione Europea, ulteriormente aumentate lunedi', nella strategia di colpire la Siria dal punto di vista economico. Intanto si invitano gli italiani a sostenere economicamente le ONG che lavorano nell' emergenza umanitaria causata dalla guerra.
LUNEDI’ 22 OTTOBRE DIBATTITO TV SULLA POLITICA ESTERA TRA OBAMA E ROMNEY
Martedi’ nel secondo dibattito televisivo tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti c’e’ stato come previsto un reciproco scambio di accuse sull’ episodio dell’ uccisione dell'ambasciatore Stevens all’ ambasciata USA di Bengasi. I media hanno attribuito a Obama un netta vittoria nel confronto. Non e’ andata esattamente cosi’, comunque l’ incontro di lunedi’, esclusivamente sulla politica estera, avra’ molta piu’ importanza dello scambio di battute della settimana precedente.
ALCUNE NOTIZIE NASCOSTE
- L’ agenzia ufficiale iraniana IMA ha riferito che Ahmadinejad e’ favorevole ad una tregua in Siria e crede che solo libere elezioni, e non la guerra, possano portare ad una soluzione stabile nel paese.(dal Manifesto)
- Nel 2010 i 189 paesi firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare avevano deciso che si sarebbe svolta ad Helsinki entro la fine del 2012 una Conferenza per un Medio Oriente denuclearizzato. Non se n’e’ piu’ parlato. (Dal Manifesto)
- Ad Aleppo e’ stato ritrovato il cadavere del direttore della clinica universitaria. Era stato rapito dall’ opposizione armata nel luglio scorso perche’ accusato “di appoggiare il regime di Assad”.(Gr RAI)
SE QUESTA E’ INFORMAZIONE…
“L’ incaricato ONU Brahimi ha incontrato a Damasco Assad. E’ stato l’ennesimo tentativo fallito per un cessate il fuoco come dimostrano i due attentati che oggi ad Aleppo e Damasco hanno ucciso decine di persone.”
dal Tg La7 di domenica 21 ottobre.
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venerdì 19 ottobre 2012
Roma- Cristiani in Siria, incontro con il Patriarca Gregorios III
Roma
Sabato 20 ottobre, ore. 17.00
Sabato 20 ottobre, ore. 17.00
Aula Pio XI - Palazzo San Calisto
Piazza San Calisto 16 - ROMA (zona Trastevere)
Musalaha: i cristiani siriani e la riconciliazione
incontro con
Sua Beatitudine
Patriarca Gregorios III Laham
Patriarca Gregorios III Laham
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giovedì 18 ottobre 2012
Dalla Siria una lettera aperta a Hollande e a Fabius, ministro degli esteri francese
Domenica 14 ottobre 2012
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Francese e al Ministro degli Affari Esteri.
Signor Presidente della Repubblica Francese,
Signor Ministro degli Esteri,
Proprio come molti siriani, mi ritrovo padre di una vittima della guerra in atto nel nostro paese. Pascale aveva venti anni quando, il 9 ottobre, il bus pubblico su cui viaggiava è stato oggetto di un attacco in cui è morta, assassinata da una banda armata riconosciuta come parte dell'Esercito Siriano "Libero" a cui Lei dà supporto, incoraggiamento e che Lei alimenta fin dall'inizio del movimento.
Ragioni di Stato forse La spingono a prendere posizione a favore dell'Esercito Siriano "Free" (ASL) ma non è certo nell’intento di liberare il popolo siriano dalla dittatura. L'attuale regime siriano e il suo apparato politico non è tenero, noi lo sappiamo bene e da molto tempo, ma le "bande" dell’ ASL associano ugualmente la brutalità alla arbitrarietà: il movimento porta con sé i semi di una nuova dittatura che sicuramente ci farà rimpiangere la precedente.
