domenica 30 settembre 2012

Discorso di Bahar Kimyongur del "Comitato contro l' ingerenza in Siria", Bruxells, 25 settembre 2012.


Domenica 30 Settembre 2012 12:54

Siria: il regalo degli Stati Uniti ad Al Qaida, e vice-versa
di Bahar Kimyongür *

Discorso di Bahar Kimyongür, portavoce del “Comitato contro l’ingerenza in Siria” (CIS), in occasione di una manifestazione organizzata davanti all’ambasciata degli Stati Uniti a Bruxelles, il 25 settembre 2012, per protestare contro la distruzione programmata della Siria da parte degli USA e dei loro alleati.

Un discorso che potremmo definire "pacifista radicale", con diverse ingenuità, ma potente nella denuncia dell'Occidente.
Numerosi sono gli amici che ci hanno chiesto perché abbiamo scelto di riunirci davanti all’ambasciata degli Stati Uniti per difendere la pace in Siria.
Per fornire loro una risposta, cominciamo con la constatazione schiacciante, anzi con un rimprovero all’indirizzo di tutti noi, per la nostra sorprendente amnesia e la nostra cecità complice di fronte all’onnipresenza multiforme e al bellicismo degli Stati Uniti in Siria.
Davvero, siamo così condizionati dalla propaganda delle nostre élites che ci dimentichiamo chi in realtà incarni il male principale del genere umano, e del popolo siriano in particolare.
Perciò, non mancheremo di sottolineare a questi nostri amici le precedenti guerre d’aggressione che l’Impero statunitense ha scatenato, come iperpotenza colpevole pluri-recidivante di genocidi.
Con le sue 761 installazioni militari distribuite sui cinque continenti (vedi Chris Hedges, L’empire de l’illusion, Ed. Lux, 2012), questo Impero esercita una dittatura globale, senza la quale il mondo starebbe tanto meglio!

Non mancheremo di passare in rassegna l’inventario dei crimini commessi dagli Stati Uniti, a Hiroshima, a Mai Lai durante la guerra del Vietnam, a Falloujah in Iraq, a Gaza in Palestina, nella Sirte in Libia.
Denunciamo il loro uso del napalm, dell’“Agente Orange”, dei loro droni Predator, i loro tappeti di bombe riversati dai loro B-52 su intere città, l’avere finanziato e armato i “contras” e “contractors” in Afghanistan, in Guatemala, in Nicaragua, i loro golpe militari, le loro minacce, le loro sanzioni, i loro ricatti, la loro politica di corruzione degli oppositori ai regimi giudicati ostili.
Attualmente, a forza di ingozzarci di immagini tutte orientate a dimostrare a tutti i costi la barbarie dell’esercito siriano, i nostri media sono abilmente pervenuti a renderci assuefatti ai crimini degli Stati Uniti, eternamente impuniti, la cui barbarie è proporzionale ai mezzi impiegati.

Ogni giorno siamo allo stesso tempo complici e vittime, fisiche e morali, di un Impero che nel 2010 ha impiegato da solo il 43% dei bilanci militari mondiali, vale a dire quattro volte più della Cina e della Russia messe insieme.
Noi siamo a tal punto condizionati dalle immagini che ci pervengono dalla Siria, che ci mostrano le atrocità in modo assolutamente unilaterale, e dai discorsi contro la Russia, contro la Cina e contro l’Iran, che non teniamo più presenti tutte la basi navali e aeree statunitensi, i sistemi radar degli Stati Uniti, gli agenti della CIA, che operano per la distruzione programmata della Siria.
Se siete ancora scettici sulla questione del ruolo centrale degli Stati Uniti nel caos siriano, vi invitiamo a gettare uno sguardo più attento sulle operazioni in corso sul fronte nord-occidentale della Siria.
Nella provincia turca di Hatay, cioè ai piedi della roccaforte siriana, gli jihadisti di Al Qaida o dell’Esercito siriano di Liberazione ASL, operano a stretto contatto con i soldati dell’esercito turco di Erdogan e con le truppe statunitensi. A qualche chilometro dalla frontiera siriana, esiste una base radar della NATO, quella di Kisecik, situata sulla sommità della catena montuosa dell’Amanus. Gli abitanti del paese di Antiochia denominano questo sito come “il radar”.

Al punto 0 della frontiera siriana, sulla cima del Djebel El Aqra’ (il monte Cassius), la NATO è impegnata a costruire una nuova base osservatorio (fonte: Antakya Gazetesi, 28 agosto 2012). Situato sopra il villaggio siriano di Kassab, sui 1700 m. di altitudine, questo sito, da cui ad occhio nudo si possono percepire le coste cipriote, è altamente strategico. Questa installazione militare dominerà la provincia siriana di Lattaia, il che consentirà il controllo di tutta la Siria, per cielo, terra e mare.
Situata a meno di 150 km dalla frontiera siriana in linea d’aria, la base militare d’Incirlik, da cui transitano gli armamenti provenienti dalla Libia con destinazione gli insorti siriani, è una delle più grandi basi aeree e di sorveglianza statunitensi di tutto il mondo.
Nel Golfo di Alessandretta, a meno di un miglio marino dalle coste siriane, naviglio da guerra della NATO fornisce agli insorgenti siriani informazioni e rilevamenti di natura militare.
Nella medesima provincia di Hatay e nella provincia vicina di Adana, la CIA dispone di centri di formazione militare riservate agli insorgenti siriani.
Se dubitate di tutto questo, vi invitiamo ad andare a leggere l’intervista concessa alla BBC da Thwaiba Kanafani, una spia che lavora per conto dell’Esercito siriano di Liberazione ASL (cf. reportage di Richard Galpin, BBC, 4 agosto 2012).
I veterani dell’Afghanistan, Bosnia, Cecenia, Iraq, Libia, gli jihadisti provenienti dal Tagikistan e dallo Yemen, dalla Francia o dal Maghreb arrivano con mezzi vari, con bus e con aerei stracolmi, secondo corridoi di trasporto stradale ed aereo internazionali.
Se dubitate di questa nuova crociata jihadista scatenata da Al Qaida, vi invitiamo ad andare a leggere l’illuminante reportage di Ghaith Abdoul-Ahad per conto del Guardian, pubblicato questa domenica (The Guardian, Syria: the foreign fighters joining the war against Bashar al-Assad, 23 septembre 2012 – The Guardian, Siria: combattenti stranieri partecipano al conflitto contro Bashar al-Assad, 23 settembre 2012).
La popolazione cosmopolita di Hatay, che mai aveva visto una sola barba salafita nella regione, assiste tutti i giorni allo sbarco di uomini all’apparenza poco pacifisti e talvolta perfino armati.
È impossibile che dei battaglioni di Al Qaida possano arrivare in modo così massiccio senza attirare l’attenzione delle truppe statunitensi o turche, che controllano palmo a palmo tutta la regione.
In ogni caso, gli Stati Uniti, che sono tanto pronti a bombardare quando notano il minimo movimento sospetto nel deserto dello Yemen o nelle montagne del Pakistan, non hanno veramente l’aria di preoccuparsi per questo afflusso di jihadisti.
Quanto all’esercito turco, non arretra davanti ad alcuna difficoltà pur di aiutare i terroristi nel saccheggiare la Siria.
D’altronde, le catene televisive turche diffondono in diretta gli scontri militari frontalieri fra le truppe governative siriane e i ribelli, che vanno e vengono fra i campi profughi situati fra il territorio della Turchia e quello della Siria.
Al posto di raffreddare i conflitti, di impedire questo terrorismo che agisce a cavallo dei confini, l’esercito turco punta i cannoni dei suoi blindati e i suoi lancia-missili contro l’esercito della Siria.
Alcuni potrebbero obiettare che gli insorti ricevono ben scarsi armamenti dall’Occidente.
Tuttavia, su decine di fotogrammi che ci arrivano dal fronte siriano, è possibile riconoscere, branditi dai ribelli, fucili di precisione M24 statunitensi, lancia-razzi RPG russi in dotazione all’ex esercito libico introdotti via mare dalla NATO, fucili AUG Steyr austriaci, MANPADS statunitensi (MANPADS è l’acronimo di Man-portable air-defense systems ed indica un sistema missilistico antiaereo a corto raggio trasportabile a spalla) inviati dal Qatar e dall’Arabia Saudita e consegnati proditoriamente dall’esercito turco. (Fonte : Reuters, 31 luglio 2012).
La stampa svizzera informa che migliaia di granate svizzere vendute agli Emirati Arabi Uniti sono pervenute nelle mani dei ribelli siriani dopo essere state offerte ai militari della Giordania. (RTS Info, 21 settembre 2012).
Non occorre essere grandi esperti per capire come gli Stati Uniti siano presenti in tutto questo, ma in modo molto discreto, così come si sono comportati durante la guerra di Libia.
Un breve richiamo allo scenario libico dovrebbe consentire di comprendere meglio la strategia che gli Stati Uniti stanno osservando in Siria.
Atto 1: due giorni dopo l’adozione della Risoluzione che autorizzava la creazione di una zona di esclusione aerea (no-fly-zone), una pioggia di missili da crociera statunitensi Tomahawk distruggeva le linee di difesa dell’esercito libico.
Atto 2: aerei francesi, belgi, spagnoli e britannici entravano in azioneAtto 3: i mercenari e gli jihadisti terminavano il lavoro.
Possiamo constatare che, come in Libia, gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali preferiscono tenere un basso profilo anche in Siria.
Per il momento, costoro si accontentano di far pervenire il materiale bellico, e di regolamentarne i traffici, ai ribelli siriani, materiale militare dei loro vassalli arabi del Golfo, ben inteso di fabbricazione usamericana.
Per sbarazzarsi e vendere questi armamenti ai petro-monarchi del Golfo, il protettore e fornitore usamericano non manca di agitare il fantasma di un’aggressione da parte dell’Iran. Non ci vuole molto perché gli sceicchi del Qatar e dell’Arabia Saudita si piscino addosso dal terrore lordando le loro belle tuniche da maschi (dichdacha).
Altra constatazione: grazie ai loro sistemi spionistici, gli Stati Uniti hanno aperto brecce nella fortezza siriana attraverso cui i ribelli siriani possono stabilmente installarsi nel paese sotto assedio.
Attualmente, più che un sentiero di Ho Chi Minh, è un largo viale che i servizi segreti dell’esercito turco e statunitensi hanno offerto ai ribelli.
E se gli osservatori stranieri che percorrono la zona vedono nelle mani dei ribelli solamente armamenti rudimentali o in disuso, senza dubbio è perché in quel momento l’esercito siriano sta bombardando in modo efficace le vie di approvvigionamento della ribellione, che collegano la Turchia al fronte di Idlib e di Aleppo.
Il risultato di questo attivismo statunitense, occidentale e dei paesi del Golfo sta nel fatto che i bambini della Siria vengono esposti ad un conflitto mortale, da cui nessuno potrà uscirne vincitore.
Il gigante del Nord America, che sognava di vedere un mondo arabo soggetto e diviso, mai avrebbe sperato in uno scenario migliore ad un costo così basso.
Grazie all’Esercito siriano di Liberazione ASL e ad Al Qaida, gli Stati Uniti non devono proprio impegnare le loro truppe sul fronte siriano.
Quando l’ASL moltiplica le sue angherie e i suoi crimini di guerra, alcuni si interrogano in modo legittimo sul perché gli Stati Uniti evitino di inserire questa formazione all’interno della lista delle organizzazioni terroristiche, dato che in questo elenco figurano altre organizzazioni molto meno crudeli.

