venerdì 19 agosto 2011

Nonviolenza, sette domande a Giovanni Mandorino

"La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Giovanni Mandorino: Ritengo ci sia da distinguere tra due livelli di significato: uno interno (sarei per dire "intimo") a ciascuno di coloro che vi prendono parte, ed uno esterno, nel messaggio che la marcia manda al resto del mondo. Il primo - forte anche del potere evocativo dei luoghi - e' (dovrebbe essere?) quello di una riflessione e maturazione personale e di una crescita nella forza necessaria a mantenere fede ad un impegno di lotta per la pace e la convivenza tra le persone ed i popoli che si vive tutti i giorni: la fatica fisica della marcia rispecchia quella (almeno intellettuale e morale) che va fatta costantemente per evitare di adattarsi al clima generale di violenza in cui gli interessi immediati/individuali hanno la preminenza sulla costruzione di relazioni di pace e di giustizia (a tutti i livelli); la gioia dell'incontro con altre persone (non "gente" indistinta) che assume lo stesso impegno e condivide con te un tratto di cammino, e i dialoghi che si intrecciano nel cammino, e' un robusto ricostituente per quelle occasioni in cui ti sembra che il tuo impegno non sia altro che una lotta contro i mulini a vento di donchisciottesca memoria. Dal punto di vista del messaggio inviato al resto del mondo e' quello dell'esistenza e della solidita' di un "popolo della pace", fortemente radicato in Italia, capace di affermare e sostenere (in modo non convenzionale/utilitaristico) che la guerra (armata/economica/ecologica) non e' mezzo ne' utile ne' accettabile per la risoluzione dei conflitti internazionali e tra i popoli (ammesso che possano esistere conflitti tra popoli e non tra "potenti" che di quei popoli si fanno scudo e strumento). Devo dire che, purtroppo, gli happening che, sulla strada da Perugia ad Assisi si sono susseguiti a partire almeno dal 1998 (anche se i segni premonitori risalgono gia' ai primi anni '90) ad oggi, difficilmente hanno avuto (per i piu') il significato con cui la Marcia era stata fondata e organizzata originariamente: spesso alla marcia hanno preso parte (anche se, bisogna riconoscerlo, giusto il tempo di essere ripresi dalle telecamere) personaggi politici che l'hanno usata - senza che i promotori gliene chiedessero conto - come passerella di promozione e legittimazione personale o, peggio, di politiche che piu' lontane non potevano essere da quanto scritto sopra. Il caso forse piu' clamoroso e' stato quello di D'Alema (il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana che aveva bombardato la Jugoslavia) alla marcia del 1999, ma non e' stato l'unico.

- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Giovanni Mandorino: Mi auguro che la Marcia di quest'anno abbia un pieno successo. Devo ammettere di non essere riuscito a comprendere il messaggio che vorrebbe essere veicolato/sintetizzato nella locandina/poster di invito alla partecipazione. Dopo aver letto con attenzione il Manifesto-appello, devo segnalare cio' che mi sembra non la caratterizzera' e di cui avrei sentito, invece, un estremo bisogno. Non mi sembra sarebbe stato un peccare di provincialismo se, in un Paese come il nostro, attivamente impegnato in (almeno) due guerre (Afghanistan e Libia) ed in ingenti "investimenti" in armamenti offensivi (seconda portaerei ed F35) si fosse posto esplicitamente il tema della rinuncia allo spreco di risorse pubbliche che le nuove armi comportano e del ritiro immediato delle truppe e di tutte le forme di appoggio alle attivita' belliche in corso, non come "fuga" ma come riconoscimento, quantomeno, di un errore, e contributo all'avvio di una nuova fase nelle relazioni internazionali. Mi auguro che, almeno, non si dia occasione di ripetere quella confusione che ha caratterizzato alcuni degli ultimi anni, tra rivendicazioni del Manifesto-appello di convocazione e pratiche (nel campo dell'educazione e dell'accoglienza, ad esempio) di quei politici o amministratori che riterranno di prendervi parte.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Giovanni Mandorino: Abbiamo, in Italia, una ricchezza di piccoli e piccolissimi gruppi (laddove non siano singoli isolati) di "amici della nonviolenza" che contribuiscono sia con lo studio e la riflessione, sia attivamente nel tessuto e nelle lotte sociali sul territorio. Purtroppo manca la capacita' di un coordinamento stabile su scala nazionale e di una comunicazione efficace di queste lotte e dei principi della nonviolenza. Per cui, salvo rari casi, questo contributo risulta invisibile non solo nell'opinione pubblica generale, ma a volte anche alla maggior parte degli attori di queste lotte, per i quali, nella migliore delle ipotesi, la nonviolenza e' un insieme di tecniche contingenti. Quante volte vi e' capitato di sentir rivendicare che in una lotta "ciascuno sta secondo le sue modalita'", senza alcun tentativo di comprensione delle caratteristiche "di sistema" (anche al di la' degli obbiettivi immediati) di una lotta nonviolenta? A questo si aggiunga che il termine "nonviolenza", grazie alla loro grande abilita' comunicativa, e' saldamente associato alle iniziative (solo talvolta condivisibili) di Marco Pannella e del Partito Radicale, per rendersi conto del cammino che c'e' da fare. Purtroppo l'esperienza della Rete Lilliput, in cui pure tanti di questi gruppi si erano impegnati, non e' riuscita ad avere la stabilita' e la crescita el tempo che sarebbero state augurabili.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Giovanni Mandorino: A mio modo di vedere potrebbero/dovrebbero svolgere un ruolo importante di "lievito" nella cultura e nelle lotte per l'evoluzione della societa' italiana verso relazioni piu' eque ed inclusive, fondate sulla corretta distribuzione dei beni e la giustizia sociale. Da una parte, a partire dal livello locale, dovrebbero cercare, dove ne sussistono le condizioni, di promuovere una presenza attiva e costruttiva, di base, non episodica, dei cittadini nelle scelte e nelle sedi istituzionali (ad esempio, sul modello dei Centri di Orientamento Sociale di Capitini). Dall'altra sarebbe urgente (ri)costruire un efficace coordinamento a livello nazionale di tutti i gruppi di amici della nonviolenza che possa avere l'ambizione di incidere sulle politiche regionali/nazionali che sarebbero al di fuori della portata di ciascun singolo gruppo.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Giovanni Mandorino: Nel mondo: le rivoluzioni egiziana e tunisina (in particolare quest'ultima) e quella in corso in Siria, al di la' dei loro esiti, sono sicuramente un segno della forza della nonviolenza nel suo pieno dispiegarsi. Come anche le manifestazioni popolari nonviolente che da mesi occupano le piazze in Spagna e in Israele, e di cui cosi' poche notizie trapelano nelle televisioni e sulla stampa nazionale. In negativo, i saccheggi e le distruzioni - e la relativa repressione - avvenuti a Londra e in Inghilterra nelle ultime settimane. Speriamo che il confronto tra le dinamiche e gli esiti (e gli spazi dati loro dall'informazione mainstream) di questi diversi "movimenti" sia utile a coloro che (in buona fede) ancora credono/praticano forme di lotta che non escludono retorica o azioni violente per riflettere su quanto il potere moderno (almeno nei Paesi "democratici") abbia bisogno della "violenza di movimento" per dispiegare appieno i suoi strumenti repressivi e mantenere il consenso. In Italia: sicuramente la campagna referendaria per l'acqua pubblica e contro il nucleare (ed il suo esito); le lotte No-Tav in Val di Susa e la loro capacita' di resistere alle provocazioni (sia delle forze di polizia che di qualche gruppo di supposti "sostenitori"); la lotta per i diritti e contro il caporalato dei lavoratori stranieri nel Salento; i digiuni che si sono susseguiti contro la partecipazione italiana all'aggressione alla Libia. Mi sembra interessante riflettere sul fatto che di questi fatti la stampa, la televisione ed i grandi partiti se ne sono occupati quasi solo se/quando singoli episodi di violenza hanno dato loro la possibilita' di esprimere una condanna/stigmatizzazione nei loro confronti.

- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Giovanni Mandorino: Ci troviamo in un periodo di grandi trasformazioni, la crisi economica mondiale sta dando il modo al nostro governo (come e piu' che agli altri dell'Europa) e ai grandi poteri economici di attaccare a fondo i diritti sociali e quelli dei lavoratori, di tentare di cancellare (con la scusa degli indici di produttivita') financo gli appuntamenti che, ogni anno, ci ricordano eventi e principi fondanti della nostra storia recente (la Liberazione, la proclamazione della Repubblica, la dignita' del Lavoro), di scatenare sempre nuove "guerre tra poveri" (il giovane disoccupato o precario contro l'anziano "garantito", il "bianco" autoctono contro l'immigrato "giallo" o "nero" o "zingaro" che "ruba il lavoro, o ruba e basta")... In questa situazione bisognerebbe avviare una grande campagna contro la guerra ed il razzismo quotidiano in cui siamo immersi. Le iniziative su cui impegnarsi sarebbero tante altre, purtroppo le forze (pur non essendo poche) sono disperse e, spesso, scoraggiate.

- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Giovanni Mandorino: Ad una persona del tutto ignara cercherei di parlare a partire dall'indicazione di comportamenti esemplificativi della nonviolenza nella vita di tutti i giorni. Nonviolenza e' usare le proprie forze e le proprie capacita' per migliorare le condizioni di vita di ciascuno (uomo, animale, pianta) nell'ambiente che ci sta intorno, fino alla scala globale. Nonviolenza e' non ritenere i propri bisogni piu' meritevoli di essere soddisfatti di quelli di chi ci sta vicino, come pure di quelli di chi vive dall'altra parte del mondo. Nonviolenza e' cercare di immedesimarsi in colui/lei che potrebbe "subire" la nostra azione, mentre si decide come agire. Nonviolenza e' sapere che il mezzo e il fine sono collegati tra loro come il seme e la pianta. Nonviolenza e' sostenere colui che si trova in difficolta' (anche se nessuno, fuorche' noi, ci obbliga a farlo) o e' oppresso, senza per questo aggredire l'oppressore. Nonviolenza e' riconoscere la propria piena responsabilita' per le conseguenze delle proprie azioni (o non azioni), e assumersela. Nonviolenza e', nel grande, la tensione ad un sistema di rapporti e relazioni (ed un insieme di tecniche e strumenti a supporto) che consentano di soddisfare i bisogni di tutti, e risolvere i problemi ed i conflitti che immancabilmente si presenteranno, con la cooperazione e nel segno dell'equita', piuttosto che con la competizione e la sopraffazione. Se ci si vuole veramente accostare alla nonviolenza, lo si deve fare sia leggendo e studiando i testi dei classici (un buon punto di partenza e' l'autobiografia di Gandhi), sia esercitandosi a misurare le proprie azioni/decisioni (personali e nelle comunita' a cui si partecipa) di tutti i giorni sul metro della sofferenza che queste contribuiscono a procurare/alleviare negli esseri viventi (in primo luogo persone) che ci stanno intorno.

Da la nonviolenza in cammino
quotidiano online del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo

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