Sotto slogan generosi di libertà, di democrazia e di partecipazione al potere, Lei, con i suoi alleati, ha incoraggiato l'introduzione sul nostro territorio di gruppi estremisti salafiti, e altri elementi del movimento di Al Qaeda che vengono a uccidere e ad essere uccisi qui da noi, distruggendo ciò che possono sulla loro strada; perché dunque averceli inviati? Gli Occidentali non avrebbero avuto il coraggio di affrontarli essi stessi? Se il vostro obiettivo è quello di distruggere la Siria per proteggere Israele, credete veramente che ridurre il popolo siriano alla rovina e alla miseria potrà pacificare e dare sicurezza ad Israele?
I vostri predecessori, tra cui i rivoluzionari del 1789 hanno sempre fornito supporto e protezione per le minoranze cristiane in Siria e in Oriente. Oggi le vostre prese di posizione hanno l'effetto opposto e portano alla loro eliminazione. Credete che sradicare i cristiani porterà la civiltà?
E 'sorprendente come in breve tempo la politica francese sia riuscita a farci dubitare del significato della sua rivoluzione e il suo emblema: "Libertà, Uguaglianza, Fraternità"!
In Siria, la vostra politica nel senso della pratica del potere, ha introdotto l'arbitrarietà; così si può riassumere con un altro slogan: libertà e uguaglianza in Siria, mentre in Qatar oligarchia e privilegi. E circa la fraternità, che regnò da noi in mezzo alla gente, ecco che avete incoraggiato la guerra settaria, ignorando le palesi discriminazioni che vengono praticate in altri paesi arabi, tra cui l'Arabia Saudita.
Ci è stato detto che il cristianesimo non ha più gran credito nel Suo paese, ma al momento non si vede apparire una filosofia più generosa e più evoluta di quella religione che ha costruito le cattedrali. In pochi mesi, Lei è arrivato con i suoi alleati a trasformare la fratellanza siriana musulmano-cristiana, che dobbiamo a queste due religioni, in una guerra quasi confessionale. E tuttavia, questo accordo religioso è la garanzia di un Islam tollerante che potrebbe diffondersi in tutto il mondo.
In cambio, la guerra che viviamo per volontà dell’ESL e dei suoi alleati sembra trasformare la convivenza in ostilità, che si diffonderà in tutto il mondo con una maggiore rapidità rispetto al progetto. Può esserne certo: gli sconvolgimenti che ora viviamo noi, li verrete a vivere al più presto pure voi. Che cosa si sente echeggiare per le strade di Aleppo? "Dopo la Siria, l'Europa."
L'Islam moderato è molto fragile perché il Profeta mette in guardia i musulmani contro l'alleanza con i non-musulmani circa l’ opporsi ad altri musulmani. Lasciando proliferare l’Islam fondamentalista voi rendete ancora più fragili i musulmani moderati. Voi giocate anche contro di loro. Il fondamentalismo islamico ha sempre l'ultima parola, perché i moderati sono deboli e paralizzati dai versi del Corano nella lotta contro gli estremisti.
Il proverbio arabo dice: "Chi prepara un pasto velenoso è il primo a morire perché egli deve gustarlo". E il proverbio francese non dice forse "i guadagni illeciti alla fine non pagano mai"? Gli Stati Uniti hanno creato Bin Laden, ed hanno avuto l'11 settembre.
Naturalmente, ci sono molte ragioni che inviterebbero i cristiani siriani a prendere le distanze dal gruppo corrente del regime siriano; però vi posso dire che noi, cristiani siriani, non vediamo motivo di distruggere il nostro paese e uccidere i nostri bambini per passare da una corruzione ad un’ altra che sarebbe semplicemente per servire altrui interessi.
Meglio mantenere la politica che vogliamo, piuttosto che seguirne un’altra di cui non abbiamo il presentimento che sia molto migliore . La vostra politica non è altro che incoraggiare l'installazione di uno Stato confessionale in Siria attraverso l'adozione della legge islamica. Il Presidente Mursi, membro dei Fratelli Musulmani, come quelli che si delineano in Siria, non ha manifestato l'intenzione di imporre la "sharia" anche ai cristiani d'Egitto? Quando l’avremo a casa nostra, grazie a voi, non ci sarà che augurarla pure a voi e alle vostre donne.