È necessario ricordare che il marchio di terrorista viene imposto dagli Stati Uniti a seconda che il ribelle sia utile o danneggi gli interessi usamericani.
Prova ne sia che, su richiesta espressa della lobby sionista statunitense, Hillary Clinton si appresta a radiare dalla lista statunitense delle organizzazioni terroristiche il Mujahedin-e Khalq (MEK).
La motivazione? L’organizzazione iraniana dissidente ha aiutato Israele nella raccolta di informazioni sulle installazioni nucleari del governo di Teheran (De Standaard, 24 settembre 2012).
[N.d.tr.: Mojahedin-e Khalq (combattenti del popolo iraniano) è la denominazione di un movimento politico iraniano tra i più attivi nell’opposizione al regime teocratico che ha preso il potere in Iran successivamente alla rivoluzione del 1979. In Iran è fuori legge.
È stato considerato per molti anni dall’Unione Europea un’organizzazione terroristica; infatti sebbene la Corte di Giustizia Europea abbia rigettato questa definizione esprimendosi per ben tre volte contro la permanenza dell’organizzazione nella lista nera delle formazioni terroristiche, solo nel gennaio 2009 i 27 Paesi, riuniti a Bruxelles, hanno deciso di cancellare i Mujaheddin del popolo, dalla lista.
Nonostante questo, ancora oggi il MEK è classificata come organizzazione terroristica da Stati Uniti e Canada, a causa della passata vicinanza puramente tattica di questi Mujahedin con Saddam Hussein, in quanto maggior avversario nella regione del regime iraniano.
Il MEK ha compiuto attentati in Iran, utilizzati dalla propaganda del governo iraniano per screditare il movimento agli occhi del popolo.
Secondo alcuni, i Mujaheddin sarebbero sostenuti ufficiosamente anche da Israele e dagli stessi Stati Uniti, che ufficialmente li considerano ancora terroristi.
Molti politici statunitensi di entrambi i partiti maggioritari, tra cui il presidente Barack Obama, si sono espressi a favore della cancellazione dei Mujaheddin dalla lista delle organizzazioni terroristiche, parlando favorevolmente del loro partito.]
A leggere i comunicati incendiari dell’Esercito siriano di Liberazione ASL a proposito di depositi di armi chimiche o della disposizione di missili balistici dell’Esercito siriano, si può pensare che gli Stati Uniti, l’Europa ed Israele abbiano incaricato l’ASL della stessa missione che hanno addossato ai Mujahedin-e Khalq iraniani.
In ogni caso, per quanto nobili siano le sue intenzioni, le sue collusioni con i “falsi amici della Siria”, le sue aspettative rispetto ad un improbabile intervento con pretesti di liberazione, il suo zelo nel volersi accattivare l’Occidente e il suo oscuro programma politico che converge con l’agenda degli Stati Uniti e dell’Europa nella regione, fanno dell’ASL una banda di mercenari allo stesso titolo dei Mujahidin e-Khalq iraniani.
Passiamo ora al nostro obiettivo determinante, vale a dire quello di contribuire alla lotta per la pace e la riconciliazione in Siria.
Noi crediamo che sia impossibile fermare lo spargimento di sangue e salvare la vita di Siriani innocenti che si trovano in entrambi i campi del conflitto fin tanto che l’Occidente non ostenterà una posizione neutra nei confronti del conflitto.
Se, come pretendono, gli Imperi occidentali sostenessero la pace in Siria, loro che non fanno altro che seminare zizzania in questa regione del mondo, sarebbero obbligati di rispettare i tentativi messi in atto dalla Russia, Cina, Iran, Venezuela, e perfino dall’Egitto.
Per il momento, è un dato di fatto che coloro che sostengono il governo siriano siano anche le forze principali che forniscono proposte concrete e realistiche.
Infatti, solo grazie alla Russia, alla Cina e agli altri paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che una missione di osservatori dell’ONU ha potuto insediarsi, che sono stati nominati mediatori internazionali, che in Siria ha potuto essere creato un ministero per la riconciliazione, ministero alla cui direzione si trova Ali Haydar, un oppositore storico del governo di Bachar El-Assad.

Per merito di questo ministero, che fa appello a tutte le buone volontà locali espresse dal clero, dalla popolazione civile, dalla ribellione o dall’esercito, numerosi ostaggi hanno potuto essere restituiti alle loro famiglie nel quadro dell’iniziativa denominata “Moussalaha”, la riconciliazione.
Ben inteso, i nostri mezzi di informazione non parlano mai di tutto questo, …per non dare la sensazione di aderire alla “propaganda di regime”.
In questo fine settimana, ha potuto tenersi a Damasco una conferenza impensabile fino a qualche settimana fa: degli oppositori del Comitato delle Forze per un Cambiamento Nazionale Democratico (CCCND) di Haytham Manna si sono riuniti in un hôtel della capitale siriana in presenza di diplomatici russi, iraniani, egiziani, algerini e cinesi.
Eppure, il CCCND di Haytham Manna è un’organizzazione accanitamente ostile a Bachar El-Assad ed esige da questo l’abbandono del potere.Questi cambiamenti possono sembrare spesso solo di facciata o simbolici, ma è chiaro che siamo in presenza di cedimenti nondimeno formali da parte del governo al potere.
Anche il presidente siriano ha lasciato la porta aperta al dialogo con la ribellione (cf. Al Ahram Al Arabi, 21 settembre 2012).
Non è possibile affermare altrettanto per l’opposizione radicale, la cui unica mira è il rovesciamento violento del potere.
Alcuni sostengono che gli alleati di Damasco difendono la pace per interesse.

Affermativo, questo è esatto! Ma che questo piaccia o no, gli interessi di questi paesi coincidono con quelli degli innocenti che stanno morendo tutti i giorni sotto i bombardamenti dell’aviazione e dell’artiglieria siriana o sotto i colpi di mortaio e per gli attentati dei ribelli.
Bisogna fermare le uccisioni e tutto ciò che risulta come il principale responsabile degli omicidi.
Bisogna lottare per la pace, e poco importa che sia stato l’esercito siriano o la ribellione a sparare per primo.
Ricordiamoci della guerra Iran/Iraq. È stata la CIA che ha eccitato Saddam Hussein ad aggredire l’Iran. Dunque, l’Iran si trovava in una situazione di legittima difesa. Questa guerra è durata 8 anni ed è costata la vita a quasi due milioni di Iraniani ed Iracheni.
Sono stati i mercanti d’armi degli Stati Uniti a vendere il materiale militare ai due belligeranti. Hanno fatto in modo di protratte più a lungo possibile il conflitto, in modo tale che né l’esercito arabo laico né l’esercito sciita persiano potessero prevalere. Le atrocità commesse da una parte e dall’altra del fronte superano ogni immaginazione.
Io vi domando: “A quel tempo, quale sarebbe stata la posizione più umanitaria: difendere il diritto di resistenza della Repubblica islamica d’Iran contro l’Iraq aggressore, o difendere la pacePer giustificare la distruzione della Siria, i nostri dirigenti arrivano a manipolare le disgrazie dei profughi siriani. Ci parlano sempre dei 250.000 profughi rifugiati nei paesi vicini. Ma le sorti dei profughi all’interno della Siria, che sono almeno dieci volte di più, non interessano assolutamente. La ragione principale di ciò consiste nel fatto che questi profughi dell’interno sono stati per la maggior parte evacuati dall’esercito e dai servizi di protezione civile mobilitati dal governo di Damasco. Fra il maggio e il settembre del 2007, l’esercito libanese aveva messo in atto la medesima strategia d’isolamento della guerriglia jihadista, all’epoca dell’occupazione e della ripresa del campo palestinese di Nahr al-Bared.
[N.d.tr.: Il campo profughi palestinese di Nahr al-Bared si trova a nord del Libano. È stato distrutto dall’esercito libanese nel 2007 dopo che al suo interno si erano insediate le milizie di Fath Al Islam, estranee al campo.
Fath Al Islam è un movimento armato fondamentalista islamico salafita, insediatosi in Libano, essenzialmente nel campo-profughi di Nahr al-Bared e in Siria, qui comparso nel novembre del 2006. Il movimento sarebbe finanziato con fondi sauditi e, in parte, da fondi statunitensi, al fine di contrastare il partito guerrigliero sciita libanese di Hezbollah.
Attualmente il campo è sotto controllo dell’esercito libanese. Solo una parte dei profughi sono potuti ritornare e vivono all’interno di container allestiti dall’UNRWA.]
A Homs, Damasco e nei quartieri sicuri di Aleppo, decine di migliaia di profughi, fuggiti dal terrore dei ribelli, sono stati alloggiati in scuole, centri sportivi, chiese e moschee. Tutte queste famiglie sinistrate beneficiano di sussidi alimentari. Quando un quartiere è messo in sicurezza dall’esercito, queste famiglie possono ritornare alle loro case.
Cosa sappiamo noi precisamente di questa realtà? Nulla, perché i nostri mezzi di informazione non ne parlano. Paura di mostrare che milioni di Siriani amano il loro esercito e confidano in esso! È pur vero che …qualche migliaio di Siriani ama e sostiene i ribelli.
Ma quando i nostri media non mostrano altro che il sostegno popolare di cui gode la ribellione, evitando di parlare dei milioni di Siriani che difendono corpo ed anima l’esercito governativo (costituito da militari di leva, coscritti, dunque figli del popolo) e che lo accolgono con abbracci, distribuzione di dolci e di mazzi di fiori dopo aver cacciato i ribelli dai loro quartieri, questi media cadono in una propaganda antigovernativa, che è ben lontana dal rendere un buon servizio al popolo siriano.
E allora, che dire delle vittime civili dei bombardamenti dell’aviazione governativa?
In realtà, come triste e vergognoso che sia, l’esercito siriano bombarda non proprio la popolazione, ma una parte della popolazione: sia quella che sta sostenendo i ribelli, sia quella che è presa in ostaggio dai ribelli, sia quella che non ha mezzi economici o fisici per fuggire dai combattimenti, sia quella che, per ragioni affettive, non ha l’intenzione di abbandonare la propria abitazione.
Quale che sia la ragione di questi bombardamenti, nessuno può rimanere insensibile di fronte alla sofferenza di queste vittime innocenti, rinchiuse nel terrore e nelle macerie.
Noi tutti, qui presenti, sosteniamo la fine delle violenze e il rispetto totale dell’integrità fisica e del diritto alla vita di tutti i Siriani (e dei non Siriani), civili o militari, terroristi o ribelli, bambini o adulti.
Ma siamo realisti, l’esercito non può fermarsi e cessare di battersi. Se l’esercito arrestasse i combattimenti, sarebbe condannato alla disfatta, al suo scioglimento e alle rappresaglie.
Nessun esercito accetterebbe queste condizioni. Noi abbiamo visto che quando cessa di attaccare, le sue postazioni vengono annientate da agguati e le popolazioni sotto la sua protezione massacrate dai ribelli. Per quanto paradossale e cinico possa apparire, l’esercito siriano colpisce una parte del popolo per proteggere un’altra parte.
Sarebbe riduttivo considerare che solo il clan di Assad, la comunità alawita e le sue relazioni clientelari sostengono Assad. Per quanto scioccante possa sembrare, molti Siriani che non hanno legami con il potere, pensano che Assad sia ancora troppo molle nei confronti dei terroristi.