Perché questa lettera aperta di un padre colpito in ciò che ha di più caro? E 'per esprimere un cuore ferito dal dolore o perchè questa sofferenza proclami ad alta voce ciò che un cuore tiepido e indifferente non è in grado di suggerire?
Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari Esteri, accettate che vi inviti a cambiare la vostra politica per adottarne una più coraggiosa e più virile,
Accettate che il mio invito sia una supplica, ma non rimanete più a lungo implorati. In nome della libertà e di ciò che ne resta, in nome dell'uguaglianza e di quello che se ne è fatto e il nome della fratellanza umana ridotta in briciole, io vi prego, con migliaia di famiglie, di smettere di sostenere e finanziare le bande armate che proclamano che il vostro turno verrà dopo il nostro.
Abbiate pietà delle famiglie ferite e disarmate, delle famiglie in lutto, delle famiglie che non hanno più tetto, di centinaia di migliaia di giovani che non hanno più speranza.
Avete visto come Aleppo, la città millenaria, è diventata una città fantasma? Potreste anche solo immaginare Parigi diventare una città fantasma, dove centinaia di migliaia di famiglie francesi vaghino in cerca di rifugio per evitare spari e i tiri di mortaio dell’ arbitrarietà, del fanatismo e della brutalità?
I vostri alleati sul posto si sono accaniti su Aleppo, con i suoi bazar che hanno alimentato per secoli l'Europa, hanno attaccato perfino le rovine. La Basilica di San Simeone che circonda la famosa colonna del celebre primo Stilita è ormai una rovina di rovine. Decine di Chiese, Moschee, le fabbriche, le scuole, le università sono stati oggetto di loro colpi e che dire dei tesori archeologici che vengono rubati e dispersi per portarci la democrazia!
Vi supplichiamo, Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari esteri della Repubblica Francese, cessate il vostro sostegno agli elementi armati che non obbediscono a nessuna legge e tornate a ciò che ha fatto la gloria della Francia.
Vi prego di accettare, Signor Presidente della Repubblica Francese, Signor Ministro degli Affari esteri della Repubblica Francese, l'espressione della mia più alta considerazione.
Claude ZEREZ, padre di Pascal uccisa a Homs all’età di 20 anni il 9 ottobre 2012.
I
Bhadrakumar - La Russia getta ponti sulle divisioni in Medio Oriente
Mercoledì 17 Ottobre 2012 10:50
di M. K. Bhadrakumar *
La Russia getta ponti sulle divisioni in Medio Oriente
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martedì 16 ottobre 2012
Siria, le notizie della settimana dal 7 al 13 ottobre 2012
BRAHIMI PRESTO IN EUROPA E A DAMASCO, MA ORA IL SUO SILENZIO AIUTA LA GUERRA.
Ladhkar Brahimi, incaricato di ONU e Lega Araba per la crisi siriana, aveva annunciato un suo piano di pace dopo il dibattito generale all’ Assemblea delle Nazioni Unite terminato il 1° ottobre. Ancora non si e’ saputo niente in proposito tanto che alcuni giornalisti hanno chiesto al Segretario generale dell’ ONU, Ban Ki moon, quali fossero i progetti di Brahimi per cercare una soluzione politica alla tragica situazione siriana. Ban ha annunciato prossimi colloqui del diplomatico algerino in alcune capitali dell’ Unione Europea e una successiva missione a Damasco. Ma in questo momento l’ assenza di Brahimi dal teatro dell’ informazione sulla crisi e’ un grosso regalo ai paesi occidentali, alle petromonarchie e all’ opposizione del CNS, cioe’ ai tre soggetti principali che non vogliono mediazioni. Nello stesso tempo e’ forse una trappola insidiosa per l’ attuale governo siriano che sembra illudersi talvolta di poter sconfiggere militarmente i “terroristi” e vede il negoziato come l' ammissione che la crisi siriana non e’ stata provocata solamente da un complotto esterno. Perche’ il silenzio sarebbe un regalo? Perche’Brahimi, se, anche senza presentare ancora un piano dettagliato, avesse fatto conoscere almeno delle linee guida di un progetto, avrebbe costretto tutti gli attori in campo a pronunciarsi ed a scoprire qualcosa delle proprie intenzioni. In questa situazione invece si sono pronunciati solo coloro che sono veramente a favore di una soluzione negoziata: Russia, Iran, Cina, opposizione interna, Egitto e alcuni paesi confinanti come Iraq e Giordania. Gli altri soggetti sono riusciti, senza troppe difficolta’, a non schierarsi ed a spargere un interessato pessimismo sulle trattative che ancora neanche partono.