Allora, che fare? Ammazzare i milioni di partigiani del regime per consentire che i suoi oppositori conquistino il potere, oppure raccomandare la riconciliazione?
Alimentare il conflitto in nome di una rivoluzione da tanto tempo confiscata dai suoi finanziatori corrotti, o patrocinare la pace dei coraggiosi?

Distruggere la Siria o aiutare questo paese a rimarginare le sue ferite e a dissipare l’incubo?
È bello e coraggioso difendere la democrazia in Siria.
Ancora, è necessario potersi assegnare mezzi e modi che siano moralmente e materialmente all’altezza di questo obiettivo lodevole. Se potessimo cominciare a fermare il massacro, sarebbe già un buon passo in avanti.
Nell’attesa di giorni migliori, in Siria e in altre parti del mondo, “all we are saying is give peace a chance”, tutto quello che vogliamo affermare è dare una possibilità alla pace.

Grazie ancora della vostra presenza e della vostra pazienza.comitesyrie@hotmail.frQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
http://www.egaliteetreconciliation.fr/Rassemblement-devant-l-ambassade-des-USA-a-Bruxelles-13980.html

Bahar Kimyongür, nato il 28 aprile 1974 a Berchem-Sainte-Agathe, membro di una famiglia proveniente dalla Turchia, è un attivista politico belga, ed ha militato nel Partito del lavoro del Belgio, una formazione politica marxista-leninista.
Suo padre, un Turco della minoranza alawita araba, era arrivato in Belgio per lavorare come minatore nelle miniere di carbone di La Louvière, sua madre era una lavoratrice stagionale nelle piantagioni di cotone.

Bahar Kimyongür si è diplomato in archeologia e storia dell’arte presso l’Università libera di Bruxelles.

Bahar Kimyongür è stato oggetto dell’interesse dei mezzi di comunicazione a seguito di un procedimento giudiziario che lo ha visto protagonista, per essere uno dei primi imputati perseguiti secondo la legislazione anti-terrorismo. In buona sostanza, veniva accusato di terrorismo per avere tradotto dal turco in francese dei comunicati diffusi dal DHKP-C, un’organizzazione rivoluzionaria turca considerata come terrorista dallo Stato turco ed inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche dall’Unione europea in seguito agli avvenimenti dell’11 settembre.

Portato in giudizio sulla base della legislazione anti-terrorismo del Belgio, è stato condannato in primo grado di giudizio nel febbraio 2006 e in appello nel novembre 2006, poi assolto nel 2007 e nel 2009 a seguito delle sentenze di Cassazione che hanno annullato le sentenze precedenti.

È stato fatto oggetto di una richiesta di estradizione da parte della Turchia.

All’affare DHKP-C e al caso Kimyongür è stato dedicato il film “Résister n'est pas un crime – Resistere non è un crimine”, un documentario di Marie-France Collard, F.Bellali e J.Laffont, che ha conseguito il Premio Speciale della Giuria al Festival Internazionale del Film sui Diritti dell’Uomo (FIFDH) 2009 di Parigi.

Bibliografia:
Bahar Kimyongür, “Turquie, terre de diaspora et d’exil. Histoire des migrations politiques de Turquie”, Éditions Couleur livres, 2008, ISBN 978-2-87003-509-2
(tradotto da Bahar Kimyongür), “Le Livre noir de la "démocratie" militariste en Turquie”, Info-Türk, 2010, ISBN 978-2-9601014-0-9
Bahar Kimyongür, “Syriana. La conquête continue”, Éditions Couleur livres (Coédition Investig'Action) 2011.
Il documento qui presentato è stato messo in diffusione da Giuseppe Zambon, il 26 settembre 2012
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Fonte  www.contropiano.org

Siria, le notizie della settimana dal 23 al 29 settembre 2012



 A cura di Marco Palombo
 
IN ATTESA DEL PIANO DI PACE DI BRAIHMI
Ludhkar Braihmi, negoziatore per la crisi siriana su incarico di ONU e Lega Araba, aveva preannunciato la presentazione di un suo piano di pace dopo i colloqui che avrebbe avuto in settimana in occasione della inaugurazione della sessione della Assemblea Generale dell’ONU. Lunedi’al Consiglio di Sicurezza ha riferito sul lavoro compiuto fino a quel momento, mentre non sono stati resi noti altri colloqui che probabilmente sono avvenuti nei giorni successivi. Non ci sono stati comunicati ufficiali su quanto e’ stato detto al CdS e sappiamo solo quello che e’ trapelato da fonti diplomatiche. Braihmi avrebbe dichiarato che la situazione siriana e’ sempre piu’ critica, teme che Assad non voglia in questo momento una soluzione negoziata e che,secondo il governo, sono presenti nelle file dell’ opposizione almeno 5.000 combattenti stranieri. Quindi avrebbe espresso pessimismo sulla mediazione. Metto tutto al condizionale perche’non conosco quali fonti abbiamo riferito queste posizioni e diffondere pessimismo sulle possibilita’ del negoziato e’ un comportamento abituale di chi non  vuole una mediazione ma solo una soluzione militare.
 
INTANTO L’ITALIA LAVORA AD ALTRE SOLUZIONI IN MODO SEMI-CLANDESTINO
In settimana ero venuto a conoscenza, tramite il sito del giornale francese Liberation, di un incontro venerdi’ 28 settembre fra i paesi cosiddetti “Amici della Siria”. Nei giorni successivi non avevo letto piu’ niente su questo appuntamento ed anche un piccola ricerca con Google non aveva dato risultati. Ho trovato solo sabato sull’ edizione cartacea de La Stampa poche righe che riferivano su questo incontro, avvenuto ieri a New York e guidato dalla Clinton. Come annunciato il tema e’ stato “la riunificazione dell’ opposizione siriana” e per l’Italia ha partecipato il ministro degli Esteri Terzi.
Altre due riunioni di questo gruppo di paesi sono avvenute il 29 agosto a Roma e il 20 settembre in Olanda. L’ impegno del nostro paese coincide con le attivita’degli altri paesi Nato e delle petromonarchie e su questo percorso non vengono fornite molte informazioni.
 
DIFFICOLTA’ PER IL GRUPPO DI CONTATTO REGIONALE PROPOSTO DA MORSI
Battuta d’ arresto invece per il gruppo di contatto regionale che su proposta del presidente egiziano Morsi comprende Egitto, Iran, Arabia Saudita e Turchia. Dopo un primo incontro al Cairo, ce n’e’ stato un secondo, sempre in Egitto, ma con l’ assenza dell’Arabia Saudita, mentre un nuovo vertice previsto a New York e’ saltato per l’assenza del presidente turco Erdogan.
Se consideriamo che, prima dell’intervento del presidente iraniano all’Assemblea ONU, i rappresentanti USA sono usciti dall’aula, arriviamo facilmente alla conclusione che questa strada non e’ gradita a Washington e quindi non potra’ contare su un impegno convinto di Ankara e Riad.
Morsi nell’ intervento all’Assemblea si e’ dichiarato contrario a un intervento militare straniero, non seguendo quanto detto dall’Emiro del Qatar, ed ha indicato il piano di Braihmi come la strada principale per arrivare alla pace, obiettivo secondo il presidente egiziano che dovrebbe coincidere con una transizione politica a Damasco. Quindi Morsi condivide con i paesi occidentali e del Golfo l’ impegno per cambiare il governo siriano ma ha idee diverse sulla strada da percorrere.
 
GLI INTERVENTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE
Sorvolo sugli interventi che hanno confermato le posizioni gia’ note. Segnalo un certo disinteresse di Obama al tema Siria, piu’ preoccupato di quanto possa incidere sulla campagna presidenziale la questione aperta tra Israele ed Iran, e l’ intervento del Qatar che ha parlato esplicitamente di possibile intervento militare dei paesi arabi. Questa dichiarazione e’ stata ridimensionata pero’ dal discorso di Morsi, contrario ad ogni intervento militare straniero, ed anche dall’ intervento della Giordania, paese confinante con la Siria, che ha definito la soluzione politica l’ unica strada da percorrere. Hollande ha confermato le sue posizioni, verbalmente piu’ aggressive degli altri paesi occidentali, ma anche la Francia e’ distratta da un’ altra crisi, quella del Mali, che in questo momento la interessa maggiormente.
 
VOTO AL CONSIGLIO ONU PER I DIRITTI UMANI E CARLA DEL PONTE ENTRA NELLA COMMISSIONE PINHEIRO.
Venerdi’ c’e’ stato il previsto voto sul rapporto della commissione CoI sui diritti umani in Siria. Su 47 paesi membri hanno votato contro Cuba, Cina e Russia e si sono astenuti India, Filippine e Uganda. A meta’ agosto la pubblicazione di questo rapporto aveva avuto un grande impatto mediatico, complice probabilmente anche il momento povero di notizie. La presentazione del rapporto e il voto del consiglio non hanno avuto lo stesso effetto ed hanno occupato meno spazio sui media. Il documento e’ stato criticato da piu’ ambienti perche’ contenente accuse non supportate da prove convincenti e l’ entrata nella commissione di Carla del Ponte, magistrata svizzera conosciuta per i suoi precedenti impegni ’nelle guerre della ex Jugoslavia, sembra confermare la necessita’ di aumentare l’ autorevolezza del lavoro della commisione.
 