CNS SI RIUNIRA’ PROSSIMAMENTE IN QATAR, LA FRANCIA PREME PER UN GOVERNO PROVVISORIO CHE RICONOSCEREBBE SUBITO.
Il CNS si riunira’ nei prossimi giorni in Qatar e la Francia preme per la creazione di un governo provvisorio in esilio che riconoscerebbe immediatamente. L’ opposizione siriana e’ finora divisa e la nascita di un governo provvisorio sarebbe una forzatura che e’ stata per ora impossibile. Se riuscisse sarebbe pero’ un passo pericoloso verso l’ irreversibilita’ dello scontro armato tra le parti. Quindi stiamo attenti a eventuali movimenti della Farnesina nella stessa direzione………..
AEREO DIROTTATO DA F-16 TURCHI, SOLO UN ATTACCO ALL’ IMMAGINE DELLA RUSSIA ?
Il caso dell’ aereo di linea siriano, proveniente da Mosca e costretto ad atterrare in Turchia da manovre di alcuni caccia F-16, sta scomparendo velocemente dalle informazioni internazionali. In un primo momento i media hanno riportato con grande convinzione le posizioni del governo turco: “trovate armi a bordo dell’ aereo, l’ operazione e’ stata completamente legittima e legale”. Queste tesi pero’ non appaiono convincenti, la Russia non ha mai interrotto la collaborazione tecnico-militare con la Siria e potrebbe importare nel paese di Damasco materiale militare attraverso altri canali. La legalita’ dell’ operazione appare inoltre poco credibile anche alle persone digiune di diritto internazionale. Tutto sparisce, purtroppo, troppo velocemente dall’ informazione e spero che Siria e Russia insistano per approfondire l’ episodio. L’ unico effetto reale di questo dirottamento e’ stato per ora il rinvio della visita di Putin in Turchia prevista per questa settimana. Una coincidenza casuale? In settimana l’ Osservatore Romano aveva un vistoso titolo a meta’ della prima pagina: “La Russia auspica la pace “. Anche la Chiesa Cattolica teme molto l’ attuale guerra che potrebbe dare ulteriore spazio a gruppi religiosi estremisti. La Russia viene indicata dai media occidentali come paese che “..impedisce all’ ONU di fermare il massacro siriano..” ma nei fatti ha appoggiato quasi completamente il piano Annan. Ha posto solo il veto alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza perche’ le riteneva unilaterali e un passo necessario per arrivare, eventualmente, a un intervento militare straniero in Siria. Inoltre negli ultimi giorni ha fatto pressione sulla Siria, almeno in due occasioni, perche’ tenesse con Ankara rapporti non apertamente ostili. Insomma la Russia e’ il paese piu’ impegnato ed interessato (anche se la pace e’ interesse di tutti, anche di chi vuole la guerra) ad una soluzione negoziata della crisi e la Nato con i suoi alleati forse teme che il suo attivismo si saldi ai desideri di pace (o alla paura della guerra) della Chiesa cattolica e dell’ opposizione interna.