NOTIZIE CONTRADDITTORIE SUGLI SCONTRI ARMATI
Negli ultimi giorni sono state segnalate centinaia di persone uccise negli scontri. Lo schema narrato, in gran parte da fonti dell’ opposizione, e’ sempre il solito: l’ esercito cerca di colpire gli insediamenti ribelli attaccando spesso con armi pesanti, ci sono attacchi improvvisi dei gruppi armati dell’ opposizione e atrocita’ da entrambe le parti. Da parte governativa ogni tanto trapela un certo ottimismo che fa temere a qualcuno che Assad speri sempre in una vittoria solo militare. Da mercoledi’ e’ in corso un attacco dell’ opposizione, prima a Damasco e poi ad Aleppo, una combinazione evidentemente programmata. A Damasco un attentato suicida, con l’esplosione di un furgone, ha causato qualche vittima. E’ avvenuto in una zona centrale, ben protetta, vicino ad obiettivi simbolici. Nella stessa giornata di mercoledi’e’ stato ucciso da un cecchino un giornalista televisivo iraniano mentre stava intervenendo sull’ episodio. Giovedi’ l’ attacco ad Aleppo, annunciato da un proclama diffuso da molti grandi media occidentali: “ Stasera Aleppo sara’ nostra “. Ci sono stati scontri durissimi ma gia’ venerdi’ l’ intensita’ dei combattimenti si era ridotta. A Rableh 280 cristiani sono stati sequestrati per 48 ore da gruppi armati dell’ opposizione, sono stati liberati dopo una trattativa e il quotidiano dei vescovi italiani Avvenire ha riportato vistosamente l’ episodio nella prima pagina. Non e’ il primo momento drammatico a Rableh dove vivono alcune migliaia di cristiani.
Ci sono stati segnali di difficolta’ dei ribelli.
Ne ha riferito il Tg3 (che non ha certo simpatia per Assad) e lo stesso attacco ad Aleppo e’ stato annunciato con la frase “Stasera Aleppo sara’ nostra o saremo sconfitti “, un tono diverso dagli abituali proclami di sicura vittoria. Inoltre e’ stata data notizia della defezione di 10 ex militari, tra i quali alcuni ufficiali, che combattevano con l’ESL e a Rableh alcuni sequestratori dei 280 cristiani, dopo le trattative per la liberazione degli ostaggi, sarebbero entrati tra i volontari di Mussalaha.
Non so quanto questi segnali siano casuali o indichino un momento di reale sbandamento delle forze di opposizione armata, comunque credo giusto parlarne perche’sono episodi tutti degli ultimi giorni.
 
INCONTRO A DAMASCO DI UNA CORRENTE DELL OPPOSIZIONE
Circa 20 partiti e forze di opposizione si sono riunite il 23 settembre a Damasco, in presenza degli ambasciatori di Cina, Russia, e Iran e alcuni rappresentanti, egiziani, algerini e di altri pasesi, nonostante l’ assenza dei tre leader del Comitato di Coordinamento delle Forze di Cambiamento Democratico Nazionale, sequesratati due giorni prima sulla strada dell’ aeroporto di Damasco di ritorno da un viaggio in Cina. A questo congresso hanno preso parte 200 membri dei movimenti di opposizione.
Le richieste:1)cambiamento politico verso la democrazia, deciso dai siriani, con i siriani e per gli interessi dei siriani. 2)stop alla violenza da tutte le parti. 3)Sara’ carico di Braihmi organizzare una Conferenza Internazionale per un trasferimento di potere politico senza interferenza straniera. 4)Dialogo con l’altra opposizione ma negoziando solo con il regime per un trasferimento di potere.

http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=958

domenica 23 settembre 2012

Siria, le notizie della settimana dal 16 al 22 settembre 2012



IN SETTIMANA QUASI ASSENTI SUI MEDIA LE NOTIZIE SULLA GUERRA SIRIANA
Le vicende che hanno interessato il mondo islamico negli ultimi dieci giorni hanno provocato il ritorno in secondo piano delle notizie dalla Siria. Altri temi riempiono gli spazi delle notizie dall’estero e forse non e’ancora chiaro cosa cambiera', se qualcosa cambiera’, nella guerra civile dopo l’assalto di Bengasi.
Cosi’e’passata quasi inosservata la presentazione del rapporto ONU sui diritti umani avvenuta lunedi’a Ginevra, mentre a meta’agosto aveva avuto molto spazio sui media la pubblicazione sul web dello stesso documento. Le ragioni di questa diversa visibilita’ potrebbero essere piu’di una, ma non mi aspettavo che la notizia fosse assente persino sul Corriere della Sera e Repubblica.
In un altro momento avrebbe avuto un eco enorme anche la notizia giovedi’di decine di morti per l’esplosione nella provincia medio orientale di Raqq di un serbatoio di carburanti colpito dall’aviazione governativa, ma anch’essa e’ stata ignorata da quasi tutti i giornali.

LA SIRIA TORNERA ’AL CENTRO DELL’ ATTENZIONE DA LUNEDI’ CON IL DIBATTITO GENERALE ALL’ASSEMBLEA ONU
Il 18 settembre e’stata inagurata la 67ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dal 25 settembre al 1 ottobre si svolgera’ il dibattito generale sui temi che l’Assemblea trattera’nei prossimi mesi. Saranno presenti molti capi di stato e di governo e la Siria sara’ “..in testa all’ agenda “. Brahimi sfruttera’la presenza di molti interlocutori importanti per colloqui sulla crisi siriana e dopo questi incontri mettera’ a punto un suo piano per arrivare alla cessazione degli scontri armati.

LA MEDIAZIONE DI BRAIHMI
Dal 1 settembre il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi ha iniziato ufficialmente il suo lavoro di mediazione nella crisi siriana su incarico dell’Onu e della Lega Araba. Contemporaneamente le Nazioni Unite hanno inaugurato un loro ufficio a Damasco per seguire piu’da vicino la situazione e lo stesso mediatore vorrebbe svolgere per quanto possibile il suo lavoro in quella sede.
Ban Ki moon in settimana non si e’dichiarato ottimista sulla mediazione e teme che Assad e l’opposizione siano determinati a combattere fino alla fine e che siano inadatti a trovare una soluzione diversa dall’ uso delle armi.
Comunque Brahimi ha iniziato la sua opera incontrando Assad nella giornata di sabato della passata settimana. Successivamente ha avuto dei colloqui con l’opposizione; a Damasco con gli esponenti residenti in Siria, mentre i capi dell’opposizione piu’ intransigente, impegnata anche nella lotta armata, sono stati sentiti via Skype dalle localita’estere dove si trovano attualmente.

L’ incaricato ONU e’ volato quindi al Cairo dove ha visto il capo della Lega Araba, al Araby, ed ha assistito all’ incontro del gruppo di contatto regionale formato da Turchia, Egitto, Iran ed Arabia Saudita. Quest’ultima era pero’assente all' appuntamento, ufficialmente perche’ il ministro degli esteri e’ancora convalescente dopo un intervento chirurgico.
Dal 25 settembre al 1 ottobre Braihmi incontrera’ molti capi di stato e ministri a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e a questo punto, dopo aver sentito tutti i paesi interessati alla vicenda, preparera’un piano di pace.
Ricordo che USA e Russia avevano espresso l’intenzione di arrivare ad una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza ma hanno sempre opinioni diverse sul suo contenuto. La Stampa di Torino ha scritto che negli ambienti diplomatici si parla anche della possibilita’di un intervento militare occidentale senza consenso delle Nazioni Unite.
Vedremo entro poche settimane quale sara’ il prossimo tentativo diplomatico e come si concilieranno le diverse posizioni dei soggetti coinvolti.

VENERDI’ VOTO SUL RAPPORTO SUI DIRITTI UMANI E CRIMINI DI GUERRA
Il percorso del documento sui diritti umani in Siria, presentato a Ginevra la scorsa settimana, non e’ancora terminato e venerdi’ ci sara’ un voto. Aggiungo quindi qualche elemento sull’ inchiesta perche’ in questa occasione potrebbe tornare sulle prime pagine dei giornali.
Il rapporto dichiara che le forze governative o filogovernative e i gruppi armati dell’ opposizione hanno compiuti crimini di guerra, la cui gravita’questa volta e’stata definita equivalente. La parte governativa e’stata accusata anche di crimini contro l’umanita’. Ricordo che su www.SibiaLiria.org e’ presente un approfondimento critico su questo rapporto dove si spiega come spesso le attribuzioni di responsabilita’non siano supportate da prove. Nelle dichiarazioni riportate dalla stampa il presidente della commissione Pinheiro sembra confermare questo giudizio, spiegando per esempio che esiste una lista di persone sospettate di crimini ma che questa non e’stata resa pubblica perche’le prove di questo rapporto sono di uno standard minore rispetto alle prove di un processo penale.

COME GESTIRA’ LA FRANCIA LE POSIZIONI PRESE SU CRISI SIRIANA E CRISI CON IL MONDO ISLAMICO. ?
La Francia nelle ultime settimane, oltre che nella crisi siriana, si e’ trovata coinvolta anche nelle vicende che hanno interessato la religione islamica, mettendosi in una posizione potenzialmente conflittuale con soggetti che sono suoi alleati nella guerra civile tra Assad e gli oppositori. Il governo francese e’quello che piu’si e’esposto in dichiarazioni favorevoli ad un intervento militare occidentale in Siria ed e’stato il piu’ fermo anche nel non accettare alcuna limitazione per le pubblicazioni accusate di oltraggio alla religione islamica, in nome della liberta’ di espressione, impedendo pero’ ogni manifestazione di protesta e di richiesta di interventi governativi contro la circolazione di quanto ritenuto offensivo.
Personalmente ritengo le posizioni del governo francese ostili nei confronti dei fedeli musulmani che sono in Francia almeno 4-5 milioni. Sabato 15 settembre abbiamo visto a Parigi 150 persone fermate dalla polizia perche’ la loro manifestazione non era stata permessa, mentre venerdi’ a Roma centinaia di persone hanno manifestato e pregato in piazza della Repubblica in un clima tranquillissimo, riuscendo anche a spiegare ai giornalisti che non manifestavano per odio verso l’Occidente ma facevano una richiesta precisa: bloccare la circolazione di film e vignette offensive.
Comunque l’Associazione Siriana per la liberta’, vicina al CNS e impegnata in prima linea contro Assad  in alleanza con il governo francese, ha presentato una denuncia per incitamento all’odio razziale per la pubblicazione delle vignette raffiguranti Maometto sul giornale satirico Charlie Hebdo. Contemporaneamente i Fratelli Musulmani egiziani, che si sono proposti di fatto come riferimento per tutti i nemici di Assad, hanno chiesto ufficialmente al governo francese di intervenire contro la pubblicazione delle vignette cosi’ come sono intervenuti contro la pubblicazione delle foto della principessa Kate.