L’UNIONE EUROPEA CRITICA LA TURCHIA SUI DIRITTI “FONDAMENTALI”
Questo e’ l’ incipit di un articolo del Corriere della Sera, edizione on line, che descrive la critica dell’Unione Europea alla Turchia sui diritti umani, al link finale potete leggere l’ articolo integrale: “ Un rapporto duro, il più duro degli ultimi anni, quello che l’Unione Europa ha pubblicato ieri sulla Turchia. Troppi giornalisti, sindacalisti, politici curdi, studenti, militari sono in detenzione preventiva, accusati di presunto “terrorismo”; troppe limitazioni alla libertà di espressione e di stampa; crescente intolleranza verso le minoranze religiose e l’irrisolta questione curda. Un quadro fosco che non è piaciuto ad Ankara: il ministro per l’Europa, Egemen Bagis, ha riassunto parlando di “una grossa delusione”. http://lepersoneeladignita.corriere.it/2012/10/11/la-ue-critica-la-turchia-passi-indietro-sui-diritti-fondamentali/
LE VIOLENZE E GLI SCONTRI ARMATI.
La tensione al confine turco-siriano rimane anche in questa settimana al centro della scena. Le scaramucce alla frontiera non si sono mai fermate o almeno non si sono fermate le segnalazioni di episodi di tensione e sono state compiute da entrambi gli eserciti numerose manovre e contromanovre di mezzi militari, in cielo ed in terra. Secondo i media occidentali il governo siriano avrebbe attaccato con violenza la provincia di Homs per sconfiggere definitivamente i ribelli in questa zona ma questo articolo dalla Siria, di fonte filogovernativa, da' informazioni di taglio diverso: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=980 . Da Aleppo invece interessante questo reportage di Francesca Borri dal Fatto Quotidiano: http://www.contropiano.org/it/archivio-news/documenti/item/11825-cronache-dalla-siria-reportage-da-aleppo . Ha avuto abbastanza eco la notizia della presenza di 150 militari statunitensi al confine sirio-giordano, giustificata dalla necessita’ di eventuali manovre contro armi chimiche, ma nello stesso confine da settimane era stata annunciata la presenza anche di truppe francesi per aiutare ad affrontare l’ emergenza umanitaria. Intanto proseguono gli scontri che coinvolgono il territorio libanese, anche se un colpo isolato proveniente dall’ esercito governativo si merita un titolo sui media, mentre l’ uccisione di cittadini siriani da parte di gruppi armati sunniti rimane una notizia semi-clandestina.
MARTEDI’ NEL DIBATTITO TV ROMNEY CHIEDERA’ AD OBAMA DELLA DICHIARAZIONE GIURATA DEL DIPARTIMENTO DI STATO ?
Negli Stati Uniti e’ stata aperta un‘ inchiesta parlamentare sull’ assalto dell’ 11 settembre all’ ambasciata di Bengasi che e’ costato la vita all’ambasciatore Stevens. Nell’ ambito di questa inchiesta si e’ gia’ avuta una testimonianza del Dipartimento di Stato che, sotto giuramento, ha confermato di avere fatto nel periodo precedente l'episodio la richiesta di un rinforzo delle misure di sicurezza, richiesta che non e’ stata accettata. Il candidato democratico alla vice-presidenza Bilden in un dibattito televisivo e’ “inciampato” su questo tema negando quello che rappresentanti del Dipartimento di Stato hanno dichiarato sotto giuramento e Romny in persona e’ intervenuto a sottolineare la gravita’ di questa contraddizione. Hillary Clinton e Obama sono attaccati anche per avere dato delle versioni diverse sull’ episodio dell’11 settembre: prima hanno parlato di una protesta, per il film blasfemo su Maometto, sfuggita di mano, in seguito hanno denunciato un’ azione preordinata di Al Qaeda. Martedi’ ci sara’ un dibattito televiso tra Romney ed Obama e probabilmente il candidato repubblicano non perdera’ occasione per incalzare il democratico sulla dichiarazione contrastante con il Dipartimento di Stato e per l’ incertezza generale dimostrata in tutta la vicenda. Ma sara’ per noi molto interessante soprattutto il dibattito tra i due candidati del 22 ottobre, interamente dedicato alla politica estera.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1020
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