CONCLUSA LA VISITA DI BENEDETTO XVI IN LIBANO
Per concludere sulla visita di-Benedetto XVI  riporto alcune parole pronunciate dal Pontefice all’ Angelus del 16 settembre a Beirut :
“….Possa Dio concedere al vostro paese, alla Siria e al Medio Oriente, il dono della pace dei cuori, il silenzio delle armi e la cessazione di ogni violenza ! Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli….”
Il ministro Riccardi ,in una intervista su Avvenire, ha commentato la visita in Libano di Benedetto XVI sottolineando:
“… la forza del suo messaggio di fronte all’atteggiamento di una comunita’ internazionale che davanti, per esempio, alla crisi siriana, o assiste impotente per mesi e mesi o dice che ci vuole l’intervento militare. Il Papa invece……ha delineato l’assetto umano di un nuovo Medio Oriente....basato sul valore del vivere insieme tra diversi. In questo ha anticipato di molto l’Occidente, indicando chiaramente la strada.”

ALCUNE COMUNITA’ CRISTIANE HANNO FORMATO GRUPPI ARMATI DI DIFESA
Sono nate alcune milizie cristiane per proteggere le loro comunita’ dalle violenze causate da gruppi armati che agiscono al di fuori di ogni regola e gerarchia. I vescovi locali si sono espressi contro la scelta ed hanno invitato alla calma ma questo non ha impedito l’organizzazione di una difesa armata.
Le milizie sono nate soprattutto nelle comunita’ greca-ortodossa e armena, sono state denominate “Comitati popolari dissuasivi” e avrebbero un ruolo di vigilanza e di sentinella per la loro gente.
Questi gruppi sono presenti nella comunita’ cristiana della cosiddetta “Valle dei Cristiani” nel centro storico di Aleppo, nel quartiere di Damasco “Jaramana” e nelle citta’ di Qusayr e Rebleh dell’area di Homs.

ESERCITAZIONE DI ISRAELE SUL GOLAN E NERVOSISMO DELLA TURCHIA
Sull’ altopiano del Golan, territorio siriano occupato da Israele nel 1967, si e’svolta un’ esercitazione dell’esercito israeliano. Alcune decine di riservisti sono stati convocati telefonicamente dopo la fine del Capodanno ebraico e sono stati portati con elicotteri verso gli attuali confini con la Siria.
Un portavoce militare ha precisato che l’esercitazione era prevista e non e’dovuta agli sviluppi recenti della crisi nello stato confinante. Quindici giorni orsono un’esercitazione analoga dell’esercito di Tel Aviv era avvenuta ai confini con il Libano.
Manovre e nervosismo anche in Turchia che si trova in difficolta’ essendo coinvolta nel conflitto siriano, in diversi ruoli, probabilmente piu’di quanto prevedesse. Ospita infatti profughi siriani in fuga dalla guerra, gruppi armati dell’opposizione ad Assad e con queste sue scelte ha provocato la collaborazione tra la guerriglia curda e il governo siriano. Oscilla quindi tra la richiesta di maggior impegno agli alleati occidentali e la paura di destabilizzare ancora di piu’ la situazione al confine siriano.

http://www.sibialiria.org/wordpress/?page_id=939

giovedì 20 settembre 2012

Appello per una iniziativa nazionale per la liberta', la solidarieta' e la pacificazione contro le divisioni tra etnie e credenti ed i pericoli del razzismo.


APPELLO

per una iniziativa nazionale per la libertà, la solidarietà e la pacificazione contro le divisioni tra etnie e credenti ed i pericoli del razzismo

Gli avvenimenti di questi giorni a partire dal mondo arabo ci coinvolgono tutti nella ricerca di una comunione di intenti per il dialogo e la pacificazione. La diffusione negli USA di un video gravemente offensivo nei confronti dell’Islam ha provocato l’indignazione di milioni di musulmani in tutto il mondo.

Nello stesso tempo l'azione di gruppi estremisti sta provocando scontri, assalti alle ambasciate e numerose vittime. Si sta cercando di suscitare e far dilagare odio e divisioni fra credenti e di approfondire lacerazioni che alimentano intolleranza e nuovo razzismo di cui saranno vittime soprattutto i più deboli.

Si vuole colpire il messaggio più limpido che viene dal protagonismo delle cosiddette primavere arabe: quello di libertà e pacificazione. Un messaggio che rischia di disperdersi a causa dell'operato convergente dei poteri oppressivi.

C’è bisogno di reagire. La situazione può aggravarsi ulteriormente per tutti. Meno di un anno fa due giovani senegalesi furono assassinati a Firenze da un neonazista ed in questo contesto è molto concreto il rischio che episodi simili si moltiplichino.
Facciamo appello a tutti i credenti, alle persone di buona volontà, alle comunità immigrate, alle associazioni ed alle persone antirazziste per costruire dialogo e pacificazione, dando vita ad una forte iniziativa unitaria e preparando insieme una manifestazione nazionale.

Per questo convochiamo un incontro nazionale a Roma per domenica 23 settembre alle ore 11.

Ci incontriamo:
Domenica 23 ore 11.00 a Roma
sala del consiglio del 6° Municipio
via dell’Acqua Bulicante 2 (Piazza della Marranella)

Per adesioni appello tel. 06.4463456 - gentesolidale@libero.it
prime adesioni:

Renato Scarola (Socialismo Rivoluzionario), Mamadou Ly, Michele Santamaria (StopRazzismo), Gianluca Petruzzo (Associazione Antirazzista Interetnica 3 Febbraio), Roberto Ferro (Chiesa Metodista Milano), Giuseppe Prestipino (Centro per la filosofia italiana), Claudio Olivieri (Socialismo Rivoluzionario) , Antonella Pelillo.

Digiuno in appoggio al progetto Mussalaha-Riconciliazione per la Siria


Mussalaha

RICONCILIAZIONE PER LA SIRIA

Al Convegno per la creazione di un Centro di Prevenzione dei Conflitti armati e di Formazione per i Corpi civili di pace, promosso nella città più militarizzata d'Italia da SIamo Vicenza e IPRI - Rete CCP, con contributi di Operazione Colomba, Comunità di Sant’Egidio e Tavolo nazionale Interventi
Civili di Pace, si è riflettuto sulla situazione in Siria, condividendo la scelta di supportare quanti si battono per la soluzione pacifica, politica e negoziale della guerra civile in corso, che sta scardinando l'antico ma fragile equilibrio di convivenza tra comunità, culture e religioni del Paese.

Un percorso di Riconciliazione - in arabo Mussalaha - che parte dalla gente; basato sia sul ripudio della guerra interna che di quella proveniente dall'estero.
Mussalaha è una necessità di mediazione, nata spontaneamente nelle Comunità locali col supporto di religiosi, sia cristiani che musulmani, e rispettosa di tutte le etnie presenti in Siria; volta a placare il livello dello scontro nei villaggi e quartieri, permettere la liberazione degli ostaggi, lo sfollamento delle zone direttamente minacciate. Attraverso piccoli, ma assai significativi accordi di tregua.
A sostegno degli sforzi di dialogo politico e negoziato profusi dai nonviolenti siriani, si propone a tutte e tutti di praticare dove possibile, uno o più giorni di digiuno "a staffetta" per chiedere pubblicamente:

- che tutti i Cittadini, e in particolare il Movimento per la pace e la nonviolenza, si uniscano nel sostegno a Mussalaha - progetto di Riconciliazione dal basso - e a quanti in Siria operano per la pace;

- che l’Italia assuma un ruolo di dialogo ed impegno attivo, per la costruzione di trattative di pace e giustizia;

- il blocco di qualsiasi intervento esterno, dichiarato o mascherato, sia in forma d'ingerenza umanitaria che di no-fly-zone;

- il blocco delle forniture d'armi alle parti;

- un vero cessate il fuoco, e l’apertura di corridoi umanitari, concordati con le autorità siriane;

- il coinvolgimento di tutte le parti disponibili al dialogo, per un negoziato che ponga fine alle violenze e alla guerra.

Per comunicare la propria adesione (nome, cognome, città, contatto) e il o i giorni della propria partecipazione al digiuno, scrivere a mussalaha.italia@gmail.com.

Le adesioni verranno pubblicate sul sito www.reteccp.org.

mercoledì 19 settembre 2012

Iniziata la 67ma sessione dell' Assemblea Generale delle Nazioni Unite-18 settembre 2012


  



18 September 2012 – La 67ème session de l'Assemblée générale des Nations Unies s'est ouverte mardi par une intervention de son Président, Vuk Jeremić, qui a affirmé son attachement au renforcement du rôle, de l'autorité, de l'efficacité et de l'efficience de l'organe le plus représentatif du système onusien.
« Revitaliser la plus universelle des institutions multilatérales, c'est renouveler notre foi non seulement dans les programmes et buts de l'ONU, mais également en nous mêmes », a souligné l'ancien Ministre des affaires étrangères de la Serbie, qui compte resserrer les liens avec les autres principaux organes des Nations Unies, notamment le Conseil de sécurité, mais aussi les fonds, programmes et institutions.
M. Jeremić a également fait part de son intention de lancer un nombre d'initiatives pour travailler avec les organisations de la société civile, arguant qu'aucun moyen efficace n'avait été encore trouvé de faire bénéficier l'ONU des instituts ou groupes de réflexion qui existent dans le monde.
Rappelant qu'il avait choisi de placer sa Présidence sous le thème de « l'ajustement ou le règlement des différends ou des situations internationaux par des moyens pacifiques », il a fait observer que le niveau élevé de « volatilité géopolitique » actuel perdurerait sans doute pendant longtemps encore, compliquant la tâche des États Membres.
En dépit de ses imperfections, cette Organisation, a affirmé le jeune Président, demeure essentielle pour répondre aux besoins croissants de l'humanité. On ne peut tout simplement pas concevoir un monde où la paix et la dignité pourraient s'épanouir sans les Nations Unies », en a conclu l'ancien Ministre serbe des affaires étrangères.
« Je vais également travailler avec les États Membres pour rendre l'Assemblée capable de contribuer à l'amélioration de la gouvernance mondiale », a-t-il poursuivi, convaincu que le premier organe de délibération, d'élaboration des politiques et de représentativité devrait contribuer davantage aux idées en cours sur la manière de forger le « destin matériel » de la planète.
Dans ce contexte, il a annoncé la convocation d'une réunion informelle de haut niveau sur ce thème dans le but d'établir, au cours des prochaines années, un cadre de consultation effectif entre l'Assemblée, les institutions internationales financières et commerciales et des groupements comme le G20.
Mon espoir sincère, a ajouté le Président, est que nos délibérations serviront à renforcer la proposition selon laquelle les Nations Unies sont indispensables à la conduite des relations internationales. « Alors que nous entamons cette 67ème session, ne perdons pas de vue notre obligation commune de participer à une gestion responsable des objectifs et principes de cette Organisation et restons dévoués au règlement de nos différends, de manière harmonieuse et par le dialogue ».
Présent à l'ouverture de cette séance aux côtés du Président, le Secrétaire général Ban Ki-moon a souligné que cette session s'ouvrait sur un « sentiment printanier ». « Il y a de nouvelles personnes et des nouveaux défis à relever et de nouveaux chemins à emprunter pour la conduite de nos affaires », a-t-il dit. M. Ban a énuméré les prochains rendez-vous immanquables de l'Assemblée, à commencer par, la semaine prochaine, les réunions de haut niveau sur des thèmes aussi importants que l'énergie, la santé maternelle, l'éducation et la nutrition, les défis de la paix et de la sécurité, notamment au Sahel et en Syrie, ainsi que l'état de droit.
Préoccupé par le climat d'intolérance et de profond malaise observé récemment dans le monde, le Secrétaire général a jugé qu'en cette date-anniversaire de la mort de son prédécesseur, Dag Hammarskjöld, « modèle de sagesse », « le moment est venu d'entendre les voix modérées qui appellent au calme, au respect mutuel et à la compréhension des valeurs et des croyances des uns et des autres. »

News Tracker: autres dépêches sur la question

Il fotovoltaico in Italia trovera' presto la parity


Alla ricerca della grid parity per il fotovoltaico

Il settore fotovoltaico è preoccupato di trovare nuove opportunità economiche per la cessione di elettricità prodotta da questi impianti senza incentivi. Sulle difficoltà dei nuovi modelli di business e su tutto il sistema regolatorio che ancora manca per arrivare alla grid parity, Assosolare presenterà a breve uno studio. Qui alcune anticipazioni.

Leonardo Berlen
18 settembre 2012

Al centro dell’attuale dibattito nel settore fotovoltaico nazionale non c’è più il sistema incentivante. Il quinto conto energia avrà una durata che secondo gli analisti potrà essere compresa tra i 4 e i 12 mesi, cioè tra gennaio e luglio 2013 (Qualenergia.it, Quinto conto energia, quanto duererà?), ma ciò cambia di poco la sostanza. Un’azienda non può impostare la sua attività in un’ottica temporale inferiore ai 3 anni. I ministri al governo lo sapevano bene e la mossa è stata studiata ad arte. A parte che l’altalenante meccanismo di incentivi e regole italiane questo modello sano di sviluppo non lo ha mai veramente consentito, ora però il decreto del luglio scorso (in gestazione e annunciato da febbraio) sancisce un pesante rallentamento a un settore fino a ieri dinamico (di fatto 450mila impianti in 3 anni), e un’ulteriore mazzata alla credibilità e alla serietà di questo Paese. Il tempo ci dirà se verrà corretta questa situazione, magari utilizzando un ‘approccio tedesco’ che ha più opportunamente ritenuto di non depauperare un comparto dall’oggi al domani.

Ma questo è il passato. E guardare indietro non aiuterà certo a dare una nuova spinta al fotovoltaico. L’obiettivo è quello di realizzare impianti in grid parity, come si dice, almeno per alcuni profili di consumo, cercando di scovare progetti con tassi di ritorno degli investimenti del 6-8%. Ma come accompagnare la tecnologia verso l’indipendenza dagli incentivi? Non tutti i pezzi del puzzle sono al loro posto per poter dispiegare questa opzione. E poi non tutti gli operatori sono pronti per andarsi a cercare queste piccole miniere. Il passaggio dalla mera vendita del modulo/impianto alla vendita del chilowattora solare provocherà “morti e feriti”, come tutti i passaggi a nuovi modelli di business. In questo caso si dovrà lavorare caso per caso, business to business, mentre prima i pesci saltavano sulla barca e non dovevi mettere giù neanche l’esca.

Ma torniamo alle regole necessarie almeno a rendere viabile questa nuova fase. Quali sono oggi le opportunità economiche esistenti in Italia per la cessione di energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico senza incentivi? Entro un paio di settimane Assosolare, una delle associazioni di categoria del FV, uscirà con uno studio che con analisi e diversi case history, anche esteri, proverà a dare risposte a questa domanda. Si avvarrà anche della collaborazione di tre Studi legali (Orrick, Roedl & Partner, NCTM) che hanno analizzato nello specifico, oltre alle modalità di cessione dell’energia elettrica da fotovoltaico, anche la questione della priorità di dispacciamento dell’energia pulita e le barriere di natura anticoncorrenziale.

Per quanto riguarda il primo aspetto sappiamo che i regimi attualmente in vigore sono quelli del “ritiro dedicato”, dello “scambio su posto”, dei sistemi di auto-approvvigionamento energetico, i cd. SAEE (Decreto Ministero dello Sviluppo Economico del 10.12.2010) e dei Sistemi Efficienti di Utenza, i cd. SEU (Decreto legislativo n. 115/2008). A valle delle normative su SAEE e SEU vi sono le normative sulle reti private, le Reti Interne d’Utenza (RIU) definite dall’articolo 33 della legge n. 99/09 e le altri reti private.

Come emerge da alcune anticipazioni dello studio, presentate nel corso del convegno di ZeroEmission di Roma, “Fotovoltaico senza incentivi: troppo presto?”, i SAEE e i SEU sono sistemi chiusi e al momento limitativi nel rendere economicamente convenienti investimenti in impianti fotovoltaici in assenza di incentivi o a tariffe ridotte, cosa che allontana la grid parity. Le ragioni sono da ricercarsi nelle limitazioni regolamentari di potenza massima, nella restrizione di questi schemi alle sole reti private (massimo 2 km), per le restrizioni territoriali esistenti (impianti da realizzare su terreni del cliente finale oppure RIU ammissibili solo per la connessione di unità di consumo industriali ricomprese in aree insistenti sul territorio di non più di tre Comuni o province), per la limitazione di cessione diretta a un solo utente finale (si veda anche Qualenergia.it, SEU, la grid parity è dietro al contatore?).

Anche la normativa sullo scambio sul posto attualmente in vigore non è idonea a favorire investimenti nella realizzazione di impianti in assenza di incentivi: per il basso limite massimo fissato a 200 kW di potenza e l’impossibilità di cedere in scambio l’energia a distanza a un soggetto diverso dal produttore.

La normativa esistente risulta quindi abbastanza disomogenea e frastagliata, e disciplina solo una piccola parte del settore della cessione diretta di energia elettrica da fonti rinnovabili, cioè del principale sbocco per la realizzazione di impianti fotovoltaici senza tariffe incentivanti (senza parlare delle possibili modifiche che svuoterebbero di conseguenza questa agevolazione: Qualenergia.it, Un nuovo scambio sul posto allontanerà la grid parity?).

Il documento Assosolare toccherà anche uno dei nodi essenziali per lo sviluppo delle rinnovabili e del FV in particolare: l’obbligo del dispacciamento prioritario dell’energia pulita. I legali coinvolti nello studio hanno ricordato che questa disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento in attuazione e recepimento di direttive comunitarie e che le esigenze di sicurezza del sistema elettrico nazionale non possono giustificare limitazioni del diritto alla priorità di dispacciamento delle energie rinnovabili. La priorità di dispacciamento nasce in fondo dalla diversa valenza e qualità ambientale delle energie pulite rispetto a quelle fossili. Un punto fermo che non andrebbe mai trascurato.

È stato, inoltre, evidenziato nell’anticipazione dello studio anche un altro elemento a favore della permanenza del principio della priorità di dispacciamento per le rinnovabili: eliminare tale vantaggio e rendere le rinnovabili soggette a un dispacciamento di merito economico ridurrebbe i volumi di energia elettrica offerta sul mercato spot (IPEX), inibendo di fatto alle energie pulite un ruolo nella riduzione dei prezzi di Borsa.

C’è infine anche un’analisi ‘antitrust’ della situazione relativa alle Reti Interne d’Utenza o reti private (RIU). L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in un parere reso a giugno, ha ritenuto che non vi sia un'asimmetria concorrenziale tale da giustificare la definizione di un mercato della produzione da fonti rinnovabili distinto da quello della produzione da fonti convenzionali. Un punto su cui si deve concordare per far entrare a pieno titolo le rinnovabili sul mercato e anche perché un’offerta più ampia nel settore elettrico riduce in teoria la possibilità di abusi di posizione dominante, peraltro in passato accertati e sanzionati dall’Antitrust. Sarebbe quindi coerente eliminare tutte quelle barriere di natura legislativa/regolamentare che vanno a limitare lo sviluppo di reti private e gli impianti alimentati da rinnovabili, così come l’adozione di misure di regolazione aventi natura asimmetrica, senza costi per la collettività, idonee a favorire la loro integrazione nel sistema elettrico nazionale.

Informeremo i nostri lettori sull’uscita dello studio Assosolare e continueremo su questo portale le analisi riguardanti lo sviluppo nel nostro Paese del fotovoltaico senza incentivi.

Leonardo Berlen
Fonte www.qualenergia.it

sabato 15 settembre 2012

Siria, le notizie della settimana dal 9 al 15 settembre 2012



LE PRIME CONSEGUENZE DELL’ ASSALTO DI BENGASI SULLA GUERRA SIRIANA
Il Medio Oriente e’ piombato al centro della campagna elettorale presidenziale statunitense e Romney ha attaccato la strategia di Obama verso le primavere arabe. Lo ha fatto in modo poco argomentato anche se veemente, pero’ ha detto chiaramente che il presidente democratico ha aiutato i nemici degli Stati Uniti e nel medio periodo l’ attuale strategia che vede alleati in tutta la regione USA, Nato, Petromonarchie , Fratelli Musulmani e partiti islamisti ha molte probabilita’ di essere messa apertamente in discussione. Questa alleanza e’ presente anche in Siria, con l’ aggravante che fino a questo momento combatte i sostenitori di Assad insieme ai gruppi piu’ estremisti, compresi quelli considerati appartenenti ad Al Qaeda.
Le vicende libiche del 2011-12 sono sempre state accostate agli eventi siriani, non a caso il sito che ospita questo notiziario si chiama Sibialiria, mentre B.Henry Levy ha invitato l’ Occidente ad intervenire militarmente in Siria scrivendo su Le Monde: “Aleppo come Bengasi”. Cosi’ la clamorosa smentita della descrizione occidentale della realta’ libica secondo la quale “ Dopo la guerra hanno vinto le elezioni i laici moderati, la Libia e’ un esempio per tutti i i paesi islamici ” rendera’ piu’ difficile la propaganda che finora e’ stata fatta sulla crisi siriana. Scrivo queste frasi venerdi’ sera e la situazione sembra imprevedibile, quindi aggiungo solo qualche disordinata notizia lasciando altre considerazioni alle prossime settimane.
L’ ambasciatore Stevens ucciso a Bengasi era arrivato nella stessa citta’ anche l’ 11 aprile 2011 per dare la propria consulenza alla guerra contro Gheddafi. I droni che voleranno sulla Libia, e probabilmente su altri paesi africani, per cercare e uccidere esponenti di Al Qaeda, come per ora avviene in Pakistan e Afghanistan, partiranno dall’ aeroporto siciliano di Sigonella. I Fratelli Musulmani in Egitto sono stati tra gli organizzatori della manifestazione di venerdi’in Piazza Tahrir e i media parlano di gelo tra USA ed Egitto per le deboli risposte del governo di questo paese ai disordini.
Per finire riporto il titolo di un articolo del Corriere della Sera : “I camaleonti della Jihad, rivoluzionari di giorno, filo-qaedisti di notte.”
Sono decisamente giorni non facili per l’ alleanza che sembrava uscita vincitrice dalle primavere arabe.

LA VISITA DI BENEDETTO XVI IN LIBANO
Venerdi’ 14 settembre e’ iniziata la visita di Benedetto XVI in Libano. Il Pontefice incontrera’ le piu’ alte cariche dello stato e di tutte le confessioni religiose, cristiane e islamiche. Non ci saranno incontri ufficiali con Helzbollah, il partito di Dio, musulmano sciita, ma i suoi esponenti parteciperanno individualmente ad incontri istituzionali e i militanti hanno affisso manifesti di saluto in tutta Beirut. Venerdi’ e’ prevista la firma del documento ” Ecclesia in Medio Oriente ”, frutto dei lavori dell’ Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi nell’ ottobre 2010. Nel documento si afferma “..l’ esigenza di costruire con l’ostinazione di un dialogo paziente le basi di una nuova convivenza..” Domenica la consegna del documento durante la messa e il ritorno a Roma.
La settimana precedente il Pontefice aveva annunciato la visita in Libano dopo l’ Angelus a Castelgandolfo con queste parole riferite alla guerra siriana: “ Non ci si puo’ rassegnare alle violenze e all’ esasperazione delle tensioni”, “Sia prioritaria la ricerca del dialogo”,.ricordo che in Siria sono cristiani 2  dei 23 milioni di abitanti, divisi tra molte confessioni diverse.
Lascia perplessi pero’ la frase di venerdi’ del Papa che, appena arrivato in Libano, ha criticato il fondamentalismo religioso ed ha invitato “ La primavera araba alla tolleranza ”; vedremo se suscitera’ reazioni. Sul sito del Fatto Quotidiano e’ scritto che questa frase “ aggiungera’ benzina al fuoco gia’ esistente ” ed anch’ io la considero un’ uscita infelice, anche se dovesse passare inosservata.

VLADIVOSTOK, USA E RUSSIA ILLUSTRANO LE LORO MOSSE FUTURE SULLA GUERRA SIRIANA
Al vertice APEC, Asia e Pacifico, di Vladivostok in Russia si sono incontrati il ministro degli esteri russo Lavrov, la segretaria di stato USA Clinton e il presidente Putin. Hanno parlato della crisi siriana senza trovare ancora una posizione comune ma entrambi gli stati hanno spiegato le loro mosse future.
La Russia vorrebbe proporre il piano di pace di Kofi Annan che il 30 giugno a Ginevra ha trovato l’ accordo di tutti, almeno sul piano formale, come testo di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. All’ incontro nella sede delle Nazioni Unite dovrebbero partecipare tutti i ministri degli esteri.
La Clinton ha risposto che sarebbe inutile qualsiasi risoluzione dell’ ONU che non prevedesse conseguenze nel caso non fosse rispettata e non ha escluso la ripresentazione entro la fine del mese di una loro nuova risoluzione.
Il piano che a Ginevra fu formalmente accolto da tutti i presenti prevedeva un governo di transizione comprendente esponenti dell’ opposizione e forze che in questo momento fanno parte o appoggiano il governo. Il piano si fermo’ appena iniziati i colloqui, il punto che bloccava e blocca tuttora l’ inizio di ogni vero negoziato e’ ritenere possibile o meno una presenza di Assad nella vita politica futura della Siria. Gli USA , gli altri paesi Nato e il CNS,unica opposizione che questi appoggiano, vorrebbero iniziare a negoziare dalla sconfitta o abbandono di Assad, ma, nel caso che questi non ceda, non vedono altra soluzione che le armi. Il piano di Annan non prevedeva questo, tanto che il primo colloquio fu tra il diplomatico ONU e Assad e fu ritenuto positivo da entrambi.

LE VIOLENZE SUL CAMPO DI BATTAGLIA
Al suo arrivo a Damasco giovedi’, Braihmi ha commentato “ La crisi siriana e’ peggiorata ”. E probabilmente non c’e’ stata stata davvero una diminuzione della violenza, anche se le cronache del fine settimana piu’ che sugli scontri armati della guerra siriana sono state rivolte ad altre vicende mediorientali e soprattutto si sono occupati di altri temi i corrispondenti dal Medio Oriente.
Qualche episodio particolarmente cruento e’ stato pero’raccontato anche in questi giorni.
20 militari governativi sono stati giustiziati dopo essere stati catturati dai ribelli e credo che questi non abbiamo mai dedicato molto impegno e uomini alla custodia dei prigionieri. E’ stato ucciso il capo di un gruppo ritenuto vicino ad Al Qaeda dai ribelli della Brigata Farouk, i combattenti ai suoi ordini erano tutti stranieri , ceceni, pakistani ed afghani. Dopo la morte del loro capo si sono dispersi nelle altre formazioni armate dell’ opposizione. E’ stata denunciata la morte di altri bambini uccisi da bombardamenti di elicotteri governativi e ritengo l’ uso di velivoli per colpire i gruppi armati nemici, senza troppa attenzione alle persone che stanno intorno, un autogol da parte del governo siriano, oltre che la causa della morte per decine di persone. In questa fase le denunce di bombardamenti dell’ aviazione non sembrano smentite.
Per finire, una accusa rivolta ai Fratelli Musulmani siriani da una esponente laica della opposizione. La Fratellanza avrebbe trattenuto 450 tonnellate di derrate alimentari arrivate dalla Libia per distribuirle secondo i propri criteri, un modo di fare proselitismo e legare la popolazione alla propria organizzazione.

LA SETTIMANA DELL ’ ONU
Intanto giovedi’ Braihmi e’ arrivato a Damasco per incontrare Assad, l’ opposizione e esponenti della societa’ civile mentre lunedi’ al Cairo aveva incontrato la Lega Araba e, su proposta di Morsi, il gruppo di contatto regionale comprendente Egitto, Iran, Turchia ed Arabia Saudita.
All’ ONU da lunedi’ 18 settembre iniziera’ la 67ma sessione dell’ Assemblea Generale e sara’ votato il nuovo presidente, il serbo Vuk Jeremic. Nei giorni successivi saranno discussi gli orientamenti principali della nuova sessione che durera’ circa un anno e parteciperanno ai lavori molti capi di stato. Il 25 settembre e’ previsto un’ intervento di Obama.
Le Nazioni Unite hanno poi designato Maktar Lamani come capo del nuovo ufficio ONU a Damasco e il palestinese Nasser al-Kidwa sara’ affiancato’ al segretario della Lega Araba in supporto di Braihmi. Nasser al-Kidwa e’ stato dal 1991 al 2005 osservatore permanente alle Nazioni Unite per l’ ANP.e negli anni 2005-6 ministro degli esteri.
Il 17 settembre a Ginevra nella XXI sessione del Consiglio dei diritti umani sara' presentato il rapporto della Commissione indipendente (CoI) sullo stato dei diritti umani in Siria. Questo rapporto e' gia' stato reso pubblico il 15 agosto e sul sito www.sibialiria.org e' possibile leggere una approfondita analisi critica di Marinella Correggia a questo documento.

DUBBI E CONTRARIETA’ NEI PAESI DELL’ ALLEANZA ATLANTICA SU UN INTERVENTO MILITARE NATO.
Il segretario della NATO Rasmussen ha smentito anche negli ultimi giorni un intervento della Nato in Siria, ipotesi che Hollande e Obama dichiarano possibile solo nel caso di uso delle armi chimiche da parte di Assad, in verita’ il presidente francese aggiunge anche lo spostamento di queste armi come motivo sufficiente per entrare in Siria..
Comunque l’ opinione pubblica dei paesi dell’ Alleanza Atlantica non sembrerebbe favorevole a questa eventualita’. Due recenti sondaggi in Turchia e Germania indicano rispettivamente nel 57% e nel 64% la percentuale dei contrari all’ intervento militare Nato. In Italia una lettera critica verso una eventuale partecipazione del nostro paese ad una nuova guerra e’ stata pubblicata anche dal Sole24ore e la risposta e’stata identica alla posizione attuale dei paesi Nato,”L’ intervento ci sara’ solo se Assad usera’ armi chimiche”, eventualita’ ritenuta improbabile dal giornale.

Questo notiziario sara' pubblicato sul sito www.sibialiria.org

mercoledì 12 settembre 2012

Siria, che fare ? Una lettera al Manifesto del 7 settembre


Siria, che fare ?


La crisi siriana in questo momento è una guerra civile dove combattono anche stranieri e negli scontri muoiono centinaia di persone a settimana. Tra questi probabilmente anche civili uccisi dall'esercito e civili uccisi dai ribelli, che sono aiutati da combattenti provenienti da molti paesi diversi. Kofi Annan ha dato le dimissioni dal suo incarico di mediatore per conto dell' Onu e della Lega Araba perché non è riuscito ad imporre una tregua, ad impedire al governo siriano la presenza e l'uso di armi pesanti nei centri abitati e a mettere tutti intorno ad un tavolo per cercare una soluzione politica diversa dalla guerra. Non è riuscito in questi obiettivi perché non vi hanno collaborato i ribelli, il governo siriano e gli Usa (A.Negri su Il Sole24ore). La Russia ha collaborato con Kofi Annan su tutto ma ha posto il veto alla risoluzione che imponeva sanzioni diplomatiche ed economiche alla Siria se non avesse, entro 10 giorni, abbandonato i centri abitati con le armi pesanti. Ha posto il veto perché riteneva la risoluzione unilaterale, in quanto poneva richieste solo ad una parte, e soprattutto perché convinta che sarebbe stato un passo irreversibile verso l' intervento militare occidentale. L'approvazione di questa risoluzione avrebbe fermato le violenze ? Io credo proprio di no e ricordo che la mozione è stata discussa un giorno dopo la data prefissata perché il giorno precedente c'è stato l' attentato che ha ucciso il ministro della difesa siriano e il cognato di Assad. L' unica strada da percorrere per una soluzione è il negoziato e il dialogo e non le armi. L'ha detto anche Ban Ki moon all'Assemblea Generale dell' Onu del 4 settembre, così come a Teheran ha detto che l'Iran è un attore importante per la ricerca di una soluzione pacifica in Siria. Ma noi viviamo in Occidente e i nostri governi ed i nostri media dicono altre cose.

Marco Palombo, Rete No War (Rm)

Siria, no ad un'altra Libia-Appello di Madre Agnès-Mariam de la Croix

Siria No ad un’altra Libia – Appello di Madre Agnès-Mariam de la Croix

12 settembre 2012

Mussalaha è una Rete composta da Siriani di tutte le religioni, laici, sacerdoti, parlamentari, esponenti di tutte le comunità etniche…che presta solidarietà alla popolazione siriana, che lavora per la pace.

http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=857

sabato 8 settembre 2012

Siria, le notizie della settimana dal 2 all' 8 settembre 2012




GLI SCONTRI

Sabato e domenica della scorsa settimana i media hanno dedicato molto spazio ad una dichiarazione dell’opposizione siriana che annunciava attacchi ai principali aeroporti, in primo luogo Aleppo e Damasco, perche’ usati anche dall’ aviazione militare e dava 72 ore di tempo alle compagnie aeree che ancora collegano la Siria per interrompere le proprie attivita’. Passati questi tre giorni gli aeroporti si sarebbero trasformati in campi di battaglia.

Si temeva l’ inizio di una nuova escalation militare dei ribelli ma dopo sette giorni non si e’ verificato niente di quanto annunciato sabato sera e non c’ e’ stato nessun commento o ricordo di questo minaccioso ultimatum svanito nel nulla.

Nella settimana il tema ricorrente e’ stato l’attacco dell’ esercito governativo alle postazioni dei ribelli portato dall’ aviazione o con altre armi pesanti. Anche in questi giorni il cuore dello scontro militare e’ stata Aleppo e qui e’ avvenuto l’ episodio piu’ grave. Un bombardamento ha colpito la casa dove abitavano 7 bambini che sono tutti morti. Una troupe della CNN si e’ trovata sul luogo al momento del ritrovamento dei corpi ed ha divulgato la notizia in tutto il mondo, cosi’ ai poveri bambini uccisi in questa occasione sono stati subito aggiunti i numeri di altri bambini uccisi nella giornata e nei periodi precedenti, dando il pretesto al presidente turco Erdogan di dichiarare che:” La Siria ha instaurato uno stato terrorista”.
Intanto alcuni comitati di opposizione locali sono intervenuti di nuovo sulle centinaia di uccisi a Daraya, contestando la versione riportata dal giornalista inglese Fisk. L’ articolo su Daraya di quest’ ultimo, firma assai conosciuta, ha evidentemente disturbato molto l’ opposizione che aveva visto la propria versione divulgata con pochissimi dubbi dai media occidentali.

Nel frattempo in Libano continuano ad arrivare profughi cristiani in fuga dalle province di Homs e Hama controllate dai ribelli. Il ministro degli esteri francese Fabius aveva proposto le zone controllate dall’ opposizione come rifugio per i profughi in alternativa all’ espatrio, anche queste dichiarazioni si sono rivelate assolutamente fuori dalla realta’.

CONFERMATA PER IL MOMENTO LA VISITA DI BENEDETTO XVI IN LIBANO.

Nelle scorse settimane nel paese dei cedri si erano verificati scontri tra gruppi favorevoli e contrari ad Assad, con piu’ di 10 morti e alcune decine di rapimenti, in quei giorni la visita del papa a Beirut sembrava destinata a saltare. Ma ad oggi non e’ giunta nessuna notizia di rinuncia al viaggio ed e’ stato pubblicato il programma dei due giorni, 15 e 16 settembre, nei quali Benedetto XVI sara’ a Beirut. A fine settimana vedremo quale impatto avra’ questa visita in un paese molto coinvolto nella guerra civile siriana.

L’ASSEMBLEA DELL’ ONU PARLA DI SIRIA MA SENZA ALCUNA NOVITA’

Il 4 settembre all’Assemblea Generale dell’ ONU e’ stato presentato il nuovo incaricato per la crisi siriana Ladkar Braihmi. E’ intervenuto il segretario generale Ban Ki moon che ha affermato la necessita’ di convincere le parti che la soluzione non e’ nelle armi ma nel dialogo e nel rispetto dei diritti universali e della liberta’ di tutti i siriani.

Braihmi, il cui incarico e’ partito ufficialmente il 1 settembre, iniziera’ il suo lavoro al Cairo incontrando la Lega Araba e vorrebbe svolgere gran parte della sua attivita’ senza muoversi da Damasco dove e’ stato aperto un ufficio delle Nazioni Unite. E’ intervenuto anche il presidente, uscente, dell’ Assemblea generale, al-Nasser, ricordando l’ impegno dell’ Assemblea per arginare le violenze e per il rispetto dei diritti.

Il 18 settembre iniziera’ la 67 sessione dell’ Assemblea generale, sara’ eletto il nuovo Presidente e saranno discusse le principali questioni trattate in questa sede. Sara’ un occasione importante, con molte presenze ad altissimo livello.

OPPOSIZIONI

Il 12 settembre a Damasco e’ convocata una “Conferenza per la salvare la Siria “,rivolta a tutte le anime dell’ opposizione in patria ed all’ estero. E’ indetta del Comitato di Coordinamento nazionale (CNN), dissidenti storici ed esponenti curdi che rifiutano l’ aiuto della Turchia. Viene proposto un piano comprendente una tregua militare e uno scambio totale dei prigionieri, stimati dal Coordinamento in decine di migliaia nelle mani del governo e centinaia reclusi dall’ opposizione. In questo modo potranno essere soccorsi tutti gli sfollati e tutti siriani che sono stati colpiti dalla violenza della guerra.

A Berlino invece un summit dell’ opposizione sostenuta dalla Ue, con la presenza anche di rappresentanti dei governi europei. L’ obiettivo e’ prepararsi al dopo Assad, la cui fine viene data per imminente.

Segnalo dal Corriere della Sera un’ interessante risposta dell’ esperto di politica estera Sergio Romano ad una lettera sulla guerra siriana. L’ ex ambasciatore ha fatto un parallelo tra la guerra civile siriana e la guerra civile spagnola del 1936. Fra le varie analogie ha indicato anche la divisione del paese in due schieramenti contrapposti e la natura dello scontro in atto che minaccia di escludere dal futuro del paese lo schieramento sconfitto.

E’ questa una descrizione della realta’ siriana diversa da quella data da Usa e Unione Europea che continuano a raccontare la storia di un dittatore che massacra l’ intero suo popolo e che deve essere sconfitto militarmente per riportare la pace nel paese.

L’ ATTIVISMO DEL PRESIDENTE EGIZIANO MORSI

Nelle ultimissime settimane Morsi e’ intervenuto piu’ volte sulla crisi siriana. In settimana ha incontrato al Cairo la ministra degli esteri cipriota Erato Kozakuo Marcullis, il nostro Terzi e il ministro degli esteri di Malta. L’incontro e’ stato a porte chiuse e Morsi avrebbe detto che Assad non ha molto futuro come Presidente siriano e potrebbe andare in esilio in un paese arabo che gia’ si e’ detto disposto ad ospitarlo. Il presidente egiziano che ha iniziato il suo mandato con molto decisionismo e protagonismo su tutti i fronti, si e’ proposto di fatto come riferimento dell’ opposizione piu’ decisa ad Assad. A Tehran ha fatto saltare il piano di pace iraniano che proponeva una troika (Iran,Egitto e Venezuela) per avviare il dialogo tra le parti. Mentre anche in quest’ ultimo incontro con i ministri degli esteri europei ha proposto un gruppo di contatto regionale compredente Arabia Saudita, Turchia, Egitto ed Iran, differenziandosi dai paesi occidentali che non vogliono assolutamente Tehran come interlocutore in questa crisi.

Ma la divergenza tra Egitto e Occidente sul ruolo dell’ Iran sembra poter avere piu’ conseguenze nelle tensioni tra Israele ed Iran che in questa guerra civile siriana.

Al Cairo Terzi ha annunciato che i fondi dell’ Unione europea per il vicinato nei prossimi sette anni saranno divisi riservando ai paesi mediterranei i due terzi e ai paesi dell’ est europa un solo terzo, finora le percentuali erano invertite.

TERZI: “IN SIRIA LINEA ROSSA GIA’ PASSATA, FAR CESSARE I MASSACRI”

Dieci giorni intensissimi per il ministro degli esteri italiano. Il 29 agosto alla Farnesina ha ospitato un incontro del nucleo piu’ importante dei paesi amici della Siria, nei giorni successivi si e’ svolto un tavolo interministeriale-che ha discusso del ruolo italiano nella ricostruzione, ha inviato poi una lettera, firmata insieme al ministro francese Fabius, alla commissaria eurpea per gli esteri Aston dove segnala la necessita’ di prepararsi al dopo Assad e alla ricostruzione, essendo imminente la sconfitta di quest’ ultimo. Infine l’ incontro al Cairo con Morsi e a Cipro con gli altri ministri degli esteri europei.

Il 7 settembre un comunicato sulla home page del sito del ministero degli esteri era titolato, in modo molto vistoso,: “Siria, la linea rossa e’ stata superata, far cessare i massacri”, il testo del pezzo non diceva invece niente di particolarmente nuovo.

Il filo conduttore del suo attivismo e’ che Assad deve e puo’ cadere molto presto e quindi occorre pensare al dopo.e alla ricostruzione.

Noi pero’ conosciamo solo i comunicati ufficiali relativi a questi incontri e ignoriamo i reali contenuti dei colloqui. La valutazione sull’ imminente sconfitta di Assad per il momento non appare giustificata da quanto viene raccontato dalla Siria, mentre non e’ escluso che si voglia dare una svolta alla situazione portando come pretesto l’ emergenza umanitaria. La Francia preme da tempo per zone cuscinetto ed ha fatto questa richiesta insieme alla Gran Bretagna nel Consiglio di Sicurezza. Purtroppo su questo dibattito si sa molto poco. Questa insistenza sull’ imminente sconfitta di Assad e sulla necessita’ di pensare alla ricostruzione potrebbe anche servire a proporre per il dopo Assad una aspettativa piu’ appetibile per i siriani che vedono spesso l’ alternativa all’ attuale governo impersonificata dai gruppi armati piu’ integralisti. Prospettare un grande aiuto economico occidentale potrebbe essere utile.

Le forze politiche italiane non commentano le mosse di Terzi e l’ unico intervento sull’ azione del governo l’ hanno fatto 36 ONG che operano nel Medio Oriente. C’e’ stato un comunicato molto critico che chiedeva una separazione tra gli aiuti umanitari delle ONG e l’ attivita’ italiana nel campo militare o comunque schierata al fianco di una sola delle parti in conflitto.

COMMENTO FINALE

Dal 18 settembre, all’inaugurazione della 67° sessione dell’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite saranno discussi tutti i principali temi dell’ attivita’ dell’ ONU. Avverra’ qui probabilmente un dibattito importante sul futuro della Siria, temo che in quei giorni si verifiichi una nuova campagna mediatica magari ripresentando alla stampa, per l’ ennesima volta, il rapporto Col sulla Siria che riporta e classifica, in modo molto discutibile, le violenze avvenute in questi mesi di cruenta crisi.

Fonte  www.sibialiria.org